di Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione
Si è svolta lo scorso 19 dicembre la seconda giornata di sciopero promossa dai sindacati per la mancata sottoscrizione del contratto di lavoro. L’agitazione era rivolta nei confronti di Federdistribuzione, Cooperazione e Confesercenti, le tre associazioni datoriali che non si riconoscono nell’accordo siglato da Confcommercio e che chiedono, per poter arrivare a una conclusione positiva delle negoziazioni, la definizione di proprie condizioni specifiche e distintive. La scelta della giornata di sabato 19 dicembre è stata consapevole e grave da parte delle OO.SS.: si trattava dell’ultimo sabato prima del Natale, momento decisivo per gli acquisti dei cittadini e, di conseguenza, per i risultati delle imprese. Anche per questo l’aspetto mediatico è stato molto forte: i sindacati hanno optato per una manifestazione nazionale a Milano invitando a rinunciare agli acquisti e Federdistribuzione ha acquistato pagine pubblicitarie per assicurare invece che non vi sarebbe stata alcuna interruzione nel servizio offerto ai clienti.
Spenti i riflettori e celebrata la ritualità dell’evento, occorre però ora rimettersi a lavorare seriamente. Tutti vogliamo dare un contratto ai lavoratori del settore, noi almeno quanto i sindacati. E tutti vogliamo che non siano penalizzati da questi anni di crisi, che pure hanno inciso in modo così rilevante sull’economia del settore. Occorre trovare un equilibrio che salvaguardi economicamente i lavoratori ma ponga le basi per tornare a crescere, facendo recuperare alle imprese le condizioni strutturali per sviluppare investimenti e nuova occupazione. Le aziende associate a Federdistribuzione, che hanno sempre voluto tutelare il potere d’acquisto dei loro clienti, hanno visto ridursi negli anni gli indicatori di redditività. Inoltre, il costo del lavoro, che rappresenta il 44% dei costi di gestione, è cresciuto, come incidenza sul fatturato, dall’11,2% del 2006 fino al 12,7% del 2014. Un’impennata che non può continuare con questa intensità. Diventa indispensabile recuperare produttività nel lavoro, come condizione imprescindibile per avviare un nuovo cammino di sviluppo. Un’operazione che si può fare, con concretezza, senza pesare sui lavoratori, ma affrontando il problema con realismo, al di fuori di slogan, posizioni ideologiche o precostituite.
Ciò che noi proponiamo è semplice: da un lato aumenti salariali nel triennio 2016-2018 allineati con l’inflazione prevista nel periodo per tutelate il potere d’acquisto dei lavoratori; dall’altro sviluppo del welfare aziendale di sostegno al reddito, rendendo più semplice ed efficiente la bilateralità, e rimodulando alcuni servizi, migliorandone l’efficacia soprattutto nel campo dell’assistenza sanitaria. Una base seria e credibile sulla quale tornare a discutere, abbandonando claim di comunicazione che ci attribuivano la volontà di ridurre le retribuzioni, di eliminare le attuali maggiorazioni per il lavoro domenicale e festivo, di cancellare gli scatti di anzianità o i passaggi automatici di livello. Se vogliamo fare passi avanti nelle negoziazioni e dare un contratto ai nostri lavoratori dobbiamo voltare pagina: accettare il fatto che le imprese associate a Federdistribuzione sono realtà “industriali”, organizzazioni complesse ben diverse dal dettaglio tradizionale, con esigenze specifiche e per le quali è inaccettabile la mera applicazione delle condizioni concordate dai sindacati con Confcommercio. Ma sono strutture che, una volta trovato un migliore equilibrio economico anche grazie a un contratto di lavoro coerente con le condizioni di contesto, sono in grado di rappresentare un potente volano di sviluppo del settore e dell’intera economia del Paese.
È questa, infatti, la prospettiva con la quale bisognerebbe tornare a mettersi intorno a un tavolo: impostare un nuovo contratto della Dmo per guardare avanti, superando la crisi senza penalizzare i lavoratori ma creando le premesse per una nuova fase di crescita.