Investimenti in crescita, i brand cercano i grandi influencer

La parola degli influencer guadagna popolarità tra i consumatori e quindi tra i brand, che spostano gli investimenti a favore dei nomi con grandi audience

Lo scandalo dei pandori non ha frenato la crescita degli influencer nel mondo del marketing. Tirando le fila del convegno Influencer Marketing 2024, organizzato da UPA a Milano, i commentatori concordano sulla buona salute del settore, che ha visto le aziende italiane investire il 9% in più su questo canale rispetto a un anno fa, per pubblicizzarsi. Oggi la somma dei budget destinati all’influencer marketing, in Italia, è stimata a 352 milioni di euro. Nel mondo, si stima che il valore del settore abbia superato i 16,4 miliardi di dollari (Statista) e che la crescita sia a due cifre, con un tasso annuo del 14% fino al 2025 (eMarketer).

Già da diversi anni la figura dell’influencer si è affermata a tal punto da essere preferita alle celebrities ingaggiate come testimonial. La ragione principale sta nella capacità degli influencer di instaurare un legame diretto e personale con i propri follower. Il Future Consumer Index di EY ne conferma i presupposti, registrando che il 66% dei consumatori di età compresa tra i 18 e i 49 anni segue almeno un influencer sui social, ispirando ai suoi consigli o a semplici caratteristiche del lifestyle i propri acquisti. Questo ha permesso persino ai piccoli e medi influencer di farsi un nome e diventare partner di grandi brand.

Le aziende cercano negli influencer “nativi” -quelli che hanno costruito la propria popolarità grazie ai social- una risposta efficace alla domanda di autenticità e vicinanza che arriva dai consumatori. Diversamente dallo stile di vita spesso irraggiungibile delle celebrities, gli influencer sono percepiti più prossimi alla realtà delle persone. Ben due terzi (74%) del campione di EY ritiene affidabili le loro raccomandazioni sui prodotti, mentre il 61% dichiara di aver effettuato acquisti basandosi sui loro suggerimenti. Una novità riguarda le dimensioni dell’audience: mentre si consolida l’attrattiva dei macro influencer (100.000-1 milione di follower), il potenziale dei micro (10.000-100.000) e nano-influencer (quelli con audience di nicchia, molto fidelizzati) sembra calare, in parte a causa dell’aumento dei costi e della saturazione dei social media (dati Linqia).

Complici le restrizioni all’uso dei dati personali, che riducono la portata e l’efficacia delle campagne sponsorizzate, i grandi influencer si configurano sempre più come “emittenti”, e la pubblicità che veicolano come un prodotto che deve essere cercato spontaneamente e volentieri dall’utente (da push, a pull). Il 2024 segna quindi un ritorno a collaborazioni con personaggi di ampia visibilità: i brand sono passati dal 30% al 40% di preferenze per figure affermate che possono garantire un ritorno sicuro sugli investimenti; mentre la collaborazione con micro influencer è scesa dal 74% al 62%, anche a causa dei relativi costi che sono aumentati fino al 20% (Linqia). Quello che si prevede, comunque, non è una progressiva scomparsa dei micro-influencer, ma una revisione dei contesti, degli audience e delle categorie di prodotto che potrebbero essergli affidati.

Nel settore beauty, secondo Citizens, il 91% della Gen Z statunitense acquista prodotti che ha scoperto grazie a un contenuto social. Quasi metà (48%), secondo un report di Capgemini, deve l’interesse per il prodotto alla relazione con un influencer. Un efficace equilibrio tra celebrità, competenza e categoria di prodotto, nel mondo della cosmetica, lo hanno raggiunto star della musica come Selena Gomez e Rihanna- come analizzato da Altavia Watch -che hanno lanciato le proprie linee di cosmetica e poi ne sono diventate testimonial. E i primi fatturati sono nell’ordine del mezzo miliardo di dollari.

Anche la politica, che negli Stati Uniti intrattiene dichiarati rapporti di scambio economico e di consenso con l’industria, si è appoggiata alla categoria degli influencer. Secondo una ricerca di Pew Research Center, quasi il 40% degli americani under 30 si informa tramite TikTok, così anche le campagne elettorali investono sul talento dei social media creators. Un tema che anche in Europa è al vaglio dei governi riguarda l’istituzione di una disciplina che permetta di tutelare il diritto all’informazione dei cittadini e discernere con certezza tra genuinità e sponsorizzazione.

Autore di contenuti di comunicazione specializzato in retail. Predilige i punti di vendita della grande distribuzione e la sostenibilità della filiera alimentare. È con Altavia Italia dal 2015, come copywriter, strategist e redattore di altavia.watch

Altavia Italia

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