In Italia operano 137 mercati all’ingrosso: un numero sei volte superiore a quello di Spagna e Francia. Da questi hub transita circa il 50% dell'offerta ortofrutticola complessiva, il 33% di quella ittica e il 10% delle carni, quote che, ad eccezione dell'ortofrutta, risultano significativamente inferiori a quelle di analoghe realtà di altri paesi Ue. È quanto emerge dall'indagine I mercati all'ingrosso nella filiera agroalimentare presentata al Cnel e condotta da Ismeapresso il network di riferimento di Italmercati, partner dell'iniziativa.
Snodi centrali nel commercio di prodotti freschi e freschissimi, con un importante ruolo nella valorizzazione delle produzioni locali e stagionali, nella tracciabilità di filiera e nella sicurezza igienico-sanitaria, i mercati all'ingrosso stanno evolvendo verso un modello di hub multifunzionale capace di offrire una molteplicità di servizi in aggiunta alla tradizionale funzione di intermediazione commerciale, logistica e stoccaggio delle merci.
Il sistema italiano dei mercati all’ingrosso è una realtà molto frammentata, dove alla maggiore densità di strutture rispetto ai partner europei corrisponde un giro d'affari più contenuto, ma con un potenziale ruolo cruciale nel favorire un riequilibrio nella distribuzione del valore lungo la filiera agroalimentare.
"In una congiuntura difficile per le imprese, con ricadute soprattutto sulla tenuta dei redditi, schiacciati dagli alti costi di produzione -ha commentato il direttore generale di Ismea Maria Chiara Zaganelli-, i mercati all'ingrosso possono assumere un importante ruolo di stimolo per favorire un processo virtuoso, indirizzato a una più equa ripartizione del valore lungo la filiera e meno penalizzante per le imprese agricole, l'anello strutturalmente più debole”.
L’agroalimentare in Italia
Nel quadro Ismea dipinto da Chiara Zaganelli il panorama della filiera agroalimentare ha visto rientrare il problema dell’inflazione, ma è ancora governato molte incertezze per la situazione internazionale. In questo contesto la spesa alimentare delle famiglie è arrivata a 196 miliardi di euro e quella extradomestica nella ristorazione a 93 miliardi.
L’agroalimentare italiano nel 2023 ha creato 77,2 miliardi di valore aggiunto pari al 4,1% del Pil. Numerose sono le imprese che animano la filiera agroalimentare tra cui le imprese agricole (1.133.023) le imprese dell’industria alimentare (68.489), le imprese della distribuzione (28.526) le imprese del commercio al dettaglio tradizionale e ambulante (136.000), le imprese della ristorazione (392.535) e i consumatori (58.997.201).
Gli anelli più deboli di questa catena sono all’inizio e alla fine, ovvero gli agricoltori e i consumatori. Fuori da questa filiera, ma accanto ad essa, ci sono le imprese di intermediazione del commercio all’ingrosso che sono 84.405 e collegano i vari attori a diversi livelli della filiera.
I mercati all’ingrosso
Lo studio di Ismea presso il network di Italmercati, costituito da una rete di 22 strutture, distribuite in 14 regioni italiane, quantifica per i mercati all’ingrosso un giro d'affari di 115 milioni di euro, in calo del 3,2% sul 2022. Un valore che raggiunge la cifra di 11 miliardi di euro in crescita del 4.2% sull’anno precedente se si considerano anche le attività delle 4.116 imprese operative nei mercati, tra distributori, aziende agricole, bar, ristoranti, facility provider e servizi accessori, con il coinvolgimento quotidiano di 26.000 addetti.
Il 76% delle aziende agricole non instaura rapporti diretti con i mercati all’ingrosso e preferisce avvalersi di intermediari, soprattutto perché è conscia di non avere personale aziendale da dedicare alla vendita negli orari di apertura dei mercati.
Dal punto di vista logistico tutti i mercati all’ingrosso operano nelle immediate vicinanze di uno svincolo autostradale, oltre la metà nei pressi di un aeroporto, il 50% vicino a uno scalo merci ferroviario, quasi un quinto in prossimità di un porto commerciale. Una collocazione favorevole anche rispetto alle produzioni commercializzate, con il 65% delle strutture che si trova all’interno di un distretto agroalimentare o di areali di produzione di qualità riconosciuta (a marchio dop-igp), a riprova dello stretto legame con le imprese del settore primario.
