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1.
Promozioni e valore della marca: connubio virtuoso o distruttivo?
2. Erosione dell'alimentare nella “share of wallet” degli italiani
3. Ruolo dell'innovazione: nuovi format e rilancio dei consumi
Non è certo imputabile a nessuno degli ospiti chiamati sul palco, né tantomeno al moderatore, Luigi Rubinelli, direttore di MARK UP, se gli interventi dai quali sono emersi gli spunti più originali sono stati quelli di Luigi Bordoni, presidente di Centromarca, e Umberto Galassini, amministratore delegato di Bonduelle Italia. Eppure, alla tavola rotonda intitolata “Industria e distribuzione: verso una nuova competizione basata sul valore”, hanno partecipato, oltre ai summentovati personaggi, anche dirigenti del calibro di Giuseppe Brambilla di Civesio, amministratore delegato di Carrefour Italia e presidente Indicod-Ecr, Camillo De Berardinis, presidente Adm e amministratore delegato di Conad, e Fabio Cairoli, direttore generale uscente di Star, già presente nella table ronde dell'anno scorso.
La discussione è partita con uno spunto che prometteva bene in materia di vivacità dialettica: il kick off, fornito da Rubinelli rimandava alla recentissima promozione di Esselunga sulla pasta di semola De Cecco venduta a un prezzo al pubblico di 0,45 centesimi rispetto al prezzo standard di 1,03 euro. È un'operazione spot, come ha osservato molto pacatamente (e giustamente) De Berardinis; di quelle che, se abbiamo ben interpretato l'imperturbabilità deberardinisiana e l'omologo silenzio-assenso di Brambilla di Civesio, abbondano sugli scaffali e sui volantini della distribuzione; tuttavia, è non meno vero che l'iniziativa di taglio prezzo su una marca normalmente posizionata sull'alto di mercato, rappresenta un buon punto di partenza per il tema, riassunto dallo stesso Rubinelli con la domanda: “Le promozioni di prezzo sulla marca mettono in gioco la costruzione del valore del brand?”
Nessuno ha ricordato, nemmeno (incredibile dictu!) Bordoni, che se la marca fosse priva di appeal e di rappresentatività paradigmatica sul mercato, nessuna catena si sognerebbe di sbandierare sui volantini una promozione di taglio prezzo, soprattutto se questa operazione non è stata concordata con l'industria (non ci riferiamo al caso Esselunga, ma parliamo in generale). Transeat. Luigi Bordoni, presidente Centromarca, ha preferito prendere la circonvallazione, evidenziando, però, concetti e dati tutt'altro che scontati: “La missione dell'industria di marca non è vendere prodotti a prezzi stracciati, ma creare valore per il consumatore mantenendo nello stesso tempo, e se possibile incrementandole, le condizioni economiche per la propria stabilità: una stabilità che permetta di generare sviluppo in una prospettiva di lungo termine”. Questa è la premessa (condivisibile). Bordoni ha però aggiunto un corollario cruciale: “Il consumatore è anche lavoratore e cittadino; e quello che i consumatori risparmiano sulla spesa alimentare grazie alle politiche promozionali attuate da industria e distribuzione, lo pagano con un trade off ben più drammatico sul piano psicologico e sociale: il calo dell'occupazione”. A parziale supporto di questa tesi Bordoni ha fornito alcune cifre: negli ultimi 7 anni l'industria di marca ha perso 250.000 posti.
Le dinamiche contrastanti dei prezzi
Nell'ultimo anno si è aggravato il deficit tra imprese produttive cessate (+30%), e imprese entranti (-22%). “Negli ultimi dieci anni - ha puntualizzato il presidente di Centromarca - in Italia si è registrata un'inflazione tra il 12 e il 13%, ma mentre i prezzi dei beni di largo consumo sono aumentati del 6-7%, quelli relativi ai consumi obbligati sono cresciuti a due cifre con incrementi variabili dal 18 al 38%. I volumi di vendita dei prodotti di largo consumo non sono aumentati: la spesa delle famiglie al netto dell'inflazione è scesa del 4-5%, mentre fra le catene distributive solo 2-3 hanno registrato un andamento positivo”.
Un po' più scontata appare l'indicazione relativa alla quota dell'alimentare sul budget degli italiani: quota che negli ultimi 20 anni è passata dal 40% al 24% (in realtà era il 20% nel 2008, ndr).
