Il Giappone punta ad arrivare nel 2050 a un 25% di biologico sulla superficie totale coltivata. Oggi è una nicchia di mercato ma dalle grandi potenzialità

Con un valore di poco superiore a 2 miliardi di euro nel 2022 e una quota di acquirenti regolari limitata al 18%, il biologico rappresenta in Giappone una nicchia di mercato ma dalle grandi potenzialità. È infatti un comparto in crescita con una media annua post-Covid pari a +8-10%: il Giappone è uno dei mercati più promettenti per il biologico made in Italy, come confermato anche dal panel di imprese alimentari e vitivinicole italiane intervistate da Nomisma per un’indagine sui consumatori giapponesi presentata al quinto forum Ita.Bio, la piattaforma online di dati e informazioni per l’internazionalizzazione del biologico made in Italy curata da Nomisma e promossa da Ice Agenzia e FederBio.

Numeri chiave del bio in Giappone

L’interesse crescente per il bio in Giappone è quantificabile con alcuni numeri chiave: quasi 12.000 (11.900) ettari coltivati secondo il metodo biologico, +13% in 10 anni, anche se rappresentano lo 0,5% sul totale della superficie agricola complessiva. Il piano di sviluppo del Ministero dell'agricoltura giapponese punta a una quota del 25% entro il 2050.

In questo scenario, in Giappone il  canale retail assorbe oltre i due terzi delle vendite. Il mercato degli alimenti naturali (compresi sostenibili e vegetariani/vegani) è stimato in circa 6 miliardi euro. L’interesse per il bio è ancora molto concentrato su specifici target come le famiglie dell’upper class con figli di età inferiore a 12 anni e residenti nella regione di Tokyo, tanto che l’incidenza complessiva del bio sul totale del carrello alimentare è ancora marginale. Le potenzialità sono però notevoli, da ricondurre soprattutto a un graduale cambiamento delle famiglie giapponesi verso uno stile di vita più sano: il 64% afferma di scegliere prodotti biologici perché più sicuri per la salute.

Il consumatore bio in Giappone

Dall’indagine Nomisma emerge che i non utilizzatori rappresentano il 68% della popolazione giapponese. Le fasce di pubblico più attratte dal richiamo del bio sono i nuclei familiari con bambini in età prescolare e le famiglie ad alto reddito (1 su 4 consuma prodotti biologici regolarmente). Se si analizzano le principali motivazioni di scelta dei prodotti alimentari per il consumo domestico, due sono le leve che guidano le scelte del consumatore giapponese: l’origine nazionale del prodotto e il prezzo. Solo l’8% sceglie come primo criterio di scelta per la spesa alimentare il marchio biologico (18% risposta multipla): i consumatori hanno una forte sensibilità al prezzo e, al tempo stesso, forti difficoltà a riconoscere i reali valori sottostanti alle produzioni biologiche.  A differenza di quanto accade in altri mercati, i consumatori giapponesi non scelgono il biologico per motivi legati alla sostenibilità ambientale di questo metodo produttivo, ma per la sicurezza e la qualità che il biologico veicola.

Il monitoraggio realizzato da Nomisma fa emergere alcune aree di lavoro fondamentali per incrementare conoscenza, consapevolezza e interesse verso la categoria. Oltre 1 consumatore su 3 dichiara infatti di non aver informazioni sufficienti e dettagliate sulle caratteristiche e sui valori degli alimenti biologici (quota che supera il 70% per i non utilizzatori di bio). Più di 1 consumatore su 2 vuole avere informazioni più dettagliate sul contributo alla sostenibilità (ambientale, sociale ed economica) e conoscere meglio i benefici salutistici e sulla distintività del biologico rispetto al convenzionale.

Il made in Italy bio per il consumatore giapponese

Nel percepito dei consumatori giapponesi, l’Italia si posiziona al terzo posto, dopo Francia e Australia, tra i Paesi che producono i prodotti bio di maggiore qualità.

“Supportare i protagonisti dell’agroalimentare biologico italiano è il primo obiettivo della piattaforma Ita.Bio dove Nomisma rappresenta la struttura di market intelligence in grado di monitorare dimensioni, trend e opportunità dei principali mercati internazionali -spiega Silvia Zucconi, responsabile market intelligence Nomisma-. Il Giappone è un mercato che presenta significative potenzialità di crescita. In tale scenario, due sono i canali chiave per lo sviluppo del mercato: la ristorazione, da sempre ambito di forte sperimentazione per il consumatore, e la possibilità di conoscere i prodotti tramite assaggi e materiali sul punto di vendita. Un’area di lavoro fondamentale per il mercato è il packaging dei prodotti: riciclabile nei materiali, di alta qualità sia nella grafica che nella precisione del confezionamento”.

Nessun ostacolo per il binomio bio e made in Italy neanche per il futuro: il 13% dei consumatori si dichiara infatti interessato all’acquisto di un prodotto alimentare italiano a marchio bio. Pasta, olio extra-vergine, formaggi e vino sono i prodotti italiani a marchio bio più acquistati dai consumatori giapponesi ma anche le categorie per le quali il consumatore è più interessato al binomio bio-made in Italy –aggiunge Emanuele Di Faustino, responsabile industria, servizi e retail Nomisma-. In futuro il vino è sicuramente uno dei prodotti che presenta le maggiori opportunità di crescita per l’Italia, anche in virtù del fatto che dal 1° ottobre 2022 la certificazione biologica JAS è stata estesa alle bevande alcoliche, vino incluso”.

"Il settore del biologico in Giappone, pur essendo ancora di nicchia, presenta ampi margini di crescita e potenziali opportunità per le aziende italiane -prosegue Erica Di Giovancarlo, direttrice Ufficio Ice Tokyo-. Il consumatore dei prodotti bio appartiene oggi alla fascia medio-alta della popolazione, è informato e consapevole delle qualità del prodotto e fortemente interessato ai prodotti di importazione. Grazie anche all'azione del Governo che ha deciso di investire nella formazione per uno sviluppo sostenibile già dalle scuole primarie, il numero dei consumatori bio è destinato a crescere".

“In uno scenario globale dove le vendite di prodotti biologici sfiorano i 125 miliardi di euro nel 2021 -precisa Paolo Carnemolla, segretario generale di FederBio- l’internazionalizzazione rappresenta un’importante leva di sviluppo per le aziende italiane dell’agroalimentare biologico, in particolare in Giappone, dove il Ministero delle politiche agricole ha lanciato il progetto Organic Village per stimolare la transizione agro-ecologica e arrivare al 25% di superficie coltivata a bio entro il 2050. Il mercato nipponico presenta ampie potenzialità di espansione per il bio, in particolare quello made in Italy che coniuga la qualità delle eccellenze enogastronomiche italiane con il valore dato dalla certificazione biologica. La piattaforma Ita.Bio, nata da una sinergia tra Ice e FederBio con il supporto del Ministero affari esteri e cooperazione internazionale, rappresenta un valido supporto per le aziende che puntano ad avviare o consolidare il posizionamento nel mercato giapponese. Grazie all’analisi dei mercati in collaborazione con Nomisma, al sistema Ice e a un desk dedicato attivato da FederBio, siamo in grado di aiutare le imprese fornendo informazioni e contatti utili per orientare le proprie strategie commerciali e consolidare lo sviluppo nei mercati esteri”.

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