L'origine del prodotto che transita da questi hub commerciali è prevalentemente nazionale, con una quota rilevante di produzioni locali, provenienti cioè da una distanza massima di 100 km, ad eccezione delle carni, costituite per lo più da prodotti d'importazione. Più in dettaglio, le merci locali sono oltre la metà dei prodotti florovivaistici, un terzo degli orticoli e degli ittici, un quinto della frutta. Queste realtà, accanto alle attività strettamente connesse al core business, contribuiscono anche alla produzione di energia rinnovabile, con il 60% delle strutture che ha investito in questo settore con l'installazione di impianti in parte finanziati dal Pnrr. La previsione è di arrivare, entro il 2026, a una quota di energia autoprodotta pari a quasi la metà del fabbisogno. Inoltre il 53% dei mercati si è dotato di sistemi innovativi di rilevazione di prezzi e volumi. Questo è stato possibile anche grazie allo stanziamento dei fondi Pnrr del 2022 di cui hanno usufruito 14 mercati aderenti alla rete Italmercati attraverso agevolazioni per un totale di quasi 12 milioni investiti in efficienza energetica, sostenibilità, digitalizzazione, logistica dell’ultimo miglio, economia circolare e riduzione degli sprechi.
Nel tempo è cambiata la clientela di questi mercati costituita oggi per la maggior parte dal dettaglio tradizionale (37%), dalla distribuzione moderna (18%) dai mercati rionali (17%) e da intermediari esportatori italiani ed esteri (17%).
Si fa sempre più spazio il prodotto locale rilevante per i fiori, l’ittico le colture orticole. Quanto al riuso quasi tutte le strutture hanno delle attività. L’88% dona a enti caritatevoli e il 59% ha al proprio interno spazi dedicati a questi enti per il ritiro dell’invenduto. Ci sono poi forme di vendita diretta ai cittadini extra mercato (18%).
Nel futuro le azioni di intraprendere secondo gli attori dei mercati riguardano la maggiore flessibilità degli orari di consegna (59%), la presenza di piattaforme logistiche di smistamento proprietarie nelle aree urbane (29%). Molti vorrebbero riavvicinarsi alla città.
La visione di Italmercati
Nel futuro dei mercati all’ingrosso c’è da risolvere soprattutto il problema della frammentazione che ha portato molte delle strutture a perdere rilevanza e strategicità per il Paese e ha, al contempo, fatto perdere la visione d'insieme del settore. “La rete di Italmercati nasce proprio dalla sentita esigenza di porre rimedio a tale frammentazione, per fare sistema e lavorare in sinergia con medesime caratteristiche e visione futura" ha dichiarato il presidente di Italmercati Fabio Massimo Pallottini.
“Oggi la sfida è sulla funzione locale dei mercati all’ingrosso -ha proseguito Pallottini- valorizzando la produzione territoriale attorno ai centri urbani. Le funzioni strategiche e di interesse pubblico dei mercati all’ingrosso sono appunto la valorizzazione della produzione locale, la formazione del prezzo e la trasparenza”. A questo scopo secondo il presidente Italmercati occorre un sistema di rilevazione dei prezzi tra mercati e Ismea in modo che il decisore pubblico sappia i prezzi delle referenze che vengono movimentate ogni giorno. La partecipazione pubblica a Italmercati diviene quindi, per Pallottini, rilevante, perché i mercati sono garanti della sicurezza e la qualità degli alimenti, dello stoccaggio, della lavorazione, della trasformazione, della logistica dell’ultimo miglio, e sono il presidio della filiera distributiva tradizionale, contribuendo alla riduzione degli sprechi alimentari, oltre ad essere agenti di collegamento tra città e aree rurali.
Lo sviluppo futuro dei mercati, dovrebbe dunque essere accompagnato da un percorso di aggregazione delle realtà esistenti in strutture moderne, più grandi ed efficienti, con evidenti ricadute positive, quali un efficientamento della catena logistica e una minor dispersione degli investimenti, come indicato anche dal Masaf. Inoltre, in un contesto in cui gli strumenti della attuale Pac non bastano più ad assicurare un adeguato sostegno agli agricoltori, diventa cruciale il ruolo equilibratore dei mercati all'ingrosso nell'ambito della filiera agroalimentare per renderla più efficiente più equa e meno penalizzante per i produttori agricoli.
