Succede a tutti noi, ogni giorno e dovunque: ristoranti, bar, negozi, supermercati, uffici, biglietterie ... Ogni volta che riceviamo anche solo un semplice gesto di cortesia, ecco che ci sfugge un: “Grazie! Lei è molto gentile”. Sono parole di sorpresa, perché la gentilezza sembra essere un valore perduto. Rimane un valore etico primario, ma, se lo andiamo cercando nei luoghi di vendita, di accoglienza e di relazione, la situazione si fa critica. Sentirsi il benvenuto e imbattersi in un interlocutore gentile è avventura non frequente. Ti siedi al tavolino di un bar e prendi un caffè: il tempo di sorseggiarlo e il cameriere, incalzante, è già lì da te, frenetico nel suo sistemare lo scontrino che devi pagare e perentorio nel suo “desidera altro?”. La domanda sarebbe anche ben posta perché sì, tu, in effetti, desidereresti altro: magari un segno di gentilezza vera? E invece sai bene che, nell’arido linguaggio del servizio contemporaneo, quello è un secco invito ad un immediato bis di consumazione o a lasciar libero il campo. E non importa se intorno a te ci sono tanti altri tavolini liberi. È la prepotenza di un’errata cultura dell’accoglienza. È la cultura miope del mancato senso della relazione. E tu che la subisci, a quel cameriere vorresti urlare in faccia, irritato: “ma davvero pensavi che al tuo tavolino mi sedevo per quel caffè?”. Già, perché non è mai questione di un caffè o di una qualsiasi altra cosa. È piuttosto il bisogno esasperato di un’emozione, di calore, di un semplice senso dello “star bene”. È la priorità della relazione che viene meno, eppure è proprio questo che noi tutti oggi vendiamo, a prescindere dall’ambito nel quale operiamo: vendiamo relazioni. La relazione però ha le sue regole. E il suo primo passo è entrare in contatto con il proprio interlocutore, con gentilezza, con empatia, ma anche con competenza e con strumenti adeguati. È questa la novità: la gentilezza vive oggi una sua nuova vita: è a tutti gli effetti uno strumento di lavoro, una efficace leva di marketing, un fattore di rilancio. Ed è proprio da qui che dobbiamo ripartire, con uno sguardo diverso e con consapevolezza. Le aziende iniziano a chiedere veri e propri “Corsi della Gentilezza”, segno chiaro del nuovo valore che viene riconosciuto a questo insolito strumento. È finito il tempo in cui, se ti imbattevi in un commesso gentile, era semplicemente perché quel commesso era gentile di suo (e già questo non sarebbe poco!). Oggi la gentilezza entra a pieno titolo nella nostra cassetta degli attrezzi professionali. Assurge ad un’inedita autorevolezza e si inserisce come fattore fondamentale nella costruzione di una “relazione affettiva”. Bisogna avere la competenza ed il coraggio, la freschezza ed anche la preparazione per innovare e riprogettare il paradigma della relazione in questo senso.
Gentilezza, quel certo modo in cui ti farò sentire
E' a tutti gli effetti uno strumento di lavoro, un'efficace leva di marketing, un fattore di rilancio. Spesso dimenticato (da mark Up n. 261)