Ismea ha predisposto veri e propri piani operativi di sviluppo commerciale. Da destinare alla piccola e media cooperazione alimentare italiana. Quali strade può percorrere una cooperativa agroalimentare di piccole o medie dimensioni per conquistare nuovi mercati? Tra il 2017 e il 2018, Ismea ha svolto uno studio approfondito proprio per rispondere a questa domanda. E lo ha fatto in modo molto concreto: a stretto contatto con sei realtà selezionate della piccola e media cooperazione, Ismea ha elaborato altrettanti piani di sviluppo commerciale. Ne è uscito uno studio pubblicato poche settimane fa. Dietro al titolo formale "Cooperative agroalimentari di piccola e media dimensione: pianificazione di marketing e di approccio a determinati mercati" offre casi concreti, presentati nei dettagli caso per caso. Piani reali, attagliati su cooperative reali che però, nella pubblicazione, vengono celate dietro a nomi di fantasia per evidenti motivi di riservatezza.
Alti Pascoli al lavoro
Un primo caso vede protagonista il consorzio "Alti pascoli". Si tratta del nome di fantasia di una cooperativa reale operante in Emilia Romagna. Intende espandere il proprio export di Parmigiano Reggiano verso la Polonia. Un mercato – come emerge dallo studio Ismea – che sta offrendo buone soddisfazioni all'export agroalimentare italiano, e in particolare proprio nei due formaggi "grana".
tra il 2010 e il 2017 l'incremento di export dei due principali Dop caseari italiani è stato pari al 455%, per un valore di oltre 11 milioni di euro (escluso il grattugiato)
Il primo problema che si è posto lo studio riguarda la tipologia di "cliente" a cui vendere il prodotto esportato in Polonia. Le opzioni disponibili, considerando le dimensioni contenute del consorzio, vanno dal classico importatore, all'importatore-distributore, sino al rapporto diretto con catene retail. Quali i pro e i contro? Con l'importatore i rapporti sono probabilmente facilitati. Ma la ricerca deve puntare su un operatore che sappia valorizzare un prodotto di qualità, con un background di tradizione e tipicità del calibro del Parmigiano. E sappia attivare il coinvolgimento dei suoi clienti. Dunque un importatore che lavori con un portafoglio prodotti di buon livello indirizzato prioritariamente a un parco clienti sufficientemente selezionato.
Coinvolgimento ampliato
L'idea di affidarsi a un importatore classico potrebbe essere completata dall'approccio diretto con una catena distributiva. Di piccole o medie dimensioni, ma che si caratterizzi per un buon livello di offerta. In questo caso –sottolinea il report Ismea– pur con diverse dimensioni, Piotr i Pavele Piccola Italia rappresentano due retailer di indubbio interesse. Perché offrono spazio al prodotto di importazione, soprattutto italiano.
Considerando le caratteristiche del consorzio, il programma suggerito da Ismea è di puntare su un importatore-distributore di caseari. L'impresa italiana dovrà delegargli l'attività verso il retail (piccolo e grande) per l'intero Paese. E si riserverà la possibilità da un lato del rapporto diretto con un paio di distributori per il mondo Horeca (ad esempio uno a Varsavia e uno a Cracovia) e dall'altro con un retailer specializzato.
Il percorso operativo
Come arrivare al risultato appena ipotizzato? Diverse possibilità: accendere contatti diretti; partecipare a manifestazioni fieristiche locali; dare mandato a un agente che curi gli interessi del Consorzio in loco. Le tre soluzioni possono convivere ed essere complementari, dopo le opportune considerazioni. Tessere contatti diretti è impegnativo e non facile (anche sei i riferimenti sono in genere disponibili). Servono competenze specifiche ed è necessario essere spesso presenti in Polonia. Le fiere creano molti contatti in poco tempo. Il difficile è poi finalizzarli. Tanto che il rischio di non avere risultati corrispondenti alla spese sostenute è relativamente alto. Il mandato a un agente, considerati i volumi non elevati in gioco, può richiedere anche dei minimi garantiti e non soltanto provvigioni rapportate ai fatturati. Dunque può erodere i margini.
Mettersi in moto
Comunque sia, è necessario predisporre altre azioni. Ad esempio iniziative che possano coinvolgere i clienti dell'importatore, siano essi gastronomie e piccoli rivenditori. Servono educational e materiale per far conoscere il prodotto. Mentre per quanto riguarda le catene distributive, si deve essere pronti ad aderire alle loro attività promozionali. Secondo Ismea, è anche importante costruire il rapporto di fiducia con il cliente (importatore o buyer della catena retail). Inviti verso l'Italia a visitare i caseifici, a incontrare gli allevatori soci del Consorzio e così via. Magari accompagnando il ritorno a casa dell'operatore con schede informative scritte in polacco. Creare, insomma, una sorta di engagement con il cliente sui propri plus e sui propri valori, che potranno poi più agevolmente essere trasmessi da questi al consumatore polacco.