La frutta è considerata un prodotto commodity. Di recente però la consapevolezza alimentare dei consumatori, l’attenzione rivolta a origine e produzione e l’attenzione verso la qualità offerta dai diversi canali di vendita, stanno ridisegnando lo scenario creando un crescente bisogno di marche affidabili. Il nuovo contesto offre ai produttori l’opportunità di costruire valore raccontando l’unicità del proprio prodotto e spostando la competizione dalla leva del prezzo; contemporaneamente però il netto vantaggio della gdo in termini di vendite rende difficile investire appieno sulle potenzialità della propria marca. Due casi ci mostrano strategie differenti. Orsero da realtà della distribuzione ortofrutticola fresca si è affermato come sinonimo di frutta di alta gamma nei canali trade più vicini al consumatore per approdare con maggior forza in gdo. Mercati rionali e negozi di prossimità rappresentano, infatti, un canale frammentato e difficile da presidiare, ma offrono spazi di visibilità meno costosi rispetto alla gdo e restano una scelta “di qualità” per molti consumatori. Valvenosta, invece, da produttore di mele affermato, decide di rafforzare il proprio vantaggio competitivo proprio a partire dal canale moderno, investendo sulla propria marca per affermare i valori che gli appartengono da sempre ma che non erano ma stati adeguatamente espressi: i primi ad applicare la lotta integrata, un territorio igp (non solo “Alto Adige”) e l’impegno delle persone. Il canale eCommerce modificherà ancora questo scenario. Attori come Cortilia o Amazon avanzano rapidamente: diventeranno a loro volta marche garanti o i consumatori privilegeranno ancora la credibilità dei produttori?
Gli opinionisti di Mark Up – Roger Botti
Effetti del brand sul banco della frutta - di Roger Botti direttore creativo RobilantAssociati (da Mark Up n. 253)