La sostenibilità ambientale e sociale della propria catena di approvvigionamento vista come asset per far crescere il business aziendale. Perché da un lato consente alle imprese di garantirsi la costanza nella fornitura di materie prime agricole da parte dei paesi emergenti dalle quali le si ricava, dall’altro lato perché, favorendo lo sviluppo economico e sociale delle aree più povere, si aiuta la bilancia commerciale di tali regioni aprendosi, in prospettiva, nuovi mercati di sbocco per i propri prodotti. É un po’ questa la logica alla base delle iniziative di Csr portate avanti da alcune delle principali multinazionali del food. Guardando all’Italia, un esempio certamente interessante in questo senso ci viene da Ferrero, che già 10 anni fa ha dato vita al progetto Imprese Sociali Ferrero, attualmente presente in Camerun, Sudafrica e India. Un’iniziativa peculiare, per la doppia finalità con cui è stata concepita: da una parte le Imprese Sociali Ferrero sono delle realtà commerciali vere e proprie, che quindi hanno l’obiettivo di realizzare profitti.
Dall’altra, agiscono con uno spirito sociale: mirano sia a creare posti di lavoro sia a realizzare iniziative di carattere umanitario, volte soprattutto a tutelare la salute e la crescita educativa e sociale di bambini e ragazzi delle regioni interessate. Un progetto costituito per volontà di Michele Ferrero, a cui presto verrà dedicato. Come ha sottolineato l’ambasciatore Francesco Paolo Fulci, presidente della Ferrero: “Saranno avviate le formalità per trasformare la denominazione delle imprese sociali Ferrero in ‘progetto imprenditoriale Michele Ferrero’.
Si tratta di un riconoscimento postumo a chi le imprese sociali le ha fortemente volute e realizzate, e che oggi rappresentano il 10% dell’intera nostra forza lavoro”.
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