Il retailer più sostenibile è quello che ha i clienti più sostenibili

I consumatori italiani dimostrano sensibilità verso i temi sostenibili e lo esprimo a scaffale. La prima edizione dell’osservatorio Shopper Marketing for Conscious Shopping ha studiato come e quanto i retailer hanno oggi un’offerta sostenibile

Il punto di vendita è il terminale di uscita verso il mercato. Se i consumatori dimostrano interesse verso i prodotti sostenibili, i retailer devono adeguare l’offerta in tal senso. Ed è proprio la sostenibilità dell'offerta di un retailer che può essere una metrica condivisa e di facile applicazione. Sul tema ha fatto luce la prima edizione dell’osservatorio Shopper Marketing for Conscious Shopping realizzato da Retail Institute, Università di Parma e Niq. L’Osservatorio “guarda” dentro il carrello dei consumatori italiani che fanno la spesa nel canale iper+super+ls. Quanto il tema delle mdd sostenibili sia centrale è confermato dal crescente impegno dei retailer. Per esempio, Sace e Conad hanno siglato un accordo che segna un passo verso la sostenibilità economica e ambientale per oltre 700 fornitori. Firmato da Alessandra Ricci di Sace e Francesco Avanzini di Conad, l'accordo prevede iniziative per promuovere la sostenibilità lungo la filiera. Sace offrirà servizi assicurativi e di garanzia per migliorare il dialogo con le banche, facilitando l'accesso al credito e sostenendo la competitività del settore. Tutto questo rafforzerà l’impatto sostenibile delle mdd verso un consumatore, quello italiano che soffre da anni il precipitare del potere di acquisto. Oggi comprare sostenibile costa di più di comprare mainstream. Studiare quanto acquista in modo sostenibile il consumatore italiano, significa guardare anche il suo potere di acquisto. L’Osservatorio Shopper Marketing for Conscious Shopper cristallizza 4 cluster di cui uno di questi è definito come “I distanti”. Questi sono circa la metà di tutto l’universo studiato e non sono consumatori interessati alla sostenibilità perché in primis non hanno capienza economia. I rimanenti offrono importanti spunti di riflessione e offrono insight per il retailing che vive ogni giorno la sfida della sostenibilità. Mark Up ha incontrato Davide Pellegrini, docente di marketing all’Università di Parma che ha lavorato al progetto.

Davide Pellegrini - professore di marketing presso il Dipartimento di Economia e Management dell'Università di Parma

Qual è la genesi dell'Osservatorio Shopper Marketing for Conscious Shopping?
Tutte le ricerche dimostrano che sono i consumatori finali, con i loro comportamenti, a modificare la salute dell’ambiente, della società e delle persone stesse. Da qui l’idea che le imprese “più sostenibili” sono quelle che hanno clienti “più sostenibili”. Detto in altre parole sia i retailer che i brand eccellenti sono chiamare a svolgere al meglio il proprio ruolo sociale di influenzatori. Riuscire a misurare in maniera scientifica questa capacità è la missione del nostro Osservatorio.

Come fate a misurarla?
Grazie alla partnership con Niq e al patrocinio di Retail Institute abbiamo costruito un panel rilevante di imprese che si è prestato alla misurazione anche in vista dei propri bilanci di sostenibilità. Le fonti sono due; da una parte si può misurare il comportamento in negozio dei consumatori con i consumer panel Niq, dall’altra i dati cassa di oltre 25.000 negozi. Questi dati incrociati con il dichiarato delle famiglie ci consentono di misurare quello che in gergo si definisce “say-do gap" cioè la distanza tra quanto “dichiarano” e quanto effettivamente “fanno” i consumatori finali. L’incrocio tra dati oggettivi (il contenuto dello scontrino) e il dichiarato (i questionari) permette di costruire una matrice di quattro cluster inedita e originale.

Quali profili ne sono usciti?
Abbiamo delle persone che si dichiarano orientate alla sostenibilità ma, osservando il loro carrello della spesa, emerge tutt’altro (gli aspiranti) così come altri che non si dichiarano particolarmente sensibili alla sostenibilità ma nel loro carrello vi sono molti prodotti sostenibili (i verdi per caso). Esistono poi fortunatamente i convinti (dicono e fanno) e purtroppo i distanti non dicono e non fanno).

Come ci si orienta nell’oceano di referenze che si definiscono sostenibili e non lo sono, considerato che l’osservatorio deve far corrispondere il contenuto del carrello al concetto di sostenibilità?
Partiamo dai panieri dell’Osservatorio Immagino di Gs1 che analizza le descrizioni dei prodotti mettendo in evidenza la presenza di aggettivi o descrizioni attinenti alla sostenibilità. Poi però scendiamo nel merito di un panel ristretto di prodotti altamente discriminanti.

