Antonio Tirelli, Ad di Iperal, tra i fondatori di Agorà Network con Gruppo Poli, Sogegross e Tigros, non ama essere sotto i riflettori: è un uomo riservato, che preferisce la concretezza di numeri e strategie. Dopo la laurea in Bocconi, è alla guida dell’azienda di famiglia, una delle realtà più solide della gdo italiana, saldamente presente nelle classifiche di Mediobanca, come top performer con i suoi 52 negozi e un fatturato 2022 di 1.250 milioni di euro. Alla base di questi risultati, una trasformazione della rete di vendita passata da una visione ipermercato-centrica a superfici più piccole più adatte al mercato in cambiamento, focalizzate su food e freschi. “Ma la convenienza, intesa come giusto rapporto qualità/prezzo, era e rimane essenziale per i nostri clienti, sia nei nostri territori d’elezione sia nei contesti urbani dove ci siamo progressivamente inseriti -racconta Tirelli-. Da sempre e per sempre, la mission di Iperal è evolvere per soddisfare le esigenze dei clienti e dal 2015 abbiamo implementato la politica di convenienza del Più Bassi sempre estesa a freschissimi e alle nostre marche”. Scelte che rendono i negozi Iperal un competitor da non sottovalutare, almeno secondo diversi concorrenti.
Cosa serve oggi a un retailer locale per essere sempre più competitivo anche nei territori dove ha meno esperienza?
Premesso che siamo già competitivi in generale, la nostra priorità è capire dove non lo siamo ancora e intervenire per porvi rimedio per aumentare gli atti di acquisto nei nostri supermercati. Cosa facciamo? In concreto, vuol dire lavorare sui freschi con prodotti e ricette realizzati da noi; per questo, realizzeremo a breve un nuovo Centro di produzione del fresco in Brianza per far crescere la quota delle nostre produzioni. Anche perché nei prossimi tre anni abbiamo programmato di aprire 4 supermercati all’anno in Lombardia.
Essere competitivi vuol dire anche lavorare sul non food gestito con una logica di integrazione e raccontare la nostra diversità attraverso la presenza dei prodotti locali della Valtellina, che fanno parte del nostro dna, il nostro territorio al quale siamo e saremo sempre riconoscenti. Anche questo ancora non basta.
Sono convinto -e ho costruito la mia attività su questo- che i risultati migliori si ottengono non solo attraverso gli acquisti, ma nella ricerca dell’equilibrio tra l’efficienza e il livello di servizio ai clienti nei punti di vendita, che devono avere un’immagine calda, piacevole e facile, oltre che trasmettere in maniera chiara convenienza.
Per raggiungere questi risultati, servono anche le persone, specialmente a livello di negozio. Cosa fate per motivarle?
Sappiamo che svolgono un ruolo strategico nel loro essere a contatto con il pubblico. Un lavoro faticoso, che non a tutti piace, specialmente tra i giovani. Per questo abbiamo adottato da tempo strumenti di motivazione del personale che puntano a facilitare e conciliare meglio i tempi di lavoro e quelli di famiglia. In questo senso, a breve lanceremo un’iniziativa innovativa, di cui sono particolarmente soddisfatto, ma di cui non posso fare anticipazioni.
Aspetteremo le novità. Intanto, ci spieghi cosa rappresenta oggi per voi l’eCommerce?
A me piace di più chiamarla spesa online, che meglio si adatta al nostro approccio. Per noi è e sarà sempre un servizio aggiuntivo per i nostri clienti fisici. I nostri super devono fornire servizi di spesa online sia clicca e ritira sia con consegna a casa. Soluzioni tassative per soddisfare i clienti di oggi.
In Italia, siete stati tra i principali interpreti dell’ipermercato. È una formula che ha ancora futuro?
Fino agli anni Duemila è stato il nostro format di riferimento: ci dava ottimi risultati, esprimendo una sua funzione di attrazione e di servizio. Ma non c’erano né l’eCommerce né le superfici specializzate che hanno messo sempre più in crisi il non food, con effetti sulla marginalità aziendale: avere un’alta quota di non food era diventato sempre più rischioso. Tutti elementi che hanno fatto perdere all’ipermercato la sua capacità attrattiva sui bacini allargati. Per questo, ci siamo progressivamente concentrati sui supermercati, mantenendo i nostri 4 ipermercati storici, che sono stati ristrutturati e oggi sono grandi superfici, con una dimensione ridotta rispetto al passato: una scelta che ha permesso loro di diventare più efficiente e soddisfare le esigenze dei clienti di comodità nel fare la spesa nei bacini primari.
Quanto conta nel vostro successo far parte di Agorà Network? Quale il vostro segreto? Storica condivisione tra soci, capacità di leggere il mercato nelle rispettive aree di influenza, un’organizzazione in grado di sostenere anche i momenti difficili ...?
Agorà è sempre stata un’alleanza tra imprenditori amici che hanno deciso di condividere un progetto strategico di lungo periodo; siamo assieme da più di venti anni e dal 2006 abbiamo integrato gli acquisti e la logistica del grocery. Due anni fa è entrato a far parte della nostra compagine anche l’azienda Rossetto, pur non usufruendo dei servizi centralizzati di acquisti e logistica. La nostra alleanza ha rafforzato molto i soci storici grazie alla creazione di economie di scala e di costo, ma anche alla possibilità di scambio di know how in modo trasparente.
Le centrali stanno cambiando, trasformandosi in fornitori di servizi per valorizzare e dare distintività ai propri soci. Vale anche per Agorà?
Agorà non è una centrale e gli imprenditori sono molto coinvolti nelle decisioni che riguardano i servizi. Non intravediamo la necessità di centralizzarne altri e riteniamo che il nostro valore aggiunto sia quello di essere riusciti a mettere a fattor comune alcune funzioni aziendali in modo che le singole aziende possano concentrarsi su altre attività. In questo modo, tutti i soci sono riusciti a occuparsi di tutto ciò che è meglio che le aziende sviluppino in autonomia perché, in questo modo, riescono a essere più veloci e aderenti alle necessità dei clienti dei loro territori. Come dicevo, per noi di Agorà, è un gran valore lo scambio di informazioni e quindi dei risultati dei progetti.
Voglia di nuovi soci?
Realisticamente non ne stiamo cercando.
Rapporti con l’industria di marca: come stanno evolvendo?
Purtroppo, le relazioni con l’idm sono complesse e arroccate da anni su posizioni difficilmente modificabili. La contrattualistica con la ritualità delle trattative per le condizioni extra-fattura e le conseguenti variazioni di listino non rispondono all’esigenza del mercato di oggi. Penso che la priorità dovrebbe essere quella di confrontarsi e accordarsi per non perdere i volumi di vendita delle marche nelle nostre reti. Altrimenti, finirà per crescere sempre di più la quota delle mdd anche nelle categorie di nicchia. Tuttavia, noi di Agorà siamo sempre pronti a dialogare con i nostri fornitori per trovare adeguate soluzioni agli eccessivi rincari dei prodotti. Sono da sempre convinto che le migliori performance si ottengano non solo attraverso gli acquisti, ma nella ricerca dell’equilibrio tra efficienza e livelli di servizio dei clienti nei punti di vendita.