Era il 2016 quando al Festival internazionale della creatività Leoni di Cannes, evento di assoluto riferimento per il settore pubblicitario e della comunicazione, uno dei tanti oratori dal palco disse: "Quanto ci vorrà perché Netflix vinca un Oscar?". Noi di Mark Up eravamo là tra il pubblico quando questa prospettiva sembrava ancora fantascienza, perché Netflix non assomigliava a un produttore di film ma solo a una piattaforma di streaming dove vedere i film prodotti da altri. Oggi, invece, quell'orizzonte apparentemente lontanissimo è già diventato realtà presente.
La domanda fantascientifica che potremmo dunque porci per il prossimo futuro è un'altra, ovvero: quand'è che la prima azienda del largo consumo vincerà un Oscar? Sarà Coca-Cola nel 2030? Un'azienda come Lego, al cinema con i Lego Movie, già da tempo fa scuola per capacità di engagement ed estensione del business oltre la propria categoria merceologica nativa. Un caso molto citato ma per lungo tempo poco imitato, non solo perché non tutti sono un love-brand come Lego, ma anche per questioni di cultura della comunicazione di marca e di non eguale disponibilità di budget per creare contenuti cinematografici propri.
I tempi, tuttavia, sono cambiati: i social, Netflix e le varie piattaforme di streaming hanno spostato le audience, ancor più con la complicità della pandemia. I film non solo adesso arrivano in questi spazi virtuali praticamente in concomitanza con l'uscita al cinema, ma anche come vera e propria esclusiva del canale. I contenuti, sia per aumento degli spazi sia per necessità di sostegno alla sottoscrizione di un abbonamento, devono essere tanti e di qualità (ma non necessariamente costosissimi): un obiettivo almeno in parte raggiunto, come dimostra il fatto che le super star hollywoodiane non snobbino più il piccolo schermo. I formati, a loro volta, si sono fatti vari per durata e tipologia: tornano in auge le miniserie, i factual spopolano sui temi più svariati della quotidianità, i documentari non sono più solo un momento didattico alla "Super Quark" con usuale tone of voice, ma raffinate opere artistiche ed emozionali (Il mio amico in fondo al mare prodotto da Netflix è un piccolo capolavoro che ha vinto appunto l'Oscar di categoria nel 2020).
In questo mutato scenario di spazi, tecnologie e linguaggi per i brand si apre la possibilità di una nuova comunicazione di qualità che abdica al canonico spot, non ponendosi necessariamente solo sulla scia Lego, ovvero quella del puro intrattenimento, ma ambendo anche a scopi più impegnati. Parallelamente a questa evoluzione dei media, infatti, si sono evoluti anche i consumatori, sempre più disattenti e annoiati dal messaggio pubblicitario standard, ma d'altro canto ben disposti ad accogliere da parte di aziende e brand un racconto autentico del loro agire nella società e per la società oltre green e social washing.
Come rileva una ricerca Kantar sugli spot natalizi 2021, in comunicazione non basta più la leva generica emozionale per distinguersi, serve una connessione più profonda tra persone, storytelling e brand purpose, elemento che migliora il gradimento e avvalora il messaggio. I risultati della stessa indagine mostrano anche la presenza negli spot odierni, magari con copy che ricercano l'effetto "wow", di criticità che solo il confronto diretto con il consumatore riesce far emergere (caso emblematico sul tema quello di Parmigiano Reggiano).
Quale sarebbe, in concreto, questa nuova comunicazione di qualità? Ad esempio quella di Patagonia con il documentario Vanishing Line (video sopra), l'ultimo di una lunga serie di contenuti del brand in ambito di attivismo e tutela ambientale. In 20 minuti girati tra Sud Tirolo e Austria il video racconta quei paesaggi incontaminati delle Alpi sempre più minacciati dall'espansione delle stazioni sciistiche e delle loro infrastrutture. A partecipare anche gli "snow ambassador" di Patagonia Lena Stoffel e Mitch Tölderer, la firma invece p del regista Johannes Aitzetmüller. Il documentario, presente sui canali social e online, è stato presentato durante l’edizione digitale del Freeride Film Festival e prevede altre proiezioni in giro per l’Europa. Un contenuto che non racconta la csr dell'azienda ma che è in quanto tale opera di csr rivolta al pubblico servizio e alla sensibilizzazione. La promozione del brand sta a zero, ma anche per questo non si fa altro che alimentarne una reputazione ben consolidata sul tema della sostenibilità e della responsabilità verso pianeta e persone. Ha fatto parlare parecchio, ad esempio, la scelta di Patagonia di chiudere i negozi durante le festività natalizie per rispetto ai dipendenti, o di donare alla tutela ambientale tutto il ricavato del Black Friday.
Natura selvaggia e inesplorata anche al centro del documentario diretto da Fulvio Mariani dal titolo Greenland - An adventure by Matteo Della Bordella, Silvan Schüpbach and Symon Welfringer, che racconta una vera e propria impresa esplorativa in Groenlandia, tra kayak e alpinismo. Il brand coinvolto è Vibram, marchio noto per le proprie suole in gomma dedicate alle attività outdoor. In questo caso a legare contenuto video e marca non è dunque l'attivismo ma l'attività, con il protagonista che è sia un noto atleta e alpinista sia parte del team Vibram. Il trailer del cortometraggio, presentato in anteprima presso il Vibram Connection Lab – spin-off dell’azienda dedicato allo sviluppo di progetti innovativi, interdisciplinari e di comunicazione – è già sul canale YouTube di Vibram, mentre il documentario integrale sarà disponibile alla visione a partire dalla prossima primavera.
Spazio a nuovi contenuti di marca anche sul canale televisivo, dove il pullulare delle reti tematiche offre a sua volta nuove possibilità anche ai piccoli. Ne è un esempio la mini serie televisiva Eccellenze di Sicilia in anteprima streaming su Discovery+ e dal 22 dicembre su Food Network. Al centro della prima puntata vi è infatti l'azienda dolciaria Fiasconaro. Da piccola pasticceria nel cuore del borgo medioevale di Castelbuono (Palermo) ad eccellenza dolciaria internazionale, presente con le proprie referenze in oltre 60 Paesi: il contenuto docu-filmico in questo caso diventa occasione per raccontare una storia made in Italy con stile autentico e all'interno di un contenitore dedicato agli appassionati di cibo che, come tali, risultano perfettamente in target.
Infine, anche laddove il contenuto non sia proprio, oppure interamente dedicato al brand, ci si associa con maggiore coerenza identitaria e creatività a produzioni cinematografiche oltre il mero product placement. Deliveroo, ad esempio, ha investito in un’ampia operazione di co-branding con il film del “Milanese Imbruttito”, pellicola prodotta da Qmi con Ramaya Productions e Medusa Film. L’app di food delivery si è infatti ritagliata un vero e proprio ruolo nel film in linea con il suo legame con il territorio milanese e il linguaggio ironico del Milanese Imbruttito. In associazione alla presenza nel film anche un campagna social e il “Menù Imbruttito”, consegnato ai clienti con un packaging speciale e una shopping bag dedicata.