Sul versante retailer, cosa ha riscontrato l’Osservatorio?
Da una parte abbiamo analizzato il peso dei 4 cluster nei singoli retailer: quindi siamo passati ad analizzare 5 dati di cassa correlati agli acquisti dei consumatori. Il primo è il patrimonio distributivo che si traduce nella presenza di codici prodotto che hanno delle correlazioni con la sostenibilità: in altre parole la numerica, la profondità di assortimento sostenibile. Quindi la presenza della mdd. Terzo indicatore la promo intensity, quarto il posizionamento di prezzo e come quinto indicatore il sell-out dei prodotti sostenibili

Qual è la sintesi dei risultati?
Abbiamo declinato i cinque indicatori definiti con gli 8 panieri della banca dati Immagino: free form, rich in, intolleranze, italianità, life style, csr, packaging sostenibile, processi sostenibili. Ne è emersa una mappatura in cui è stato fissato a 100 il valore medio di tutti i retailer considerati. Nella mappatura vediamo per ogni paniere alcune insegne sopra la media e molti sotto media. Si può interpretare il tutto considerando una polarizzazione tra pochi retailer che eccellono e molti che hanno spazi di miglioramento.

Come dovrebbero agire i retailer per incrementare il numero di consumatori che puntano a prodotti sostenibili?
Il cluster più numeroso è purtroppo quello de “i distanti” ed è gravato da una difficoltà economica che ne condiziona i comportamenti. Portarli a bordo della sostenibilità significa lavorare moto sul prezzo e la promo. “I verdi per caso” hanno comunque dei comportamenti tendenti a scelte sostenibili ma in modo non del tutto consapevole: sono molto sensibili alle promo. Incrementarne la consapevolezza e convinzione è una mission che può intestarsi il retailer. Occorre fare in modo che l’acquisto sostenibile esca dalla fase promozionale ma diventi usuale applicando un “spinta gentile”. L’uscita dalla leva del prezzo passa per delle situazioni che si esprimono all’interno del punto di vendita per cui il dialogo sul tema della sostenibilità deve diventare costante ed efficace. "I convinti” appaiono molto legati alla mdd, che si rivela un veicolo molto potente su questo versante: nel momento in cui la mdd si specializza sul tema sostenibilità, il numero di consumatori che acquista sostenibile aumenta considerevolmente e la percentuale dei convinti aumenta. Infine "gli aspiranti" o “vorrei ma non posso” sono un cluster ad alto potenziale su cui insistere perché molto reattivi a qualsiasi azione che ne agevoli l’acquisto sostenibile.

Quali correlazioni tra assortimenti sostenibili e bilanci di sostenibilità?
Fino ad oggi i retailer hanno redatto i bilanci di sostenibili con un focus preciso sul lato dell’offerta ma in futuro occorrerà anche descrivere il comportamento dei propri clienti per essere in linea con le nuove direttive. In altre parole, l’azienda più sostenibile è quella che ha più clienti sostenibili: un ribaltamento dell’approccio. Per questo la ricerca nasce per misurare in modo scientifico il comportamento dei clienti dei retailer. Un retailer che conosce con certezza il proprio numero di consumatori sostenibili, può utilizzare questo dato nel bilancio di sostenibilità. Il numero di shopper sostenibili può effettivamente diventare una metrica rilevante. Occorre tenere in considerazione in sede Ue si sta chiedendo che i nuovi standard documentino anche di comportamenti degli shopper ed è questa la vera novità.

Quali sono le considerazioni finali?
I retailer non sono tutti uguali. L’osservatorio mette in risalto che ce ne sono alcuni che su questo terreno sono molto più avanti di altri. E che questa loro forza è legata agli assortimenti e all’utilizzo anche dei prezzi promozionale per valorizzare i prodotti sostenibili grazie a mdd di valore. A questo si aggiunge che in prospettiva il consumatore sarà sempre più caratterizzato da una condotta sostenibile perché le famiglie giovani sono molto attente al tema.

Infine come evolverà l’osservatorio?
Nella nuova edizione 2024/25 l’analisi si spingerà nelle principali categorie merceologiche. In questo modo emergeranno al meglio i driver reali del comportamento finale delle famiglie e questo agevolerà le politiche di comunicazione delle imprese. Ci aspettiamo che anche per l’industria di marca si aprano insight nuovi e utili a un confronto fattivo con i retailer.

Secondo i dati ricavati da Niq i cluster di consumo correlati alla sostenibilità si caratterizzano da precisi elementi socio-economici. L’osservatorio Shopper Marketing for Conscious Shopping ne descrive le caratteristiche nel modo seguente. "I convinti" degli acquisti sostenibili sono famiglie benestanti, composte prevalentemente da coppie senza figli <24 anni con RA di età < 55 anni (incidenza superiore del 13%) e >55 anni (incidenza superiore del 40%). "I verdi per caso" hanno una penetrazione superiore del 31% rispetto alla media nel cluster di famiglie senza figli <24 anni e RA <55 anni ad alto reddito e del 27% nel medesimo cluster di famiglie a basso reddito. "I distanti" sono costituiti prevalentemente da famiglie a basso reddito, con figli piccoli (incidenza superiore del 23% rispetto alla media). "Gli aspiranti" sono tipicamente coppie adulte a basso reddito senza figli piccoli (incidenza superiore del 13% rispetto alla media).

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