Per comprendere la crescita dei servizi di delivery, esplosi durante la pandemia, si può prendere come esempio la storia di Glovo in Italia: passata da un team di 8 persone in coworking a fine 2016, all'inaugurazione a metà giugno 2022 dell'headquarter a Milano, una sede di 1.000 mq nell'edificio Giardini d'Inverno, progettato dallo studio Caputo Partnership International, ma la società ha sedi anche a Roma, Torino e Palermo e un totale di 500 persone, senza contare le migliaia di rider sparsi sul territorio.
La crescita del delivery in Italia, Glovo inaugura una sede a Milano
"Siamo passati da due città nel 2017 -dice Elisa Pagliarani, general manager di Glovo Italia- a essere oggi in tutti i comuni con più di 20.000 abitanti, quindi copriamo circa 600 città. L'Italia è il nostro secondo mercato, e in particolare nel nostro paese stiamo investendo più di 150 milioni di euro nel 2022 per portare questo nuovo canale di vendita a tutti i nostri partner". Investimenti non solo nell'infrastruttura tecnologica, essenziale per il business, ma anche brick and mortar, visto l'apertura di un food corner a Torino e la presenza di 15 dark store, di cui 5 a Milano.
Del resto i numeri del delivery sono eloquenti: nell'ultimo anno in Italia gli ordini sono cresciuti del 74% nel food delivery e del 200% nel segmento spesa. Il gruppo spagnolo, secondo unicorno del paese iberico, punta a triplicare il valore degli ordini nel 2022 in Italia, superando 1 miliardo di euro dagli attuali 300 milioni. Il settore del delivery è stato capace di crescere del 55% negli ultimi anni: dai 592 milioni di euro nel 2019 ai 917 milioni del 2020 fino a toccare 1,4 miliardi di euro nel 2021.
Quali sono i settori che fanno uso del quick commerce
Il ruolo di Milano per Glovo
Quinta città al mondo per ordini dopo Bucarest, Madrid, Barcellona e Tblisi, il picco degli ordini si registra nelle finestre temporali tra le 13-14 e le 20-21
Uno studio di Confcommercio Milano, Lodi, Monza e Brianza, focalizzato sulla città di Milano, un laboratorio avanzato per organizzare la "città in 15 minuti", ha raccolto il sentiment delle aziende del terziario sul delivery. Il settore maggiormente rappresentato è la ristorazione, con il 33%, seguito dal dettaglio non alimentare, che pesa il 24% e il dettaglio alimentare in sede fissa (la spesa da iper e supermercati) con l'11%, stessa percentuale dei servizi.
Quali sono i settori maggiormente rappresentati dal #delivery
33% ristorazione
24% dettaglio non alimentare
11% dettaglio alimentare
11% servizii dati di @Confcommercio nella ricerca per @Glovo_IT pic.twitter.com/42TSmsxEZL
— Mark Up (@Mark_Up_) June 22, 2022
Le imprese del territorio hanno mostrato una buona conoscenza di questa modalità di vendita: il 42% di esse ne faceva uso già dal 2019, il 42% lo ha iniziato a usare nel 2020, come risposta alle chiusure imposte dalla pandemia, e il 12% lo ha iniziato a utilizzare dallo scorso anno. "Un business incrementale", lo definisce Elisa Pagliarani, del resto il 35% dei rispondenti al sondaggio dichiara che il delivery sul il fatturato vale dal 20% in su, mentre per il 4% incide per oltre il 50% del fatturato. Una risposta anche al dubbio che era sorto durante una puntata del nostro podcast #Markuptech.
Le esperienze di ristorazione, retailer e industria del largo consumo
Durante la presentazione della ricerca di Confcommercio sono state anche presentate le esperienze con il quick commerce di quattro realtà di settori diversi: Coca Cola Hbc, Iper La grande i, Kiko Milano e La Piadineria, questa settimana su gdoweek pubblicheremo il video con le loro impressioni, #staytuned.
Le esperienze con i servizi di #delivery raccontate da@CocaColaIT Davide Franzetti@KikoMilanoINT Dario D'Ingeo#iperLagrandei Sara Colombo@LaPiadineria Andrea Valota pic.twitter.com/wnLqGmZaZd
— Mark Up (@Mark_Up_) June 22, 2022