L’edizione 2015 di Tuttofood, che si svolge in occasione dell’inizio di Expo Milano 2015, ospita la sezione Seafood made in Italy, un’innovativa opportunità che visto il numero di adesioni, risulta essere gradita alle aziende italiane del comparto. L’iniziativa si trova nei padiglioni 5 e 7 e coinvolge le rappresentanze istituzionali delle più importanti regioni -vedi Veneto e Campania- fra le cosiddette Regioni del Mare accantoalla presenza del Ministero delle Politiche agricole e forestali attraverso la Direzione generale della Pesca. Il progetto ideato da Gabriele Chiodi di Chiodi Consulting di Rimini -che è partner di Fiera Milano in questa iniziativa- mira a creare una più precisa identità ad un comparto che vale circa il 10% del Pil dell’intero settore agroalimentare italiano. L’elemento innovativo consiste nel fatto che per la prima volta si dà al comparto, nella sua interezza di produzione, trasformazione e commercializzazione, una giusta dimensione anche internazionale non confinandolo in piccole fiere regionali, come è avvenuto finora. Per affrontare i vari temi sul tavolo, Chiodi Consulting, partner la società Bugnion, ha organizzato all’interno di Tuttofood quattro dibattiti per i quali sono stati invitati imprenditori e distributori. Uno di questi: “Il mercato è sempre più blu: la gdo e le aziende del settore ittico s’incontrano. Prospettive, opportunità, sinergie” sarà moderato da Mark Up.
L’andamento 2014
Nel 2014 si è assistito ad un aumento del consumo di pesce del 2,1% a quantità rispetto al 2013, sia di prodotti freschi sia conservati, in particolare di prodotti essiccati come il baccalà (dati Ismea report novembre 2014). Negli ultimi anni si è assistito ad un progressivo ampliamento delle gamme di prodotti offerti dalle aziende che trasformano pesce, con la creazione di nuovi prodotti con maggiore livello di servizio, di alta gamma, pronti da cuocere o da mangiare, di facile preparazione e consumo. Anche il mercato delle conserve, come tonno e sgombro, rispettivamente con un +2.9% e +6,2% rispetto al 2013, segnalano il continuo successo nelle tavole degli italiani dei prodotti lavorati.
Il trasformato
Dagli ultimi dati Ismea, rispetto al 2013, emerge un aumento delle quantità di prodotto trasformato dell’1% con un sentiment positivo delle aziende nazionali del settore della trasformazione. Tali dati di crescita tendenziale, nel contesto attuale di crisi dei consumi, evidenziano le prospettive positive dei prodotti ittici. A conferma di questo basti il raffronto fra il consumo pro capite di pesce in Italia, attualmente di circa 20 kg, contro i 36 degli spagnoli o addirittura i 50 dei portoghesi.
L’Italia dipende dall’import
In questo contesto di crescita delle quantità consumate è importante evidenziare che l’Italia dipende per i tre quarti del suo fabbisogno dall’importazione di ittico da paesi Ue o extra Ue. Le quantità di pescato provenienti dai mari intorno alla Penisola sono, infatti, in costante diminuzione e il calo delle catture viene aggravato anche dall’aumento di costi di gestione delle unità di pesca. Le ripercussioni sul settore primario dell’economia ittica si notano nella dismissione di pescherecci grazie anche agli incentivi messi a disposizione dall’Unione Europea per la rottamazione degli scafi più obsoleti. Il pesce fresco nazionale distribuito nei mercati costieri soddisfa esigenze territoriali limitate, mentre sono in costante aumento le importazioni anche di prodotti freschi, catturati o allevati, provenienti da importanti paesi produttori come Francia, Olanda, Inghilterra, Danimarca e Norvegia. In più le reti logistiche consentono di approvvigionarsi facilmente, in tempi ragionevolmente brevi, di pescato proveniente dall’Oceano Atlantico e dai Mari del Nord Europa. Ciò è tanto più vero per il congelato, che rappresenta una buona parte del consumo nazionale, con import da tutto il mondo tramite navi porta container. Anche per tale fascia di prodotti, di più lunga conservazione, si rileva un consumo in progressivo aumento: nel 2014 rispetto al 2013 si è verificato un incremento dell’1,8% in quantità, soprattutto per i prodotti misti e i bastoncini di pesce.
Il ruolo della gdo
Quasi il 70% dei prodotti ittici passano attraverso le casse di super, iper, mentre i mercati ittici all’ingrosso, salvo i più importanti storicamente come ad esempio quelli Chioggia e San Benedetto del Tronto, dove vengono fissati i prezzi delle principali specie di pesce nostrano, perdono man mano importanza. I buyer però si approvvigionano direttamente dai principali fornitori esteri e tendono a centralizzare gli acquisti in grossi centri di smistamento, riuscendo a raggiungere capillarmente tutti gli store delle proprie insegne. I banchi pescheria ubicati all’interno delle grandi superfici di vendita hanno un’incidenza media del 3% sulla base dei ricavi totali, con ottime performance in termini di marginalità a seconda dell’ubicazione degli store. È chiaro che vi è differenza fra i centri costieri dove, tradizionalmente, sono presenti mercati del pesce locale e le città dell’entroterra. Interessante è notare come, proprio per l’evoluzione dello stile di vita cittadino, la vendita di prodotti take away abbia raggiunto quasi il 10% dei prodotti venduti a banco: e anche nelle catene si stia diffondendo la vendita di prodotti confezionati a libero servizio per via dei consumatori sempre più alle prese con problemi di tempo.