Un modello in fase di forte sviluppo ed evoluzione qualitativa, quello della sharing economy, che trova il nostro Paese particolarmente dinamico e attivo in tal senso, probabilmente anche il linea con un’endogena creatività e predisposizione alla condivisione. Parliamo di un fatturato che a livello mondiale, secondo le previsioni dell’Unione europea, dai 13 miliardi previsti per il 2016 raggiungerà i 300 miliardi di euro nel 2025.
Prima di tracciare lo scenario italiano del fenomeno, ne riportiamo in sintesi la definizione data da Michel Bauwens, fondatore della P2P Foundation:
“ Ci stiamo muovendo da un’economia di scala, adatta ad un periodo storico in cui abbondavano l’energia e le materie prime, ad un’economia di scopo, basata sul principio della condivisione delle conoscenze. Questa economia si fonda sulla diffusione delle pratiche open source nei domini della cultura, dell’informatica (il software libero), del design (le automobili basate su progetti open source, oggetti basati su schede madri Arduino). Le pratiche di consumo collaborativo – più comunemente note come sharing economy – consistono nella condivisione di infrastrutture, beni e strumenti (per esempio piattaforme online per la condivisione peer-to-peer di spazi di lavoro, attrezzi, automobili, e così via)”.
Quali sono, allora le tendenze che definiscono la sharing economy made in Italy?
- Ospitalità al top. I servizi e le piattaforme più popolari sono quelli che mettono a disposizione stanze e appartamenti per un periodo di tempo limitato. Il 10% afferma infatti di averli utilizzati lo scorso anno, mentre il 16% si appresta a farlo nel 2016.
- Attitudine giovane. Il 74% di coloro che utilizzano la sharing economy sono persone con meno di 44 anni, a dimostrazione di come di tratti di una formula con forma mentis young.
- Di genere neutro. Parlando di differenziazione maschile e femminile la situazione è di relativo equilibrio, con utilizzo al 56% da parte degli uomini e al 44% da parte delle donne.
- Distribuzione geografica. Anche in questo caso, soprattutto in rapporto ad altri comparti, la situazione territoriale risulta abbastanza omogenea, con il Nord al vertice dello sharing (32%).
- Risparmio primo driver del consumo collaborativo, secondo una recente indagine di Tns. Il 32% lo considera invece un modo per dare un’opportunità economica agli altri. Segue la questione del contrasto del consumismo.
- Boom di piattaforme. Le piattaforme censite nel 2015 da Collaboriamo.org sono 118, 21 in più del 2014 (97), dato che corrisponde ad un incremento del 22%. Di queste il 77% sono italiane e il 23% straniere con uffici nel nostro Paese. Secondo i numeri dell’Università degli Studi Niccolò Cusano parliamo di una crescita del 34,7%. Parliamo comunque di un trend positivo a doppia cifra che promette importanti sviluppi futuri.
A seguire un’infografica a cura dell’Università degli Studi Niccolò Cusano.
Mi piacerebbe avere maggiori informazioni. Ad esempio sulla ospitalità condivisa. Vorrei sapere se esistono piattaforme a cui ci si può rivolgere. Come entrare nella community della sharing economy? Grazie