Federdistribuzione – Lavorare sulla fiducia per rilanciare gli acquisti

Federdistribuzione e sindacati rinnovano il CCNL Gdo
Presidente FederDistribuzione Carlo Alberto Buttarelli
Questo il must per Federdistribuzione per il prossimo anno, che conferma la centralità del ruolo della distribuzione moderna, dei suoi formati e delle sue persone

Se i consumi non ripartono, l’Italia non riparte: serve ridare fiducia ai consumatori ma anche riconoscere, non solo a parole, il ruolo economico e sociale della distribuzione moderna nel Paese. Nonostante le preoccupazioni e la visione non proprio ottimistica, per Carlo Alberto Buttarelli, presidente di Federdistribuzione, non mancano le sfide e le opportunità per continuare a crescere, mettendo al centro le persone e il consumatore.

Nonostante il quadro economico non brillante, una delle novità più interessanti di quest’ultimo periodo è stato l’accordo sul tema dei buoni pasto. A cosa è stata dovuta questa accelerazione?
Forse, vista dall’esterno, sembra un’accelerazione. In realtà si tratta della conclusione di un percorso lungo che presidiamo da alcuni anni e che ha l’obiettivo di riequilibrare, innanzitutto a favore dei lavoratori, un sistema paradossale nel quale oggi tre multinazionali detengono l’85% del mercato, con commissioni che, unici in Europa (dove esiste un tetto massimo del 5%), sono arrivate al 15-20%, se non oltre. Con questo intervento, inserito nel disegno di legge sulla concorrenza, già approvato dalla Camera e adesso approdato al Senato (l’intervista è stata raccolta il 4 dicembre, ndr), la situazione viene riequilibrata: viene fissato il limite del 5% al valore massimo delle commissioni, con l’effetto che il mercato si aprirà anche ad altri operatori e siamo convinti che sarà destinato a crescere in maniera importante nei prossimi anni. Oggi in Italia ci sono circa quattro milioni di persone che utilizzano buoni pasto: parliamo di un mercato che ha un valore di circa 4 miliardi, di cui 1 legato alla pubblica amministrazione, che è già stato regolato nel 2022 grazie a una norma che agisce sulle gare Consip, e 3 riferiti al settore privato. Si tratta di un riequilibrio del mercato che mette un argine a un aggravio di commissioni per noi non più sostenibili.

Cosa è cambiato per arrivare oggi a questo risultato?
Il fatto di avere trovato nel Parlamento e nel Governo degli interlocutori concreti, attenti alle dinamiche del nostro settore e alle richieste della distribuzione moderna. Questo ha facilitato la soluzione della questione, diventata per gli operatori della distribuzione moderna ormai inaccettabile. Avremmo rischiato di avere situazioni in cui i buoni pasto non sarebbero stati più accettati, consapevoli che questo avrebbe comportato un problema per i nostri clienti, creando loro un disservizio importante. Perché si tratta, a tutti gli effetti, di uno strumento di welfare. Da un lato, infatti, dà la possibilità alle imprese che lo adottano di usufruire della piena deducibilità; dall’altro, offre ai lavoratori un’integrazione aggiuntiva alle loro retribuzioni. Risorse che nel 70% dei casi vengono spese in negozi del commercio moderno che noi rappresentiamo.

Quali sono gli altri temi caldi che intendete affrontare con il Governo nel 2025?
Oggi stiamo cercando di far comprendere nel modo più chiaro possibile il ruolo economico e sociale della distribuzione, spesso non considerato nelle sue dinamiche complessive. A partire dallo sviluppo, che diventa centrale nella definizione delle città del futuro, attraverso la rigenerazione urbana, che facilita la riduzione del consumo di suolo, e la necessità di rivitalizzare i quartieri. Quello che, come Federdistribuzione, stiamo sostenendo, a livello sia nazionale sia territoriale, è che la distribuzione moderna, con le sue imprese food e non food, è il soggetto di riferimento per ottenere questi obiettivi grazie a una presenza capillare nei territori. Spiegare questo ruolo vuol dire anche riconoscere le esigenze e i bisogni di un comparto, considerato spesso negli anni meno importante di altri settori economici.

Le sinergie future passano dalla prossimità e dal franchising?
C’è una grande convergenza in questa direzione. Per realizzare progetti come quelli della rigenerazione urbana, ad esempio, servono investimenti e risorse che il piccolo commerciante spesso non può mettere a disposizione. Invece le aziende più strutturate, radicate localmente e di dimensioni significative, sono in grado di sostenere questo genere di investimenti. Esiste una convergenza di interessi tra il piccolo commercio e le grandi imprese della distribuzione moderna, che si esprime anche nella collaborazione ai tanti progetti sui distretti commerciali, avviati in molte regioni per creare delle reti.

In questo contesto in cui la gdo è sinonimo di prossimità evoluta, come è cambiato il rapporto con Confcommercio in passato non proprio idilliaco?
Abbiamo una visione comune di fondo, nonostante qualche divergenza significativa: parliamo entrambi di commercio moderno e del suo valore economico e sociale, quindi di imprese, piccole e grandi, che hanno un forte legame con il territorio e che mettono al centro delle loro priorità il consumatore e la soddisfazione delle sue esigenze, facendo competizione nell’offerta, nell’innovazione e nei servizi.

A proposito di consumi, come vedete il loro andamento nel 2025?
I segnali non sono particolarmente incoraggianti: i consumi hanno bisogno di fiducia per crescere e, oggi, gli italiani mostrano un profilo meno ottimista rispetto al passato. Anzi, risultano i più pessimisti in Europa. Questa sfiducia non aiuta la ripresa dei consumi, ma tutti insieme dobbiamo operare per invertire questa tendenza, considerando che consumi, per il nostro Paese, sono il principale motore di sviluppo. Rappresentano il 60% del Pil: se si ferma questa componente dell’economia, si ferma l’Italia. In questo contesto, noi svolgiamo un ruolo centrale, per le nostre imprese e non solo. Per questo vogliamo proseguire e ampliare il dibattito con le istituzioni per sottolineare il ruolo economico e sociale del nostro settore e creare maggiore attenzione alle opportunità che possono favorirne la crescita.

Il 2024 è stato anche l’anno della firma del contratto collettivo nazionale di lavoro. Cosa avete imparato?
Che serve un dialogo più costruttivo: abbiamo molti punti in comune da affrontare, come l’attrattività del settore o le esigenze di formazione del personale per far crescere le competenze. Per evolvere in senso moderno, bisogna superare le diverse visioni in un confronto più aperto.

Una delle nostre priorità è quella di far capire, nel modo più chiaro possibile, a Governo e istituzioni, il ruolo economico e sociale della distribuzione moderna, spesso non considerato nelle sue dinamiche complessive. A partire dallo sviluppo, tema centrale nella definizione delle città del futuro

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