Da queste premesse nasce la proposta illustrata nel corso della giornata dal presidente di Italmercati per creare un network dei mercati strategici atto a condividere le politiche di settore a livello regionale e nazionale che possa accedere a linee di finanziamento che ne garantiscano l'evoluzione delle strutture stesse e degli operatori. Altra proposta è quella di rafforzare il ruolo dei mercati come operatori della filiera, aumentando il coinvolgimento e integrazione nel sistema della gdo e la loro collaborazione con le organizzazioni di produttori. Infine Italmercati vorrebbe aprire un tavolo di lavoro sulla logistica e potenziare il settore ittico, ma anche collaborare con i tavoli istituzionali quale interlocutore su temi come la nuova Pac e i progetti di filiera.
Proposte politiche e dell’associazionismo imprenditoriale
Tra coloro che vorrebbero i mercati all’ingrosso più vicini alle città Renato Brunetta, presidente del Cnel, il quale ha insistito sul valore della rete nel territorio. “Le transizioni ambientali, politiche, sociali hanno bisogno di densità rappresentativa e organizzazioni di rete come Italmercati. Chi ha una rete -ha proseguito Brunetta- ha il dovere di guardare al futuro, con compiti di integrazione”.
Il ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida ha sottolineato il ruolo identitario del settore agroalimentare ricordando il potenziamento dei controlli attraverso il coordinamento della cabina di regia a contrasto delle pratiche sleali, e l’incremento delle risorse di Ismea per i sistemi informatici. “L’obiettivo -ha detto- è garantire la trasparenza nel rispetto di ogni anello della filiera senza abusi di potere”. Il Masaf ha inoltre investito 150 milioni di euro a favore la logistica e per garantire e incrementare un modello di sviluppo dei mercati che sia sostenibile da ogni punto di vista. Anche Lollobrigida si è pronunciato a favore di una riorganizzazione del sistema dei mercati: “Abbiamo un numero di mercati superiore a quanto sia necessario per una logistica adeguata e competitiva. Come ministro vorrei che il ragionamento che è stato avviato tra gli operatori ci metta in condizione di efficientare il sistema, perché troppi mercati che fanno le stesse cose non garantiscono un miglior servizio”.
Il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti è intervenuto ugualmente sulla necessità di razionalizzazionedei mercati all’ingrosso a patto di garantire la sicurezza degli standard di qualità, creando valore per tutti gli attori della filiera. “Gli agromercati devono rappresentare un link di connessione tra cittadino e comunità rurali, e non dovrebbero essere più di 5 grandi hub tra Nord, Centro, Sud e isole, mentre tutti gli altri dovrebbe diventare satellitari secondo un modello incentrato sulla sostenibilità della produzione”.
Cristiano Fini, presidente Cia agricoltori italiani, ha sottolineato invece quanto la frammentazione, oltre a essere un problema dei mercati, è un problema anche per le imprese agricole. “È molto importante avere degli hub strategici all’interno dei territori dop e igp, come avere una logistica che consenta di esportare i prodotti”. Favorevole, con Pallottini, ad un osservatorio sui prezzi quale meccanismo virtuoso per la trasparenza.
Tutti i rappresentanti del settore agricolo insistono inoltre sul problema della Pac priva di adeguate risorse. In particolare Ettore Prandini, presidente di Coldiretti. “È fondamentale che le risorse della Pac siano rivolte ai produttori agricoli quasi esclusivamente” ha affermato. Bisogna quindi, secondo Prandini, lavorare a livello europeo per trovare investimenti nell’ambito di diverse programmazioni come Repowereu, adatta per gli investimenti in politica energetica, oppure nei fondi di coesione “che spesso ci lasciamo sfuggire”. “Sicuramente -ha dichiarato il presidente Coldiretti- siamo stati privati di una programmazione adeguata con la Pac, ma è anche vero che quando ci vengono messe a disposizione delle misure occorre saper sfruttarle”. Anche Prandini è a favore della razionalizzazione dei mercati, un progetto che tuttavia ritiene irrealizzabile se non ci saranno investimenti a livello infrastrutturale, considerando che ogni anno per questa dispersione “perdiamo 9 miliardi a livello di competitività, e perdiamo anche a livello logistico”.
