Nell’ambito del digital retail, le campagne di drive to store sono sempre più organiche al business complessivo. I servizi disponibili per questo tipo di marketing sono più sofisticati e tendono a unificare la gestione dei touch point. Un caso di studio è quello offerto da RetailTune, una piattaforma digitale creata per portare traffico e fatturato in punto di vendita sfruttando appieno le potenzialità del Local Digital Marketing, nata nel 2018 per iniziativa di Claudio Agazzi. Basti considerare che oggi è utilizzata da retailer di primo piano come Pinko, Gaudì, Momoni, Attic&Barn, Oof wear, Liu Jo, Dan John, NaturaSì, Gruppo Gabrielli, Altromercato, Nashi Argan, Thun e SKY, Gruppo OVS, Pittarosso, Multicedi, PrimaEdicola e Ceetrus Italia.
La piattaforma consente di gestire in modo centralizzato i dati riguardanti i punti di vendita fisici e campagne drive to store organiche a costo zero. I dati dei punti di vendita come indirizzi, orari, contatti, servizi e altro sono inseriti all’interno della piattaforma RetailTune che li divulga su tutti i touchpoint gestiti (Store Locator, GMB, Facebook e Instagram Location, Google Maps, Apple Maps, Bing) offrendo quindi un unico punto di inserimento per una divulgazione su diversi touchpoint. Inoltre le comunicazioni veicolate dalla piattaforma sono organiche, non a pagamento. Un banner di comunicazione drive to store, che sia esso un evento in punto di vendita, un nuovo servizio in punto di vendita, una promozione, una premialità, viene caricato in piattaforma e veicolato su tutti i touchpoint proprietari. Questa attività permette di divulgare un messaggio coerente e coordinato sui punti di contatto di cui dispone il brand per comunicare con il consumatore locale. A questo si aggiunge la funzionalità di geolocalizzazione, implementata in Html5, che si attiva, sia da desktop che da mobile, dietro il consenso dell’utente che, per essere GDPR compliant. Le funzionalità offerte dalla piattaforma consentono di erogare diversi servizi quali, ad esempio, il servizio Booking che permette all’utente finale di prenotare un appuntamento nel punto di vendita. Oppure il servizio Order Assistant permette allo store manager di formalizzare una vendita proveniente da un canale digitale non eCommerce (chat, WhatsApp, email, video call ecc.). Il sistema genera un link di pagamento con un riepilogo di prodotti acquistati e immagini che invia in modo automatico al consumatore, che accetta l’ordine e procede con il pagamento.
Claudio Agazzi, titolare di società di consulenza nel campo delle strategie digital e del web design, grazie alla sua esperienza decennale, con la fondazione di RetailTune ha messo in campo una realtà diventata importante per i retailer che, oggi sempre più, necessitano di strumenti efficaci per il loro Local Digital Marketing e il Drive to Store. Raccogliere, gestire, utilizzare e coordinare tutti i touchpoint digitali è fondamentale per chi deve intercettare clienti sempre più distratti ed in balia delle nuove tecnologie. Mark Up lo ha incontrato.
Cosa vuol dire oggi omnicanalità?
Rispondo con una provocazione. Per me omnicanalità oggi vuol dire apertura mentale, solo chi riesce veramente ad avere una visione ampia sa dare il corretto significato al termine.
Da 20 anni a questa parte ciascuna azienda attribuisce al termine significati specifici: qualcuna pensa che omnicanalità sia la presenza, in negozio, di un totem in grado di far comprare alla cliente un prodotto non presente in punto di vendita, vedendo quindi la parte hardware del concetto. Altre si sono concentrate di più sulla comunicazione, ritenendo omnicanale la veicolazione del messaggio su diversi touchpoint, fisici e digitali. Di recente qualcuna ha scoperto Google MyBusiness, pensando, anche correttamente, che sia uno strumento fondamentale per la comunicazione del punto di vendita. Un’epifania avvenuta nell’ultimo anno, quando l’emergenza sanitaria ha messo in evidenza la necessità di comunicare al cliente le variazioni continue degli orari di apertura. Sono convinto che l’omnicanalità sia una cosa sola: la capacità di far sentire il cliente o la persona che si sta interessando al brand, al centro di un ecosistema in grado di consentire l’acquisto da qualsiasi touchpoint. Dall'eCommerce, dal negozio fisico, dal negozio fisico ma con un’interfaccia digitale, da un’app. Insomma il brand deve essere in grado di offrire il miglior servizio al pubblico, raggiungendolo ovunque e con qualsiasi mezzo.
