Smaterializzazione di luogo e orario di lavoro e la conseguente flessibilità spazio-temporale rappresenta l’essenza dell’apporto delle tecnologie digitali in materia di organizzazione del lavoro. Il digitale, in termini generali, ha sdoganato un approccio “always on” e “working anywhere, anytime”, che rende complesso delineare i limiti di esigibilità delle prestazioni lavorative. Il problema risiede in certe dinamiche di aspettativa, per cui i lavoratori è come se debbano essere sempre disponibili e reperibili.
In particolare, nell’annus horribilis 2020 segnato dalla pandemia, la pratica del telelavoro (impropriamente anche se correntemente chiamata “Smart working” in Italia) ha attirato sempre più l'attenzione sulle questioni della connettività costante e dell'offuscamento dei confini tra orario lavorativo e non. Ecco, quindi, perché il diritto alla disconnessone assume importanza fondamentale nell’ambito delle attuali tecnologie che consentono la rintracciabilità del lavoratore , lasciando che le tempistiche di lavoro e di riposo si intersechino continuamente in quella che viene definita “Time porosity”, al punto che ne venga compromessa la sfera personale del lavoratore. Si tratta, nei fatto di un invasione nel tempo personale del lavoratore, dilatandone le richieste, allontanandosi dal tanto decantato obiettivo di una migliore conciliazione tra vita e lavoro (work-life balance).
Infatti, secondo una ricerca condotta da Eurofound, le persone che lavorano abitualmente da casa hanno più del doppio delle probabilità di lavorare oltre le 48 ore settimanali massime previste rispetto alle persone che lavorano nella sede del datore di lavoro. Circa il 30% dei telelavoratori ha dichiarato pure di lavorare nel proprio tempo libero tutti i giorni o più volte alla settimana, a fronte del 5% di coloro che lavorano in ufficio.
Vale la pena, allora, specificare cosa s’intende per diritto alla disconnessione. Nel concreto, tale concetto fa riferimento al diritto del lavoratore all’irreperibilità, e a non essere soggetto a richieste provenienti dal datore di lavoro fuori orario, potendosi così disconnettersi dalle tecnologie che consentono la rintracciabilità.
In questa direzione, il primo paese a regolamentare il diritto alla disconnessione è stata la Francia dal 1° gennaio 2017. Seguendo un approccio “balanced promote-protect”, nel medesimo anno la stessa Italia ha disciplinato, con alcune differenze significative, tale ambito con l’art.19 della legge 81/2017, recante “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”, stabilendo il riconoscimento, sia pure in maniera indiretta, dei lavoratori in modalità agile (il c.d. già citato Smart working). La norma prevede però un accordo individuale, che va definito tra le parti e che va a disciplinare, tra gli altri istituti, i tempi di riposo del lavoratore nonché le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro. A livello legislativo, poi, in Italia, a differenza dalla Francia, la disconnessione non è intesa come un diritto ed è appunto rimessa alla regolamentazione della stessa alla negoziazione tra gli attori interessati.
Il tema in questione è, tuttavia, ancora “giovane” e bisognoso di specifiche e regolamentazioni. Va sottolineato, però, più che sul versante legale, la disconnessione ha già conosciuto alcune esperienze applicative, addirittura precedenti rispetto alla legge 81/2017, regolate da accordi collettivi aziendali. Ad esempio, nell’accordo stilato da Barilla il 2 marzo 2015 con i suoi dipendenti, seppur non venga menzionata la disconnessione, si precisa che “durante lo svolgimento dello Smart working, nell’ambito del normale orario di lavoro, la persona dovrà rendersi disponibile e contattabile tramite gli strumenti aziendali”, in virtù del fatto che in mancanza di una specificazione, la disconnessione dovrebbe essere garantita in tutto l’arco temporale oltre l’orario in questione.
In questo quadro, e in forza delle conseguenze in materia esacerbate dalla pandemia, si inserisce l’iniziativa dell’Unione europea. La Commissione per l'occupazione e gli affari sociali del Parlamento europeo ha, infatti, adottato una relazione di iniziativa legislativa in cui invita la Commissione a proporre una direttiva dell'UE che stabilisca requisiti minimi per il diritto alla disconnessione. Attualmente non esiste un quadro giuridico europeo che definisca e disciplini direttamente il diritto alla disconnessione in termini di diritto comunitario. La direttiva sull'orario di lavoro fa riferimento a una serie di diritti che riguardano indirettamente questioni simili. A perorare la causa di tale iniziativa legislativa vi sono già il principio 10 del pilastro europeo dei diritti sociali, che prevede un ambiente di lavoro sano, sicuro e adeguato e la protezione dei dati; e il principio 9 dello stesso che stabilisce l'equilibrio tra vita professionale e vita privata. La relazione è stata elaborata dopo un'ampia consultazione di esperti e parti interessate, e mira a riaffermare il diritto di non ricevere sollecitazioni professionali al di fuori dell'orario di lavoro nel pieno rispetto della legislazione sull'orario di lavoro e delle disposizioni in materia nei contratti collettivi e nelle disposizioni contrattuali. Stabilisce, inoltre, requisiti minimi sull'uso degli strumenti digitali a scopi lavorativi al di fuori dell'orario di lavoro, con l'obiettivo di creare, nel tempo, una cultura che eviti i contatti lavorativi al di fuori dell'orario di lavoro. La relazione sottolinea il ruolo importante delle parti sociali nell'attuazione del diritto alla disconnessione e la necessità di soluzioni su misura che rispondano alle necessità e ai vincoli specifici delle aziende. Il suo relatore, il maltese Alex Agius Saliba (S&D), ha affermato in proposito che “Non possiamo abbandonare milioni di lavoratori europei che sono stremati dalla pressione di essere sempre connessi e da orari di lavoro troppo lunghi. Ora è il momento di stare al loro fianco e dare loro ciò che meritano: il diritto di staccare la spina. Questo è vitale per la nostra salute mentale e fisica. È tempo di aggiornare i diritti dei lavoratori in modo che corrispondano alle nuove realtà dell'era digitale”. Sarà interessare vedere come e in che termini la Commissione darà seguito ad azioni su questa tematica.