Quando chiesi, non tanti anni fa, in un comitato interno, quali fossero i processi innovativi in corso in Francia sulla formula ipermercato, un vecchio e importante dirigente francese mi rispose che l’ipermercato andava bene così, successo immutabile nel tempo. Adesso arriva la sberla in faccia dell’ineluttabile effetto del ciclo di vita di un prodotto. Ciclo di vita che in questa fase di evoluzione tecnologica e sociale è reso più breve dai ritmi di cambiamento convulsi e violenti. I Millennials stanno abbandonando le proposte televisive, meno macchina più bici, meno proprietà più possesso, hanno livelli di education senza precedenti nella storia dell’umanità, illimitato accesso alle informazioni, pensatori indipendenti (non è detto migliori) o non ideologizzati, nativi digitali, sempre connessi. Il mondo della logistica è in piena rivoluzione e totale ripensamento, anche il settore office con il coworking e lo smart working con uffici dove ci si siede dove si vuole con desk sharing e ambienti creati per il benessere psico-fisico, dove ci si collega ovunque con i propri device. Tutti più responsabilizzati sui risultati, più che su processi pre-definiti. Nei centri commerciali siamo in attesa dei nuovi processi di vendita, con commesse evolute dotate di software in grado di informare sul prodotto richiesto dal cliente di fronte (capendone meglio le esigenze) e favorendo la vendita anche online. Mi sembra però che per arrivarci manchi ancora un fattore importante: un dialogo serrato, fra i tre soggetti implicati nel processo di vendita (retailer, immobiliare, fornitori di servizi) con cui mettere in comune singole esperienze, necessità e dati, al fine di porre sempre più al centro il cliente.
Il ciclo di vita incombe
Gli opinionisti di Mark Up (da Mark Up n. 257)