Come sono connesse le attività di Drive to Store e quelle riguardanti il servizio al cliente?
Tutte le attività hanno a che fare con il servizio al cliente, nessuna esclusa.
Anche l’ascolto e l’analisi sono utili per migliorare l’offerta al pubblico. La nostra tecnologia ci permette di sapere cosa preferisce il consumatore negozio per negozio e allora perché non sfruttare questo valore aggiunto per migliorare l’offerta. Oggi ci sono sistemi molto criticati, come la geo-localizzazione, che consentono al cliente di instaurare un dialogo con il brand, per fargli vivere una esperienza di shopping completa e appagante. So dove sei, so dov’è il mio prodotto che ti interessa, mi prendo cura di te creando un dialogo, un contatto e offrendoti le informazioni necessarie per l’acquisto.
Dovesse suggerire i primi tre passi utili lato Digital Marketing per un'azienda che parte da zero sull’omnicanalità?
Sicuramente il primo riguarda il possesso dei dati e la loro normalizzazione. Parlo dei dati dei punti di vendita intesi come indirizzi, telefoni, orari ma anche la disponibilità dello stock insieme alla presenza di strumenti evoluti per consentire il dialogo con il singolo negozio.
Poi, come dicevo prima, l’apertura mentale dei manager. Fondamentale è in questo senso la sperimentazione che comunque deve essere controllata, disciplinata e incanalata. Naturalmente oggi non disponiamo del tempo e delle risorse per mettere in pratica tutto quello che ci viene in mente, ma ci sono però attività semplici che si possono portare avanti e che spesso sono precluse perché le nostre menti non sono così allenate a vedere in prospettiva. Tradotto in termini di marketing, sono necessarie una visione e la strategia conseguente. Inoltre, formazione e contenuti locali. Lo store manager è subissato di attività da svolgere richeste da HQ, ma è anche vero che non possono coesistere due situazioni: negozi vuoti e assistenti alla vendita troppo impegnati. Delle due l’una o i negozi sono pieni e allora viene meno l’esigenza di portate altro pubblico, oppure c’è lo spazio per sfruttare meglio il tempo a disposizione. In questo senso è importante la formazione al personale di vendita, in grado di offrire al cliente il miglior servizio, la migliore informazione, la migliore storia. Dicevo infine della necessità di creare contenuti locali; quello che serve è uno staff capace di produrre contenuti locali utilizzabili nelle tantissime occasioni di dialogo tra punto vendita e i prospect di vicinanza. Insomma vale il principio Think Global, Act Local.
Le innovazioni di RetailTune che sono proprie e più significative? Cosa contraddistingue RetailTune dai competitor?
Fin dall’inizio abbiamo scelto un nostro posizionamento specifico facendo scelte di campo radicali. Non siamo solo quelli che distribuisco informazioni alle varie directory, ma abbiamo costruito una piattaforma as a service in grado di poter gestire a 360 gradi tutte le opportunità digitali legate alla comunicazione locale.
Dai sistemi di acquisizione dati diretti sul punto di vendita, in questo contesto è nata la nostra app B2B e siamo gli unici a proporci in questo modo; al consideration index, uno strumento che fornisce puntualmente la brand awareness del singolo punto di vendita, indicando al brand le potenzialità sulla base del pubblico presente, di passaggio, residente anche divisibile per cluster sesso ed età. Abbiamo uno strumento davvero performante per pubblicizzare per singola area solo i prodotti che sappiamo graditi a quel pubblico. Sono solo alcuni dei progetti unici di RetailTune. Strumenti che sono trasversali ai settori con i quali lavoriamo, fashion, servizi, gdo, food, wholesale, retailer.
Infine, a suo modo di vedere, quali sono le nuove frontiere dell’omnicanalità?
Non c’è una nuova frontiera. C’è una vecchia frontiera che non è mai stata raggiunta per un po’ di pigrizia, poca lungimiranza e soprattutto per strutturazione sbagliata all’interno delle aziende del team digital e comunicazione. A ragion del vero alcune aziende questa frontiera però l’hanno vista e da leader come sono, si sono messe in marcia per raggiungerla. C’è un bellissimo articolo di Seth Godin che enfatizza il concetto di leader della comunicazione individuandolo in quell’azienda che crea la soluzione del problema. RetailTune nasce con questo intento: far emergere il problema, comprenderlo e proporre una soluzione.