Il digital marketing e le strategie social si fondano sulla possibilità di ottenere dati dai clienti, indagando i loro comportamenti e richiedendo la compilazione di moduli e questionari on line. i canali digitali rendono infatti disponibili una massa incredibile di dati, ma ciò determina un dilemma etico: è corretto utilizzare queste enormi masse di dati, di cui talvolta il cliente non è neanche consapevole, per offrire comunicazioni, servizi e assortimenti più personalizzati e, dunque, più valore per lo stesso acquirente?il cliente quando percepisce un alto rischio connesso alla tutela della sua privacy adotta comportamenti “difensivi”, rifiutandosi di fornire dati e riducendo l’utilizzo dei canali virtuali. Oggi questa preoccupazione esiste, soprattutto in alcune fasce della popolazione, rendendo vani molti degli sforzi delle aziende e non sfruttando appieno il potenziale dei canali digitali. Chiaramente la preoccupazione per la privacy può essere gestita, sia dal legislatore, con regolamentazioni e leggi idonee a tutelare i clienti (in Italia siamo molto avanti su questo) e dalle imprese, guadagnandosi la fiducia del cliente con comunicazioni trasparenti e comportamenti fair. Da una ricerca della Sda Bocconi è emerso che il cliente è particolarmente preoccupato dell’utilizzo secondario dei dati che fornisce per fini commerciali (che possono essere ceduti a terzi), oppure delle protezioni non adeguate dei data base, che possono essere accessibili e rubati da hacker. Visto che il recente caso di Yahoo non è il primo e non sarà certamente l’ultimo, è opportuno che le autorità e le imprese, soprattutto quelle esposte online, si adoperino per una seria analisi dei processi connessi alla privacy per non perdere la fiducia del pubblico.
Gli opinionisti di Mark Up – Sandro Castaldo
La partita della privacy nell’economia digitale (da Mark Up n. 254)