Italia, mercato core per i centri commerciali

Secondo Massino Moretti presidente di Cncc, l’Italia presenta opportunità uniche per gli investitori esteri. Ma occorre una strategia di sviluppo (dallo speciale Mark Up Retail Real Estate)

L’Italia, per l’industria dei centri commerciali, non è un mercato opportunistico. Presenta grandi potenzialità se si ha la volontà di creare valore. Questo non nasconde il fatto che il mercato sia poco liquido e che si rende necessario un rinnovamento dello stock immobiliare. Massimo Moretti, presidente di Cncc ha le idee chiare sull’Italia.

Il Cncc considera l’Italia un mercato core per l’industria dei centri commerciali ma forse non è una caratteristica riconosciuta da tutti?

Per dimensioni demografiche e per valore del Pil nazionale, il settore dei centri commerciali in Italia non può che essere considerato core. Ma anche e soprattutto per il valore dei nostri prodotti, per i fatturati che generano e per altri due fattori che gli investitori devono tenere presenti. Il primo è che la densità per metro quadro è inferiore ai paesi competitor europei e l’Italia non è affatto un mercato saturo. Il secondo è la bassa penetrazione del commercio elettronico che rispetto a Francia, Germania e Uk ha frazioni di fatturato retail molto inferiori.

Quale messaggio si può dare agli investitori stranieri?

Di guardare i fondamentali. Bassa penetrazione dell’online e fatturati dei nostri negozi interessanti sono una piattaforma per gli investitori stranieri molto interessante. E per quanto riguarda la vetustà dello stock immobiliare, i maggiori Paesi europei hanno un grado di obsolescenza superiore al nostro. Se si vuole investire nell’asset class del retail, l’Italia offre vantaggi indiscutibili. Oggi l’industria dei centri commerciali in Italia dà lavoro a 553.00 dipendenti diretti.

E alle banche d’affari che messaggio si può dare?

Ci si attende delle risposte da tutto il settore del capital market e degli advisor per uscire dalla logica che prevede investimenti office a Milano. Il mercato da offrire non è solo Milano, che non può essere considerata una città stato. È l’intero Paese e questo concetto deve affermarsi.

Il centro commerciale sta cambiando fisionomia. Oggi come possiamo considerarlo?

I centri commerciali italiani stanno sempre più diventando dei centri di aggregazione. O meglio social hub. Questa trasformazione prevede meno retail, a causa delle dimensioni più contenute rispetto ai prodotti degli anni Novanta. La superficie che il commercio libera è presa dai settore della ristorazione, del leisure e i servizi. Ma i centri commerciali sono anche presidi di legalità.

Quali altri servizi stanno affermandosi?

I servizi sanitari per esempio. Servizi che le persone usufruiscono soprattutto nei giorni festivi. I centri commerciali stanno diventando sempre più le piazze anche in zone periferiche abbandonate e stanno assecondando il fenomeno della trasformazione sociale.

Il centro commerciale è antagonista dell’eCommerce?

I centri commerciali generano occupazione, gettito fiscale e consumi. Il retail fisico è iperegolamentato. Quello online? Non ci sono solo gli operatori di dimensioni internazionali che garantiscono standard certi, ma esiste una problematica legata alla privacy, alla sicurezza dei propri dati. E poi criticità legata alla fiscalità e al rispetto dell’ambiente. La logistica dell’eCommerce è massiva, vogliamo immaginare domani le nostre città invase da furgoncini che ruotano vorticosamente a consegnare colli? Attenzione: i centri commerciali lavorano anche con l’online, non è il commercio elettronico il problema. Il problema sono i modelli commerciali che sono sperequati tra il fisco e il virtuale.

Il centro commerciale deve fare i conti anche con l’impatto che ha sul piccolo commercio.

Sicuramente e infatti assistiamo a un trasferimento degli esercizi commerciali attribuibili al piccolo commercio, verso le superfici attrezzate dei centri commerciali. Se prendiamo molti esercizi della ristorazione o il fenomeno del franchising, scopriamo che i gestori sono spesso mono esercizio o a gestione familiare. Una risposta importante al mondo della piccola impresa. Parliamo di 9.000 attività monofamiliari.

In Italia ci sono oltre 1.000 centri commerciali. Quali sono i fattori critici per la sopravvivenza?

È una questione di prodotto e di relazione con l’area di utenza. Prendiamo come esempio City Life. Con i suoi 32.000 mq non è un centro commerciale gigantesco ma la location, i collegamenti e il rapporto con il bacino d’untenza e i quartieri intorno è ottimale. Vi sono tante realtà provinciali in cui un centro commerciale di dimensione regional non ci può stare ma, un prodotto di medie dimensioni ben studiato può funzionare. Soprattutto se è ben inserito nel territorio.

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