Paolo De Castro europarlamentare interviene sul futuro proprio della Pac. “La Pac non può avere soggetti beneficiari che non siano agricoltori, e il primo problema è il budget pluriennale parte con un taglio significativo”. Come Prandini, De Castro suggerisce soluzioni alternative. “La volta precedente prendemmo risorse dal programma Next Generation Eu destinandole all’agricoltura, ma ora abbiamo un grande problema perché si parte da un bel buco cui si accompagna il danno dell’inflazione”. De Castro traccia il programma che si trova davanti la nuova Commissione europea. Tra le prime direttive da affrontare quelle sulle pratiche commerciali sleali. “C’è un’agenda ben definita su questa direttiva che sta funzionando, ma è fondamentale anche il lavoro fatto in Italia”. Nel futuro per l’Italia sarà importante entrare in maniera più precisa sulla distribuzione di valore lungo la filiera, il che darà maggiore forza ed equilibrio alla filiera stessa. “Questo è il primo obiettivo in cui i mercati all’ingrosso possono giocare un ruolo fondamentale nella determinazione del prezzo”.
Nel quadro europeo il più grande problema è il bilanciamento tra le soluzioni ambientali e quelle economico sociali. “Il green deal sarà il tema della prossima legislatura e il modo in cui entriamo nel merito delle proposte sarà decisivo: è chiaro che bisogna ridurre l’impatto dei fitofarmaci in agricoltura, ma dobbiamo anche dare alternative alle imprese per non farle fallire”. “Se mettiamo un limite del 50% di uso dei fitofarmaci dobbiamo anche dire alle aziende come gestire questa transizione”. Poi, secondo De Castro, subito bisognerebbe cominciare a immaginare la nuova Pac dove potrebbero avere un ruolo i mercati all’ingrosso, quale sistema di collegamento tra prezzo e sicurezza. Infine andranno discusse le programmazioni orientate al consumatore. “Abbiamo tamponato, ma non risolto il problema del Nutriscore, dovremmo ora vedere l’etichettatura salutistica, e quella di origine, cui tiene in modo particolare l’Italia, perché molti prodotti che entrano in Europa non hanno lo stesso controllo dei nostri e in tutte queste battaglie i mercati all’ingrosso possono giocare una partita rilevante”.
Le esportazioni
Le esportazioni dell’agroalimentare italiano sono strategiche per l’economia e continuano a migliorare. Dopo +5,7% del 2023 segniano un +6,2% nel primo trimestre 2024 con incremento anche dei volumi secondo quanto attesta il direttore generale di Ismea Maria Chiara Zaganelli.
Matteo Zoppas presidente Ice ribadisce questo valore: “L’Italia rappresenta il 10% dell’export agroalimentare della Unione europea”. Tuttavia ancora oggi molte aziende hanno difficolta nelle esportazioni perché “il vero problema nell’entrare in un mercato straniero è trovare la corrispondenza locale che raggiunga i clienti”.
Sicuramente il marchio made in Italy apre molte porte, “ma dobbiamo andare oltre” avverte il presidente di Ice. “Bisogna cercare di aprirsi a canali distribuitivi dove non c’è l’italianità come specializzazione, bisogna raggiungere tutti gli altri”.
A questo asset fondamentale corrispondono una serie di azioni di Ice che ha promosso 120 attività internazionali nel 2023 di cui 56 fiere all’estero. Sono stati invece 2000 i buyer portati in Italia e 14 i workshop. Inoltre, lo scorso anno Ice ha stretto 7 accordi con la gdo straniera grazie ai quali le imprese italiane non presenti all’estero hanno potuto mettere in vendita le proprie referenze sugli scaffali degli store internazionali. Attiva anche la formazione con i webinar, mentre nel mondo gli 80 uffici Ice assistono le imprese fornendo liste di clienti, facendo networking, e aiutando nelle certificazioni e nelle pratiche doganali.
“Siamo il nono Paese per export agroalimentare in crescita del 10% nell’export, ma dobbiamo avere una politica agricola comune e un insieme regole per promuovere la centralità e il peso del settore dell’agricoltura” ha concluso Zoppas.