Consumi obbligati: precisazioni d'obbligo
I consumi alimentari sono diminuiti in volume, è ovvio, proporzionalmente alla crescita culturale e tecnologica di questo paese che, non essendo più quella bella e sana nazione agricola che era, spende più in cellulari, internet, psichiatri, libri e viaggi di quanto facessero i nostri nonni. Ma il problema è che - e qui forse Bordoni non ha torto - di quei 20 e passa punti percentuali persi per strada, 10 sono stati envolée dai consumi obbligati. E qui occorre però una precisazione onde evitare approssimazioni: Rapporto Consumi Coop alla mano, fra i primi dieci aumenti nel primo semestre 2010 figurano in testa benzina verde, gasolio e gasolio per auto, mentre nelle classifica delle prime 20 riduzioni nello stesso periodo campeggiano viaggi aerei nazionali e Cd (-16% di variazione negli ultimi 12 mesi), gas di rete a uso domestico (-11%), energia elettrica (-7%), frutta e apparecchi per telefonia mobile (-6%), medicinali (-3%), e altri 6 prodotti alimentari, fra i quali pasta di semola, latte fresco e uht, olio extra vergine di oliva, tutti con decrementi del 2-3%.
Bordoni si è dimenticato di ricordare che l'alimentazione è in assoluto e percentualmente la seconda voce di consumo dopo le spese inerenti alla categoria dell'alloggio (affitto/mutuo, mobili e arredi, elettrodomestici e utenze). Ma vista la crescente richiesta di qualità e sicurezza nell'alimentazione, Bordoni ha ragione a reclamare il giusto riconoscimento a chi produce quel complesso di beni alimentari che costituiscono il fondamento primario della nostra salute e qualità di vita.
Le considerazioni di Bordoni su questi aspetti ci portano a toccare un altro argomento-chiave della discussione. Camillo De Berardinis, che guida il secondo gruppo distributivo italiano per fatturato alle casse, con una quota di leadership nel canale supermercato, e un'immagine nazionale conquistata anche con spot televisivi incentrati simpaticamente sul risparmio (es. la campagna sottocosto), condivide l'idea che non si può puntare solo ed esclusivamente sul richiamo delle promozioni - soprattutto quando queste nel complesso rappresentano mediamente il 28% delle vendite.
Innovazione
Tuttavia, la multicanalità, anzi, per meglio dire, la gestione di tipologie e formati di vendita al dettaglio diversi per posizione urbanistica e di mercato, che caratterizza sia Conad sia Carrefour, rappresenta un grosso vantaggio, anche se complica la gestione e il raggiungimento della tanto evocata efficienza. Vantaggio che consiste nel poter sperimentare formule diverse e innovative, come ha fatto Conad con Sapori & Dintorni aperto a Firenze (il primo negozio in Italia specializzato nella private label), o il gruppo guidato da Brambilla di Civesio che ha trasformato in Carrefour Express e Market tutta la ex rete Gs e Dìperdì e porterà il prossimo anno il nuovo modello di ipermercati che sta sperimentando in Francia, nella periferia di Lione, e che potrebbe davvero cambiare il volto di questo format un po' appannato.
Rapporti industria-distribuzione: si va a nozze con il netto-netto?
Sulla questione sollevata da Luigi Rubinelli del netto-netto l'unica frase interessante, e soprattutto chiara, è stata quella di Umberto Galassini, ad di Bonduelle Italia: “Aumenteremo i prezzi se ci sarà un aumento dei fuori fattura”.
In merito al netto-netto Fabio Cairoli, direttore generale Star ha ammesso che le controparti tendono a ragionare in quell'ottica: “il netto-netto è un punto di arrivo”. Secondo Cairoli, la prospettiva dei prezzi a breve è stabile, ma c'è serio rischio d'inflazione nel medio periodo.
Osservazione condivisa da De Berardinis e da Brambilla di Civesio, che si sono però mostrati più cauti.
Il margine del distributore è diviso sostanzialmente in due margini che definiremo in francese, visto che è in questa lingua che detti margini sono più denominati dagli addetti ai lavori: il “marge avant” che corrisponde al nostro margine lordo e cioè dalla differenza tra prezzo di acquisto delle merci e prezzo di vendita al dettaglio (cioè al consumatore finale); e il “marge arrière” che è costituito a sua volta da due sub-margini: il prezzo netto-netto e il prezzo nettissimo o netto-netto-netto. Il primo rappresenta circa il 30% del prezzo di vendita, il secondo può arrivare anche al 60%.
Allegati
- 194-CRS-2010-Inflazione
- di Roberto Pacifico / novembre 2010