Investimenti media: è il video il primo formato per fare brand building

Lo confermano i risultati 2024 della ricerca presentata dalla School of Management del Politecnico di Milano e da Upa. Ecco gli altri trend adv

Il video costituisce il formato principale per le attività di brand building: tv lineare (76%), video digitali (45%) e advanced tv (39%) occupano in particolare i primi tre posti in quanto a efficacia percepita dagli inserzionisti per il raggiungimento di questo obiettivo. A rilevarlo sono i risultati 2024 della ricerca Branding e-volution presentata dalla School of Management del Politecnico di Milano e da Upa, ed effettuata coinvolgendo circa 130 aziende di marca di medie-grandi dimensioni.
Vediamo a seguire altri punti salienti emersi dall'indagine in tema di investimenti media.

L’advanced tv è utilizzata soprattutto per la reach incrementale (sia rispetto alla tv lineare, sia con riferimento ai video digitali) e per una migliore segmentazione delle campagne. La metà del campione analizzato utilizza un approccio di pianificazione video avente al centro la tv lineare, la restante metà una strategia video a 360 gradi. Fra le barriere agli investimenti in advanced tv si segnala al primo posto la mancanza di un dato di total campaign Auditel-Audicom, tuttavia in corso di definizione entro la fine dell’anno. Un altro ostacolo è rappresentato dalla ancora limitata disponibilità da parte degli editori di attivare la misurazione delle metriche di ad quality di terze parti e dai costi elevati degli spazi.
Prosegue in modo importante la digitalizzazione dei mezzi classici (tv, radio, out of home), con un forte aumento delle percentuali di utilizzo dei mezzi digitalizzati da parte degli investitori pubblicitari. Rispetto a due anni fa, inoltre, si consolida la valutazione dei brand come un effettivo nuovo punto di riferimento per l'attivazione di azioni più incisive rispetto a specifiche tematiche sociali. Il brand purpose, nell’insieme, si sviluppa, seppure con un’evidente polarizzazione fra brand che lo usano molto ed altri che ne rimangono estranei.
La misurazione dello stato di salute dei brand è stazionaria. Aumentano, però, l’utilizzo di indagini di brand lift, anche indipendenti, e l’in-housing dei modelli econometrici. Il ruolo delle attention metrics e l’adozione di strategie per limitare gli impatti della possibile futura cookie deprecation sono ancora abbastanza limitati. Il digital audio cresce e riscontra un forte utilizzo di creatività dedicata da parte delle aziende. Il mezzo sconta come principale barriera agli investimenti la mancanza di metriche condivise e una difficoltà specifica di monetizzazione dei branded podcast.

Il digital out of home cresce a sua volta. Fra le barriere si segnala la necessità di un posizionamento strategico meno isolato rispetto all’affissione classica, comunicando meglio le sinergie con gli altri media. La modalità di pianificazione e acquisto programmatica è in crescita su tutti i mezzi in corso di digitalizzazione.
A circa sei mesi dal cosiddetto “pandoro gate”, l’influencer marketing è dato in crescita di investimenti. Tuttavia, le aziende sono meno propense a utilizzare questa leva per obiettivi di brand equity/brand reputation e per le conversioni. Le aziende segnalano inoltre spostamenti di budget da grandi influencer a micro/nano influencer e creator, preferendo nella scelta degli influencer gli elementi di creatività e qualità dei follower, a discapito di indicatori meramente quantitativi.
Fra i nuovi trend troviamo l’utilizzo del retail media e dell’intelligenza artificiale generativa, quest’ultima con particolare riferimento alle creatività, dove si segnalano valori ragguardevoli di utilizzo. Per crescere il retail media necessita soprattutto dello sviluppo del mercato dei dati, di maggiori competenze e della definizione dei ruoli all’interno delle aziende fra budget trade e consumer. Non trascurabile (42%) anche l’utilizzo di tecnologie immersive per attività di marketing/comunicazione da parte delle aziende.

 

 

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