Bernard Lahousse, Peter Coucquyt e Johan Langenbick - I tre fondatori di Foodpairing
“I dati sono il nuovo petrolio. E la loro raffinazione, come per il petrolio è un affare enorme (...) Se all’improvviso tutti gli algoritmi smettessero di funzionare, sarebbe la fine del mondo che conosciamo”. La nostra società, come scrive Pedro Domingos (L’algoritmo definitivo, Bollati Boringhieri), ingegnere elettronico e docente presso l’Università di Washington, autore di più di duecento pubblicazioni scientifiche sull’intelligenza artificiale, è immersa negli algoritmi di apprendimento. Sequenze di istruzioni dicono a un computer cosa fare sulla base dell’immagazzinamento di dati. Il machine learning (apprendimento automatico) ci suggerisce quali acquisti fare, filtra la nostra email, consiglia film o libri, come fa quello di Netflix o Amazon, regola la disposizione della merce nei supermercati. Grazie ai Big Data, costruiti anche con l’aiuto di crawler che lavorano in Rete, l’orizzonte si allarga a dismisura. La rivoluzione investe il mondo degli affari, scienza, tecnologia (dalle automobili senza guidatore agli elettrodomestici smart), medicina, sport, musica: non c’è ramo che non ne sia interessato. E tra questi c’è il food, colpito più di altri dall’ondata.
Foodpairing è un ottimo esempio per capire cosa stia realmente accadendo, basta recarsi a Bruges. Qui ha sede la centrale dell’azienda premiata da entrepreneur.com come una delle 100 società più innovative nel foodtech, che ha fatto la sua apparizione anche all’ultima edizione milanese di Seeds & Chips. È stata fondata nel 2009 da Bernard Lahousse, Peter Coucquyt e Johan Langenbick. La squadra è composta da 14 membri tra chef, scienziati, sviluppatori del business, ingegneri di ricerca e sviluppo, analisti dei dati. L’idea di fondo parte da una prima considerazione: l’esperienza gustativa è solo al 20% fondata sul palato, grazie alla lingua che rileva l’acido, il dolce, l’amaro, l’aspro o l’umami, mentre all’80% è basata sugli aromi, le essenze volatili. Il punto è che cibi che condividono le stesse molecole aromatiche chiave sono più facili da combinare: questa è la vera scoperta. Si apre così un mondo segreto, si svelano accostamenti insoliti e sorprendenti, come lamponi e piselli, cioccolato e cavolfiore, indivia nel dessert. Non è comunque un caso che anche alcuni abbinamenti tradizionali, come formaggio e bacon o burro e asparagi, abbiano in realtà molte componenti aromatiche in comune.Il primo piatto Foodpairing, creato dallo chef belga di origini coreane Sang-Hoon Degeimbre, fu una combinazione di ostriche e kiwi. Non tutte le molecole aromatiche sono però determinanti. Il caffè, per esempio, ne ha circa 700, ma solo un paio sono quelle importanti per il profumo, perché le altre sono in concentrazioni tali che risultano impercettibili al naso.
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