Di fake news si parla molto e in molti ambiti. Ma è in campo economico che le conseguenze di questo (mal)costume -che internet ha reso pervasivo e allarmante- hanno un impatto maggiore. Da questo punto di vista, non tutti i settori sono ugualmente sensibili e non è difficile pensare che l’agroalimentare per le connessioni che il cibo offre con le idee di salute e di benessere sia tra quelli più seriamente esposti. In un ambito così delicato basta poco per addossare a uno specifico comparto rischi senza riscontro nella realtà o per compromettere la reputazione di un’azienda.
Le imprese del food sono chiamate a fare la propria parte: anche se supportate da consulenti devono porre in atto azioni mirate per prevenire le conseguenze da fake news e salvaguardare la propria reputazione, a cominciare dal web. Su questo punto abbiamo sentito Myriam Finocchiaro, responsabile comunicazione, relazioni esterne e Csr di Granarolo, uno dei più grandi gruppi italiani nel settore della trasformazione lattiero-casearia. Il comparto è da tempo al centro di una riconversione valoriale percepita (il più delle volte non supportata da riscontri scientifici precisi) che hanno portato a una progressiva riduzione dei consumi proprio dei prodotti più caratteristici di questo mercato. A partire dal latte.
Qual è l’impatto delle fake news sul settore alimentare? E, in questa prospettiva, il comparto lattiero-caseario manifesta qualche specifica criticità?
Difficile dire quale sia l’impatto in termini quantitativi. Non ci sono al momento dati ragionati disponibili. Indubbiamente il problema esiste e la questione è di stretta attualità. La scorretta informazione nell’alimentare ha un peso più rilevante che in altri settori perché va a influenzare direttamente la salute. Consideriamo che sono due le principali motivazioni che animano chi promuove fake news sull’alimentare: ragioni apparentemente etiche che però fanno leva sulle paure, veicolando informazioni non veritiere; poi ragioni economiche che vogliono spostare l’attenzione su un cibo diverso, di un altro comparto. Questo vale, come intuibile, anche per il settore lattiero-caseario. Alcune notizie false condizionano il mercato e ciò che fa presa -che sia vero o sia fasullo- tende a essere sfruttato economicamente. Esserne consapevoli è fondamentale.
Qual è oggi la sfida più difficile per un brand alimentare?
La sfida che dobbiamo vincere è riuscire a promuovere in modo sistematico una informazione corretta ed equilibrata che faccia riferimento a ricerche condivise dal mondo scientifico. Non è facile in tempi nei quali la semplificazione, la notizia allarmistica e la banalizzazione viaggiano velocemente. I social portano tanti contenuti parcellizzati e mancano spesso gli approfondimenti; si condivide con eccessiva leggerezza, mossi dal dubbio insinuato e dalla paura.
Quali le possibili strategie da mettere in campo?
È un lavoro non banale che richiede formazione costante e specifica, tempi medio-lunghi, monitoraggi, risorse dedicate, collaborazioni anche con le istituzioni. Ecco perché le aziende non possono fare da sole.