Recentemente è stato pubblicato per i tipi di Laterza un volume dal titolo accattivante: Che cosa sa fare l'Italia. La nostra economia dopo la grande crisi di A. Giunta e S. Rossi. Nel lavoro si passa in rassegna la situazione del nostro Paese, cercando di individuare possibili linee di sviluppo e di strutturale ripresa economica. Secondo gli autori, “un Paese è ciò che sa fare” (e ciò vale non solo sotto l’aspetto prettamente economico). Come non essere d’accordo con tale asserzione. Per tanti anni l’Italia ha saputo eccellere grazie alle sue specificità che, associate alla creatività ed alle capacità imprenditoriale, hanno consentito il progresso socio-economico della nostra Nazione. Il brand Made in Italy ha rappresentato un bene comune per l’economia di tanti settori del Paese; tuttavia, la sua equity resta tutt’oggi ancorata quasi esclusivamente al settore food e wine, poiché l’ambito “moda”, da sempre punta di diamante del brand nostrano, ha perso molto del suo italian made, a causa dei noti processi di delocalizzazione produttiva.
La ripresa della nostra nazione, dunque, oltre a richiedere alle imprese dimensioni adeguate (che corrispondono alle “grandi” dimensioni), può passare dalla capacità di recuperare quelle tradizioni e specificità che in passato hanno fatto grande l’Italia.
Se osserviamo i dati riportati nell’annuale rapporto Ismea-Qualivita sulle produzioni agroalimentari di qualità (presentato il 7 febbraio e disponibile al link http://www.ismea.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/10007, infatti, troviamo conferma di queste riflessioni. In tale lavoro, si legge la conferma della leadership dell’Italia nell’ambito delle produzioni di qualità (quelle certificate con i tradizionali marchi: DOC, DOCG, DOP, IGP, etc..) che, con ben 814 prodotti, ha generato (nel 2015) un valore alla produzione di 13,8 miliardi di euro, in crescita del 2,6%, rappresentando il 10% del fatturato totale dell’industria agroalimentare nazionale. Il settore vinicolo incide per oltre il 50% del totale in valore e segna una crescita del 5,8%, confermando la capacità competitiva delle nostre produzioni enologiche nel contesto mondiale. Tra queste, in particolare, emerge il dato del “sistema Prosecco” che, nel 2015, registra una crescita annua del 57%. Nel Rapporto, si fa, riferimento a questo noto vino - qui riportato come “sistema Prosecco”- proprio per enfatizzare il carattere distrettuale che connota questo prodotto e lo fa eccellere rispetto ai già celebri prodotti.
Dalla lettura dei due lavori è possibile riscontrare un punto comune: l’importanza del genius loci per la competitività del Paese.
Per riemergere come sistema Italia e per ri-valorizzare nuovamente il brand Made in Italy occorre puntare, tra l’altro, sulle specificità e competenze territoriali, considerando le mutevoli esigenze della domanda. La vocazione-tradizione territoriale, quando è accompagnata da idonee strategie manageriali, diventa un volano di crescita non solo per l’ambito di origine ma anche per ulteriori tipologie produttive e territori. La competitività dell’effetto country of origin passa oggi dalla capacità di far uso dei vantaggi offerti dal web, il quale consente di “fare sistema” in modo più agevole rispetto ai consueti modelli cooperativi.
Il costo della cooperazione, infatti, sul web si riduce. Si pensi, a tal proposito, alle opportunità che i marketplace di territorio possono offrire, allorquando questi siano pensati e gestiti in chiave di strumenti di promo-commercializzazione comune, senza far perdere l’autonomia ai vendor presenti. Si tratta di traslare il genius loci dal tradizionale ambito fisico all’ambito virtuale, sì da consentire il perpetuarsi della tradizione produttiva dei luoghi di origine in un’ottica di internazionalizzazione, abilitata dall’e-commerce.
I trend di vendita di questo canale distributivo, infatti, evidenziano la vivacità delle produzioni agroalimentari di qualità quando queste riescono a presentarsi non come un prodotto banale, ma come un bene esperienziale, capace di trasferire le potenzialità narrative dei luoghi d’origine anche online. Il website diventa così uno spazio che tramite foto, video e testi racconta dell’intuito, dello studio e della manualità degli uomini e delle donne dell’azienda; trasferire tali “sensazioni” significa rendere peculiare, quindi competitivo e non replicabile, il prodotto agevolando lo sviluppo del territorio d’origine.