Non bastavano la manovra da 3,4 miliardi di euro, il disinnesco delle clausole per il 2018 (19,6 miliardi), la questione voucher. Pressato dall’urgenza di dare un segnale di vitalità, l’esecutivo ha fatto circolare l’ipotesi di un taglio al “cuneo fiscale” da finanziare (forse) con una rimodulazione delle aliquote Iva, (probabilmente) già nel 2017. Massima confusione, dunque, impossibile, peraltro, da ricondurre a profili interpretativi convincenti, tanto più che la consuetudine a improvvisare ha portato a una corruzione strutturale del linguaggio (non si pensa, ma si parla tanto e male e, poi, quindi, male si pensa). Mi limito a segnalare il rischio per il sistema dei consumi e della distribuzione. Il principale cuneo fiscale (senza virgolette) è quello che rende differente il prezzo pagato dal compratore dal prezzo incassato dal venditore, in ragione, appunto, delle imposte indirette (Iva e/o accise). Il cuneo a cui pensa il governo è l’ennesima discriminazione contro il lavoro indipendente: dovrebbe definirlo cuneo fiscale sul lavoro dipendente di nuova assunzione (forse). Il linguaggio adulterato tradisce strategie ambigue: accrescere il reddito di una percentuale pari all’incremento dei prezzi penalizzerebbe i consumi perché una frazione dello stesso reddito andrebbe risparmiata, in un contesto caratterizzato da una prolungata riduzione della propensione al consumo. Nel trambusto l’esecutivo ha tralasciato di escludere dalla manovra un miliardo per l’emergenza terremoto, mentre per oscure ragioni emenda la legge sui voucher distruggendo uno dei pochi strumenti funzionanti del mercato del lavoro. Nel disinteresse generale il rendimento dei Btp viaggia verso il 2,5%.
Ipotesi taglio al cuneo fiscale: a rischio i consumi
Gli opinionisti di Mark Up: Mariano Bella (da Mark Up n. 258)