La filiera estesa dei centri commerciali produce un valore aggiunto (57,3 miliardi di euro, 2022, pari a circa il 3% del Pil italiano) che corrisponde a 2,3 volte il VA dell'industria alimentare, a 2,4x il VA del tessile-abbigliamento e addirittura a 8,1x del VA della produzione di mobili. È uno dei dati più interessanti della mappatura della filiera dei centri commerciali, realizzata da The European House Ambrosetti creando un database pluriennale di circa 2,5 milioni di osservazioni. Considerando anche il manifatturiero e i servizi attivati a monte e a valle da questa filiera, i centri commerciali nel 2022 hanno generato 226,6 miliardi euro di valore aggiunto in Italia, pari al 12% del Pil del Paese. L'occupazione ammonta a 730.000 addetti, 4 miliardi di euro gli investimenti realizzati, 130 miliardi di euro di fatturato
“La filiera core dei centri commerciali rappresenta un volano di crescita economica per il Paese, con un elevato coefficiente di attivazione economica e occupazionale: ogni euro di valore aggiunto generato nella filiera core dei centri commerciali ne attiva ulteriori 1,10 nel resto dell’economia italiana e ogni persona occupata dal comparto sostiene più di un posto di lavoro aggiuntivo nell’economia” aggiunge Valerio De Molli, managing partner e ceo di The European House - Ambrosetti.
I risultati dello studio (position paper) sono stati presentati e discussi a Roma, nella Nuova Aula dei Gruppi Parlamentari, con il ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin e il segretario generale dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, Guido Stazi.
“Una sfida ambiziosa come quella della decarbonizzazione coinvolge necessariamente anche realtà economiche importanti come i centri commerciali -commenta Gilberto Pichetto Fratin-. Considerato il potenziale del contributo dei centri commerciali alla decarbonizzazione del nostro sistema energetico, credo sia necessario ragionare insieme su assetti normativi e strutturali che potranno favorire il protagonismo dei centri commerciali nella crescita sostenibile del Paese attraverso la transizione energetica".
"I grandi centri commerciali rappresentano un importante volano non solo in termini di crescita economica e competitività del Paese, ma anche di sviluppo sostenibile e quindi vanno incoraggiati a organizzarsi secondo modelli sempre più virtuosi -aggiunge Guido Stazi, segretario generale Autorità garante della concorrenza e del mercato-. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha sempre auspicato, nella sua attività di advocacy, la più ampia liberalizzazione del settore, pronunciandosi molte volte in merito a normative nazionali o locali che potevano restringerne o comprometterne le dinamiche concorrenziali e sulla necessità di trovare un equilibrio rispetto allo sviluppo del commercio on line, per altro oggetto di un’intensa attività di enforcement da parte dell’Autorità a tutela dei consumatori”.
“Stiamo vivendo un momento cruciale per il Paese, sia in termini di rilancio e crescita, sia di adeguamento ai principi Esg: in questo contesto sicuramente sfidante, riteniamo che la filiera dei Centri Commerciali rappresenti un fattore chiave per lo sviluppo industriale, oltre che una risorsa molto importante grazie al valore economico e sociale che genera ha commenta Roberto Zoia, Presidente del Consiglio nazionale dei centri commerciali-. Dall’analisi realizzata da The European House-Ambrosetti emerge, con dati oggettivi, il ruolo strategico dell’Industria dei centri commerciali, ma anche alcune distorsioni in termini di asimmetrie competitive che non consentono di esprimere il pieno potenziale a beneficio della collettività e delle migliaia di operatori che investono e lavorano nei centri commerciali, tema su cui intendiamo continuare a impegnarci per una concorrenza libera ma anche paritaria”.
La permacrisi e l’impatto sui consumi
Non era mai successo dal Dopoguerra, che così tanti fattori negativi (eufemismo!) si alleassero tutte insieme per attentare alla pace e alla stabilità del mondo. La situazione prodotta si concreta in termini socio-economici nella perma-crisi, ovvero un periodo prolungato di instabilità e insicurezza. In questo senso, la slide presentata da Valerio De Molli, managing partner e ceo di The European House - Ambrosetti, e che vedete qui sopra, parla da sola. In questo contesto difficoltoso per la tenuta e la crescita del Paese, i consumi, alimentari e non alimentari, assumono una rilevanza chiave rappresentando il 60% del Pil Italiano. Tuttavia, la spesa delle famiglie italiane in beni di consumo è stagnante da circa un decennio, fenomeno strettamente legato al potere d’acquisto delle famiglie, con i salari reali rimasti immobili negli ultimi 30 anni.
Molteplici fattori di crisi attuali rischiano di frenare ulteriormente i consumi, a partire da quelli delle famiglie meno abbienti. L’inflazione colpisce, infatti, i consumatori con effetti asimmetrici: la spesa incomprimibile pesa 21 punti percentuali in più sul bilancio familiare del quintile più povero. Anche per questo motivo la pandemia ha inciso sulle abitudini di consumo degli italiani principalmente a causa della ridotta disponibilità economica delle famiglie.
Centri commerciali grandi e integrati nelle città, i preferiti
Secondo The European House – Ambrosetti, tra chi dichiara di aver cambiato le proprie abitudini, quasi 7 italiani su 10 affermano di acquistare meno rispetto al periodo pre–pandemico. All’interno di questo scenario, i centri commerciali – luoghi in cui i consumatori vanno maggiormente a fare acquisti– si trovano di fronte a un’importante prova di cambiamento. In particolare, si registra una tendenza a preferenze per centri commerciali caratterizzati da maggiori dimensioni (25,1%) e più integrati nelle città (34,4%).
