Il ruolo (non riconosciuto) della distribuzione

Il sistema distributivo rappresenta la forza economica di un Paese. Ma l’Italia sembra non averlo capito … (da Mark Up n. 284)

I Paesi più avanzati sono quelli che hanno puntato non solo sullo sviluppo del sistema produttivo, ma anche su un sistema distributivo efficiente e innovativo. Il perché di questa scelta di politica economica è riconducibile alla crescente rilevanza che hanno assunto nell’economia le funzioni distributive rispetto a quelle produttive. Se un cliente non trova il suo prodotto preferito nei punti di vendita frequentati, orienta le sue preferenze su prodotti e brand alternativi, anche se meno preferiti, ma più facili e immediati da acquistare. A ciò si aggiunga che in molti comparti il costo delle funzioni distributive è di gran lunga più elevato dei costi di produzione del prodotto. I margini e i costi delle funzioni logistiche, della distribuzione all’ingrosso e al dettaglio, se sommati costituiscono per molti prodotti la parte prevalente di ciò che il cliente paga. Ecco perché il sistema distributivo costituisce il vantaggio competitivo di un Paese e delle sue aziende. Non basta avere un prodotto unico, serve -oggi più che mai- la capacità di portarlo sui mercati (internazionali) con una distribuzione altrettanto unica.

Questa è la sfida che ci attende. Una sfida che fino ad oggi come Paese abbiamo perso, decidendo deliberatamente di non puntare risorse ed energie sul nostro sistema distributivo, convinti che avere dei prodotti eccellenti, anche se non facilmente accessibili, sarebbe stato sufficiente per guadagnare la fiducia della domanda. Invece ciò non si è verificato e i consumatori di tutto il mondo (anche quelli italiani) hanno optato per mobili svedesi in luogo di quelli prodotti nei distretti italiani, abiti ideati da aziende spagnole o svedesi, caffè di multinazionali americane o svizzere; ma ciò accade perché i nostri prodotti hanno meno appeal di quelli realizzati all’estero? Certamente no. La differenza sta nella capacità distributiva che hanno sviluppato le imprese internazionali e i sistemi Paese da cui esse provengono. Oggi il vantaggio competitivo si gioca lì.

La distribuzione italiana ha purtroppo subìto per anni i vincoli restrittivi di leggi e approcci politici poco lungimiranti.

I cugini francesi ci hanno invece insegnato che puntare sulla distribuzione conviene e consente anche di esportare il vantaggio competitivo all’estero (molti di noi oggi acquistano presso le loro catene di ipermercati, di bricolage o di articoli per lo sport).

E noi a cosa pensiamo per rinforzare il vantaggio competitivo della nostra distribuzione, in passato già limitata da vincoli e norme obsolete? Le chiusure domenicali, che renderanno la distribuzione italiana ancor meno competitiva rispetto ai canali digitali e ai competitor internazionali, indebolendolo ulteriormente e riportandola indietro di decenni.

Al contrario, bisognerebbe cercare di unire alla nostra capacità manifatturiera, che è riconosciuta come davvero unica al mondo, una equivalente capacità distributiva. Bisognerebbe investire sui canali e sulle imprese commerciali, per modernizzarle davvero e renderle competitive, e non imporre loro di chiudere la domenica (giornata fondamentale per molte di esse). In questa sfida, il ruolo chiave va giocato dalla politica economica, che deve trovare il modo per rilanciare il sistema e le funzioni distributive, e dalle istituzioni formative, che devono plasmare le competenze dei giovani, i manager del futuro, sui temi della distribuzione. Il rischio di perdere questa sfida è quello di perdere in futuro anche le nostre incredibili capacità a livello di manifattura.

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