Malgrado le difficoltà, la burocrazia e la scarsità di capitali, in Italia e nel food sta nascendo una nuova generazione di imprenditori, sono e saranno la linfa innovativa per le grandi aziende. Oggi, siamo con Enrico Pandian che, interrogato sul segreto del suo successo, ha una teoria tutta sua ... “Non credo nel successo. Il successo non esiste, esistono invece dei momentum particolari, nei quali le cose vanno bene, ma se fai questo lavoro, sai molto bene che il percepito esterno è diverso dalla realtà. Ogni giorno, ci sono tanti problemi da risolvere, in modo particolare in questo momento, quindi, da fuori puoi vedere una storia che è solo una parte di quello che succede all’interno, che è molto duro, molto brutto a volte e molto difficile, quindi, per me successo è un termine molto positivo: ovvio che tutti puntiamo al successo, arrivarci poi ... No.
La tua storia?
Ho sempre fatto l’imprenditore nella vita. Ho cominciato molto presto, grazie all’incontro con Marco Benatti, uno dei fondatori di Virgilio.it, un veronese come me, che mi ha introdotto nel mondo digitale. In realtà, nel digitale c’ero già: a 18 anni facevo l’hacker, Marco invece mi ha spiegato che era meglio fare qualcosa di più utile, legale ed economicamente vantaggioso, mi ha insegnato che era meglio darsi al consumer web, e da lì sono partito. Ho fatto una marea di cose: nel 2010 avevo inventato Prezzipazzi, sito per le aste al centesimo, che aveva 1,5 milioni di utenti in Italia. Allora, vivevo a Londra e usavo Ocado, da lì è nato Supermercato24: quando sono tornato in Italia, nel 2014, Ocado a Verona non c’era, quindi ho dovuto alla fine crearmelo da solo, andando io a fare le spese i primi 20 giorni. Questa è stata la partenza. Non arrivavo da questo mondo. Tutti mi prendevano per matto, mi rivolsi ad alcuni imprenditori, Verona è piccola, ci si conosce, andai da imprenditori della distribuzione che già conoscevo ma la giudicarono troppo impegnativa economicamente. Pensandoci adesso, e mettendomi nei loro panni, probabilmente avrei detto la stessa identica cosa. La fortuna lì è stata di pensare a una cosa completamente diversa da quella che sarebbe stata fatta dagli altri: creare un supermercato senza capex, nessun magazzino, senza furgoni. Come? Grazie alla tecnologia. Dieci anni fa, Supermercato24 non poteva nascere, perché non c’era la potenza di calcolo nel cellulare e determinate cose non si potevano fare. Da lì, però, è partito, ed è stato un percorso davvero molto duro, soprattutto nel rapporto con la grande distribuzione, perché all’inizio nessuno ti dà credito, non sei nessuno. Quando avevo raccolto i primi tre milioni di euro, pensavo fosse una cifra incredibile e, invece, vedevo che ai miei interlocutori veniva da ridere. Ovvio che ero un nulla all’interno del mercato. Adesso le cose stanno cambiando, Supermercato24 è una realtà gigante, ha 160 persone ormai. Quest’anno, pensiamo di arrivare a un fatturato che sarà molto vicino ai 100 milioni di euro, quindi inizia a essere una storia diversa. Questo in 5 anni, ovvio che, questo genere di innovazione quando viene applicata, e trova mercato, scala talmente velocemente che poi non si ferma più.
Quanto sei ancora coinvolto in Supermercato24?
Sono il maggiore azionista privato con il 6%, poi ci sono i fondi di Investimento, dal Fondo Italiano di Investimento che fa riferimento a Cassa depositi e prestiti, 360 Capital, Innogest e tantissimi altri. Sono uscito dal Cda 3 anni fa, perché non rispecchiava più il mio modo di essere: sono un pirata, mi piace partire da zero, è questa la parte che mi affascina di più, anche se è la più difficile, anche se inizio ad avere un’età nella quale probabilmente devo cominciare a pensare di sedermi in un consiglio di amministrazione invece di svegliarmi ogni mattina e fare quello che faccio.
Supermercato24 ormai è una realtà importante che continua a espandersi, abbiamo da poco comprato un omonimo in Polonia, adesso si sta guardando ad altre nazioni europee. L’obiettivo è di farne il più grosso player del grocery delivery europeo. Penso che questa situazione legata al Covid-19, in realtà, ci abbia dato un grossissimo slancio, basta guardare i numeri che rispetto a febbraio sono impressionanti. È difficile starci dietro, perché nessuno poteva pensare a una esplosione di questo genere, è ovvio, però che ci ha fatto fare un salto di 5 anni, una accelerazione molto importante, con crescite a tripla cifra, multipli rispetto a quello che succedeva prima.
Frescofrigo arriva dopo Supermercato24?
No, subito dopo Supermercato24 ho inventato Checkout Technologies, la tecnologia per i supermercati senza cassieri, che abbiamo implementato con un grosso retailer italiano. Ho venduto questa società il 20 di marzo al più grosso operatore di sistemi di supermercati senza cassieri.
... mentre Frescofrigo
Frescofrigo nasce prima. Tendo a fare una società alla volta ma il mio modello è sempre stile Supermercato24, quindi fai partire da zero, fai crescere, arrivare a 15-20 persone, fai un Series A (financing), che vuol dire almeno tre milioni di raccolta, poi affido a un manager, lascio che prosegua, esattamente la stessa cosa che ho fatto in Checkout. Frescofrigo è nato nel settembre 2018, in realtà ci sono tantissimi riferimenti sia con Supermercato sia con Checkout Technologies, l’obiettivo che abbiamo è importante: stiamo cercando di costruire un nuovo mercato per il mondo della ristorazione. Perché la visione è che il ristorante ha il suo locale interno, poi, cinque anni fa è arrivata la food delivery, e adesso gli proponiamo un nuovo metodo per vendere direttamente, a pochi passi dal consumatore, sia negli uffici sia nei complessi residenziali.
All’inizio del lockdown, il consumatore è rimasto a casa, noi abbiamo cominciato a installare i frigoriferi nei complessi residenziali con la grande distribuzione, Coop, Carrefour e Pam sono i nostri tre partner. Il modello è installare, cioè creare un metro quadro di retail a pochi metri dal consumatore. Frescofrigo ha qualcosa del mondo delle vending machine e della food delivery, ma di fatto è un nuovo modo di fare retail. I distributori ci stanno chiedendo di installare più frigoriferi e di entrare negli uffici e iniziare così a usare prodotti più vicini al mondo della ristorazione, che già la grande distribuzione stava iniziando a produrre.
Siamo partiti da un assortimento molto basico fatto di ingredienti, in modo particolare frutta e verdura, latticini, ma anche la farina. Adesso, in realtà, la richiesta si sta spostando su qualcosa di già elaborato, come le patate al forno, la verdura cotta, quindi un prodotto che ha già subito una trasformazione e che tra l’altro è a valore aggiunto per la grande distribuzione. Ormai penso siamo vicini al 20% del totale del frigorifero di questo genere di prodotti.
Modalità, fare business in Italia, cosa consigli a chi sogna una startup?
La cosa bella delle startup del food è che siamo guardati molto anche dall’estero, i fondi di investimento inglesi sono interessati a quello che facciamo nel food in Italia, perché siamo i modelli di riferimento a livello mondiale, ma abbiamo solo un problema: la scarsità di capitale.
Il capitale per partire c’è ma non per crescere, se riuscissimo a raccogliere più capitali in fasi, più growth, da scale up, più sarebbe facile fare dei veri cambiamenti.
Perché questo limite?
L’Italia è un paese di imprenditori, di piccole e medie imprese, mentre noi nuovi imprenditori dobbiamo pensare a un livello almeno europeo, perché siamo europei in prima battuta, e poi dobbiamo pensare a un livello globale, quindi con canoni completamente diversi rispetto al passato. Ed è il motivo per cui non abbiamo abbastanza capitali.
Per esempio, non mi spiego ancora come mai nel momento in cui 4 anni fa si cominciava a vedere questa crescita dell’eCommerce grocery, i grossissimi della gdo non abbiano iniziato a investirci pesantemente, c’è stata miopia, adesso è un po’ diverso, ma in realtà si è ancora molto legati al passato. Solo che il passato passa, e passerà ancora più velocemente.
Per chi vorrebbe seguire le tue orme che percorso consiglieresti?
Tutti dovrebbero, secondo me, studiare, dopo bisognerebbe andare a lavorare per una multinazionale, fino a 35 anni, dopodiché dire basta, licenziarsi e fare l’imprenditore.
La vera scala mobile in Italia c’è solo se fai l’imprenditore, ma è difficile farlo perché a 35 anni di solito hai una famiglia, hai il mutuo, quindi, non è facile lasciare tutto per il nulla, lo capisco molto bene. Inoltre, bisogna essere curiosi, leggere, informarsi il più possibile.
È ovvio che ogni volta che parto è un’avventura, anche adesso che sto raccogliendo soldi, dico a chi è interessato ad investire: “Al 90% perderò i soldi che investirai e, di solito, vedo la faccia dall’altra parte di Zoom incresparsi, ma è l’unico modo per creare qualche cosa di veramente innovativo, che possa scalare velocemente e avere un valore nel breve tempo e nel futuro. Ovvio che è puro rischio.