Quasi 6 consumatori su 10 sono interessati, oltre all’acquisto di beni, a una maggiore diffusione di servizi sociali (asili nido, biblioteche, servizi medici) all’interno delle gallerie. I centri commerciali hanno quindi il potenziale di affermarsi sempre più come luogo di incontro e interazione sociale, attraverso l’integrazione di queste nuove tendenze.
Asimmetrie tra commercio fisico e online
È un tema molto caro al Cncc, sposato anche da Roberto Zoia, che non manca di sottolineare le disparità tra piattaforme online e retailer fisici, generatrici di asimmetrie competitive, corrette solo parzialmente dalla recente evoluzione normativa in materia di tutela della concorrenza. In particolare, emergono standard eterogenei con riferimento a:
- tutela ambientale e sociale. I retailer fisici sono soggetti a standard energetici elevati e sono chiamati a rispondere con una responsabilità diretta rispetto alle caratteristiche e alla conformità dei prodotti venduti nei propri punti di vendita, mentre le piattaforme online si confrontano con vincoli logistici inferiori e un minor grado di tutela dei consumatori sui marketplace;
- pubblicità e promozione. I retailer fisici fronteggiano diverse limitazioni in termini di vendite straordinarie o saldi di fine stagione, mentre la pubblicità del prezzo più basso è utilizzata come strategia competitiva e di posizionamento sul mercato da parte delle piattaforme;
- gestione dei punti di vendita. Le barriere rispetto all’apertura di nuovi negozi fisici e alla riconversione merceologica dei retailer in attività senza una regolamentazione uniforme rispetto alle volumetrie degli spazi;
- dimensione d’impresa. L’autonomia regionale in materia di commercio acuisce le complessità burocratiche per i retailer fisici disincentivando strategie di scalabilità nazionale;
- L’assenza di un sistema di tassazione omogeneo a livello comunitario e valido per tutte le dimensioni aziendali determina uno svantaggio per i retailer fisici in termini di aliquote fiscali.
Centri commerciali, ruolo chiave per la transizione energetica
Per indagare il contributo dei centri commerciali sulla transizione energetica, The European House – Ambrosetti ha realizzato uno studio rivolto a un campione rappresentativo di aziende associate al Consiglio nazionale dei centri commerciali. È emerso come la transizione energetica sia determinante per la competitività economica del settore: nella metà dei centri commerciali intervistati, i costi energetici rappresentano più del 20% dei costi totali e per un quarto del campione oscillano tra il 10 e il 20% del totale.
L’installazione di pannelli fotovoltaici per la produzione di energia elettrica è considerata la leva principale per contribuire alla decarbonizzazione, anche se la diffusione su ampia scala è ancora limitata a solo un quarto del totale. Vi è quindi un ampio potenziale ancora non sfruttato e che, se utilizzato, permetterebbe all’Italia di raggiungere i target di riduzione dei consumi di energia e di decarbonizzazione più velocemente. In questo contesto, quasi il 65% dei rispondenti alla survey considerano l’autoconsumo diffuso come una valida leva per la propria transizione sostenibile.
Un potenziale installabile di oltre 1 Gw
Alcuni aspetti rendono i centri commerciali unici nel panorama economico nazionale: si pensi ai parcheggi che rendono disponibili ampie superfici pannellabili. Tenendo conto del potenziale di superficie disponibile (pari a 13 milioni di mq), dello spazio necessario per l’installazione di ogni pannello e l’esposizione delle superfici che devono essere orientate adeguatamente, è stata stimata una potenza fotovoltaica massima installabile nei centri commerciali di circa 1,1 GW (il 3,5% dell’attuale installato fotovoltaico).
I centri commerciali svolgono quindi un ruolo chiave nell’accelerare la transizione energetica, potendo attivare fino al 3,5% dell’attuale potenza installata fotovoltaica in Italia (pari alle emissioni catturate da 5,5 milioni di alberi). Installare 1,1 GW di pannelli fotovoltaici dimezzerebbe le emissioni totali del settore e genererebbe un beneficio economico complessivo per il Paese (lungo tutta la vita utile della tecnologia fotovoltaica) di circa 2 miliardi di euro, pari alla metà degli investimenti attuali della filiera dei centri commerciali.
Alcune raccomandazioni finali
Il Position Paper elaborato da The European House – Ambrosetti ha identificato alcune raccomandazioni focalizzate su due principali leve d’azione: le condizioni competitive e lo sviluppo sostenibile. Nel primo caso (leve competitive) è necessario riallineare gli obblighi e le condizioni tra piattaforme online e retailer fisici, e prevedere la partecipazione delle grandi imprese anche per le Comunità energetiche rinnovabili (Cer). In particolare, è auspicabile per l'industria dei centri commerciali la possibilità di beneficiare della tariffa incentivante anche per impianti con potenza maggiore di 1 MW per garantire la sostenibilità economica dell’investimento;
Altre raccomandazioni emerse dal paper The European House – Ambrosetti sono:
1) rafforzare con intervento normativo ad hoc, e non solo interpretativo tramite FAQ del Ministero, la possibilità per i centri commerciali di costituire un soggetto giuridico per i gruppi di autoconsumo collettivo;
2) possibilità di beneficiare degli incentivi statali per la realizzazione degli impianti rinnovabili non solo per realtà in comuni fino a 5.000 abitanti;
3) prevedere, nei casi di energia autoprodotta e consumata all’interno delle parti comuni dei centri commerciali, un incentivo nella stessa misura prevista dall’attuale normativa per l’energia condivisa tra più utenze.