Inclusione lavorativa dei disabili: siamo tra i Paesi con il tasso più basso

Nel 2019 lavoravano 43.000 persone con disabilità, nel 2021 sono diminuite a 36.000. Ci sono ancora ben 114.000 aziende con scoperture di posti

La filiera dell'inclusione, tema oggi sempre più dibattuto e reso oggetto di attenzione da parte delle aziende, ha ancora grossi problemi di funzionamento sull'aspetto della disabilità (la stessa lacuna si ritrova, forse non a caso, in ambito di comunicazione e pubblicità). L'Italia risulta infatti maglia nera per tasso di inclusione lavorativa delle persone disabili, con dati in peggioramento stando alle ultime rilevazioni.
Eppure, le best practice cui attingere per rendere il tema non solo etico ma anche strategico ci sono, come emerso durante l'incontor organizzato dall’associazione SidebySide, con la collaborazione di Carrefour Italia, Ikea e Gxo, promosso proprio per affrontare il tema della disabilità nei luoghi di lavoro.

“Nonostante la presenza di un tessuto normativo prescrittivo importante, dato dalla legge 68, siamo tra i Paesi con il più basso tasso di inclusione lavorativa per le persone disabili. Guardando i dati, nel 2019 si registravano 847.000 disabili iscritti al collocamento obbligatorio, ma nel 2021 il dato è diminuito del 8,6% (solo 774.000 iscritti), segno evidente di una crescente difficoltà nell’accedere alle funzioni lavorative e anche di una sfiducia nelle istituzioni e nelle aziende", ha rilevato Lisa Noja, consigliera di Regione Lombardia: “La normativa ha purtroppo ancora problemi di attuazione sia perché abbiamo a disposizione dati aggiornati solo al 2021, che non ci permettono di avere un quadro completo dello stato dell’arte, sia perché la normativa stessa non promuove la disabilità in azienda con politiche ad hoc.”
Nel 2019 lavoravano 43.000 persone con disabilità, mentre nel 2021 sono diminuite a 36.000: ci sono ancora 114.000 aziende con scoperture di posti per persone con disabilità superiori al 60%. "Infatti, le pmi, che rappresentano la maggior parte delle aziende italiane che richiede specifiche competenze, hanno maggiori difficoltà a reperirle tra le categorie protette, col rischio di esclusione di queste ultime. Prioritario, quindi, riaprire tavoli di lavoro e di confronto pubblico-privato: da un lato le aziende non possono essere lasciate da sole in questo processo, dall’altro l’imprenditoria deve avere un ruolo attivo nel realizzare politiche di inclusione”.
La disabilità, peraltro, rappresenta oggi uno dei maggiori fattori di povertà, perché la vita quotidiana richiede un investimento economico maggiore e l’accesso alle professioni presenta diversi ostacoli.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome