L’inflazione rallenta grazie anche all’attenuazione delle tensioni sui beni energetici, ma il contesto socioeconomico sui consumi è instabile e da ciò consegue una previsione: dobbiamo attendere il 2024 vedere attenuarsi la tensione sui prezzi al consumo; da questo assunto, espresso da Alessandro d’Este, presidente di Ibc (Associazione Industrie beni di consumo), parte il convegno tenutosi questa mattina a Milano intitolato “La filiera dei beni di consumo nell’era dell’incertezza”.
Siamo in una situazione delicata in cui è importante saper leggere correttamente e puntualmente i dati e il sentiment dei consumatori. E proprio su questo fattore si sofferma la riflessione di Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research: “Abbiamo di fronte a noi due quadri: la realtà è il percepito, dove la percezione delle persone alla fine è ciò che conta”. Secondo i dati Inps e Istat sul 2021, l’80% delle famiglie italiane ha un Isee inferiore ai 20mila euro, oltre il 57% è sotto i 10mila. Sono dati molto bassi che sommati alla consapevolezza che quasi 2 milioni di famiglie é in povertà assoluta, definiscono un quadro preciso e piuttosto drammatico. “Siamo sempre stati un Paese risparmiatore, tanto che secondo i numeri rilevati dal Mef nel 2022, il 70% degli italiani se disponesse di 10mila euro, li metterebbe nei risparmi -continua Ghisleri-. Inoltre, solo il 30% del Paese riuscirebbe oggi a soddisfare una spesa improvvisa superiore ai 1.000 euro”. La realtà, quindi, dipende dal punto di vista dell’osservatore, della sua percezione.
Le paure degli italiani
Nonostante ciò, secondo i dati Istat e Banca d’Italia sul 2022, durante il periodo pandemico l’Italia ha registrato una crescita dell’11%: alla fine del 2021 la ricchezza netta delle famiglie italiane cresce del 3%, la quantità di denaro nei depositi bancari é aumentata di 70 miliardi. “Si crea una forte contrapposizione tra realtà e percezione”, sostiene Alessandra Ghisleri. Le paure degli italiani, che esprimono un giudizio negativo sulla situazione economica, rimandano i grandi acquisti, prevedono una situazione peggiore per i prossimi mesi, non sono necessariamente reali quanto i dati. Per questo, il 32% conta di spendere di più in cibo e bevande e ben l’80% cambierà le proprie abitudini alimentari con un 36% che prevede di fare la spesa in diversi punti di vendita e format per trovare il prezzo migliore (Fonte: Deloitte 2023). E tra le tante conseguenze dell’aumento dell’inflazione, che si relaziona bene con la percezione dei consumatori, non c’è solo la difficoltà a risparmiare, ma anche “l’erosione dei risparmi preesistenti, che è un elemento psicologico devastante”, sottolinea l’economista Tito Boeri.
“La chiave dell’incertezza é la velocità -esordisce Maurizio Molinari, direttore de La Repubblica-. C’è bisogno di giustizia economica, che qualcuno ci dia giustizia sul fronte economico rendendoci la possibilità di avere un certo livello di capacità di spesa”. C’è un corto circuito tra il questo bisogno impellente e l’impossibilitá di avere risorse per andare incontro a questa necessità.
Se la situazione economica sempre poco florida agli occhi dei consumatori, i dati dell’export non sembrano rispecchiare il sentiment. Infatti, se l’Italia nel 2020 esportava per 430 miliardi di euro circa, nel 2022 questo dato impenna fino a 620 miliardi. Secondo Giuliano Noci, docente del Politecnico di Milano, bisogna combattere la trappola del made in Italy per la quale si vede nell’eccellenza del prodotto la garanzia del successo. “Nelle aziende deve affermarsi sempre più una cultura di marketing -afferma Noci-. Vuol dire metabolizzare la logica di studio, individuare i target e costruire proposizioni di valore coerenti con i diversi segmenti”. Bisogna considerare la dimensione della trasformazione digitale: un abilitatore dei cambiamenti necessari perché l’esperienza richiede di lavorare sui dati. Dati rilevanti dal punto di vista dei processi produttivi anche in termini di tracciabilità di filiera.
Il punto di vista di gdo e industria
In una situazione come quella odierna é essenziale ripensare il modo in cui le aziende creano valore: “È necessario trasformare l’incertezza in punto di forza -afferma d’Este-, per esempio, l’Intelligenza artificiale non deve fare paura, ma essere un’opportunità. Per le pmi, poi, è importante creare vantaggio competitivo di differenziazione, senza il quale in periodi di discontuinitá di costo é impossibile competere”. Secondo Maniele Tasca, direttore generale di Gruppo Selex, é essenziale concentrarsi su una tipologia di consumatore: “Se la polarizzazione è determinante a seconda di fasce di reddito e di zone geografiche, dobbiamo concentrarci sulle fasce di consumatori di mezzo. Mi riferisco al livello tra i ricchi e i poveri: i primi non hanno grandi problemi e non cambiano abitudini, i secondi non hanno grande margine di scelta. Ma c’é il consumatore mediano che è quello che fa determinare il calo dei consumi”. La gdo registra delle nuove scelte: una maggiore frequentazione dei punti di vendita che permette al consumatore di valutare le variazioni dei prezzi, e quindi un calo dei volumi che non è determinato da una riduzione della spesa, ma di scelte ponderate che evitano gli sprechi e dimezzano le scorte in dispensa. Sono strategie di difesa.
Quali possono essere le soluzioni? “Possiamo chiedere cose possibili e non impossibili -continua d’Este-: investimenti privati, favorire le aggregazioni e una politica economica ad hoc che sia anche a favore della demografia, un tema che non può essere rimandato e di cui ci si deve occupare subito”. Essenziale, quindi, l’attenzione alla demografia che si traduce anche in aiuti per le famiglie: “Al governo sconsiglierei interventi lineari come il taglio dell’iva, ma scelte che aiutino i monoreddito e le famiglie giovani con decisioni importanti come il taglio del cuneo fiscale. Non esiste largo consumo senza volume di consumatori che vi possano accedere”, conclude Maniele Tasca.