Felicetti: biogas per ridurre la dipendenza da metano

Riccardo Felicetti, ad dell'azienda
Nel secondo bilancio di sostenibilità di Felicetti focus sull’autonomia energetica con biogas da scarti di produzione e cippato

Cento è forse il numero che più definisce l’identità di Felicetti, unico pastificio in Europa sopra i mille metri, in Val di Fiemme (Tn). Fondato nel 1908, al tempo di Cecco Beppe, oggi è guidato dalla quarta generazione della famiglia, con la quinta che da poco ha fatto il suo ingresso in azienda. Più di cento sono gli chef stellati che utilizzano la sua pasta monograno che nasce con l’acqua sorgente delle Dolomiti. Come la varietà Matt, eccellente per qualità e tenacità, sviluppata da un genetista dell’Arizona, da 25 anni seminata a Manfredonia e lavorata in purezza, con la collaborazione del Molino Grassi che ha l’esclusiva del seme in Italia.  Ed è tra le 100 aziende d’Italia, selezionate da Forbes, più sostenibili nella categoria impatto sociale. La presentazione del secondo bilancio di sostenibilità a Cavalese, nel Palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme, alla presenza dello Scario, ha voluto sottolineare quanto sia forte il radicamento dell’azienda nel territorio. E quanto senta il ruolo di responsabilità nello sviluppo sostenibile dell’industria nell’arco alpino. Sì, perché “la montagna è anche economia -ha ricordato in una lectio il sociologo, fondatore del Consorzio Aaster, Aldo Bonomi-, le terre alte non sono quelle marginali da tutelare, anche se la difficoltà oggi è tenere in equilibrio il distretto manufatturiero e turistico”.

Le chiavi di sviluppo per una comunità montana

Riccardo Felicetti, ad dell'azienda

“Comunità, vicinanza, restanza -ha sottolineato l’ad Riccardo Felicetti-, sentirsi attori di un margine che diventa centro, determinante per lo sviluppo culturale e tutela della biodiversità”. Felicetti ha ribadito il concetto dell’identità, di sentirsi parte integrante della comunità, responsabile a livello sociale ed economico del suo sviluppo. E di non aver perso l’anima, rimanendo ambasciatrice di un territorio, passando da piccola locale a società per azioni, con un fatturato di 52 milioni di euro e una presenza in 50 Paesi.

Essere Felicetti oggi

Oggi l’azienda dispone di due stabilimenti, quello storico di Predazzo dal 1908, e quello nuovo di Molina di Fiemme dal 2022, 6 linee di produzione; produce 35 milioni di kg di pasta all’anno, con una quota del 58%, destinata all’estero. Numeri che premiano alcune scelte pionieristiche, come quella da inizio secolo di approvvigionarsi solo da agricoltori italiani (con la piccola eccezione del progetto khorasan a marchio Kamut), il bio che la porta a essere tra i maggiori player italiani di pasta secca biologica (pesa il 37% dei volumi) e il monograno.  “Escludiamo prodotti di sintesi dal nostro territorio, ma anche da quelli del grano: tuteliamo così diecimila ettari, l’equivalente di circa ventimila campi di calcio. Con la linea Monograno abbiamo pensato di dare più valore: ci ha dato accesso a mercati prima preclusi”. E i progetti hanno sempre guardato all’innovazione. Come la scelta del packaging in carta, preceduto da un’analisi Lca (life cycle assessment) commissionata all’Università di Trento, che ha ridotto di 56 tonnellate le emissioni di CO2 e rappresenta oggi il 22% del totale della produzione (+3 pp rispetto al 2022).  “Nel 2017 un cliente inglese ci ha comunicato che avrebbe eliminato qualsiasi packaging in plastica. Nel giro di due anni abbiamo realizzato qualcosa che non c’era, un impianto innovativo per la confezione in carta e dal 2019 abbiamo cominciato a spedire i prodotti negli Usa”.

Una gestione virtuosa dei rifiuti

Tra i tanti numeri brillanti del bilancio di sostenibilità, spiccano quelli virtuosi della gestione dei rifiuti, meno 28% prodotti nel 2023, il 100% dei quali avviati al recupero, senza alcun ricorso allo smaltimento in discarica; la riduzione di circa il 5,6% (-38% se si considerano le sole emissioni indirette scope 2) dei gas a effetto serra associati alle attività del pastificio. Ma il lato più interessante è quello progettuale che verte intorno all’energia.

Un cammino green per Felicetti

L’azienda ha installato impianti fotovoltaici e di co e tri-generazione negli stabilimenti di Predazzo e Molina che hanno fatto contrarre del 38% la quota di energia acquistata dalla rete.  Ma naturalmente il problema della dipendenza dal gas, come per molte aziende, rimane sostanziale. Basti dire che la percentuale di consumo proveniente da fonti rinnovabili è dello 0,47%, mentre è il gas naturale a incidere per la stragrande maggioranza dell’approvvigionamento energetico. Il progetto, avviato, è quello allora di puntare sul cippato e sulla valorizzazione dei sottoprodotti. Felicetti ha infatti siglato un accordo per la cessione a titolo gratuito dei residui dell’impasto al biodigestore di Predazzo per la produzione di biogas destinato alla centrale di teleriscaldamento (oltre che di biodigestato per la concimazione dei campi). E sfrutterà anche il cippato dagli scarti della lavorazione del legno delle foreste intorno. Il progetto, in fase di avvio, segnerà una tappa fondamentale nel processo di creazione di una comunità energetica a carattere territoriale. “Il nostro obiettivo è sostituire al 100% il metano ma ci arriveremo con un lungo progetto. Nei prossimi 5 anni potremmo arrivare al 30% di sostituzione attraverso cippato e biodigestore. Il sistema di co e trigenerazione e gli impianti che sfruttano l’energia solare hanno abbattuto del 30% l’utilizzo del metano per l’uso di energia elettrica. Per l’energia termica, per riscaldare l’acqua e far funzionare gli essiccatoi, verrà sostituito lentamente da un sistema di riscaldamento attraverso il cippato (ce ne è ancora molto dopo la tempesta Vaia e la sua produzione sarà ancora lunga) e fornitura di gas metano attraverso il biodigestore”. Tutto a tempo debito, mantenendo ben saldi i piedi per terra. “Ho una concezione molto orientata al green deal ma stonano certe dead line: gli obiettivi devono essere raggiungibili”.

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