Qualcuno già dice che il metaverso non sopravviverà, ma lo dicevano anche di Google e di Facebook, che guarda caso ha appena cambiato nome in Meta. Qualcun altro ne vede opportunità mirabolanti, alcuni si sono accaparrati “terreni” nel metaverso e sognano un mondo tutto da costruire.
Il metaverso, ammesso che nel tempo questo resterà il suo nome, è, ai miei occhi di giornalista curiosa, uno spazio con grandi potenzialità che per svilupparsi ha bisogno (come tutti i prodotti, beni e servizi) di un pubblico e di expertise atte a svilupparlo. Mi soffermo su questo ultimo punto, mi ha colpito una frase di un docente di ingegneria al Politecnico: “Fino a pochissimi anni fa chi si iscriveva a ingegneria e si specializzava in gaming era guardato come qualcuno che cercasse una via facile all’interno di una laurea sfidante. Oggi, quegli stessi che si sono laureati in gaming sono contesi a suon di euro e benefit”. Sì, perché il metaverso è e sarà tutto da disegnare, architetti e ingegneri 5.0, multimedia specialist, grafici e montatori, si sostituiranno nel nuovo mondo a quelli che, nel mondo reale, girano intorno al mattone, ma invece di gru e scavatori useranno computer e programmi.
Anche il real estate del futuro continuerà nel suo lavoro di ricerca e, probabilmente, con gli stessi crismi del passato: location, location, location ma, invece di farlo lungo le vie dello shopping reali, cercheranno spazi nella Fantasilandia del futuro.
Agli assolutisti credo di poter confermare che non ci trasferiremo tutti nel metaverso, ma per il retail sarà l’opportunità di tracciare un percorso di shopping diverso, sorprendente o meno, che sappia unire online e offline in quella maniera “seamless” che tanto oggi è ricercata ma che è difficile da tradurre agli occhi del cliente in un’unica visione d’insieme. Intanto, anche i detrattori che non si immaginano una second life nel metaverso, possono però già godere dell’opportunità di riunioni, meeting, formazione in modalità virtuale e, per coloro che, dopo le innumerevoli riunioni su zoom, non ne possono più, ecco la possibilità di vedersi e incontrarsi muniti di visore in 3d.
La scienza si sta già avvantaggiando, chirurghi fanno pratica in modi inimmaginabili fino a pochi anni fa: la formazione, tutta, anche quella sul campo, può trasformarsi in esperienza vissuta da remoto ma approssimabile alla realtà. Così torniamo all’esperienza: fondamentale in tutto il vissuto umano e punto di forza (o di debolezza) del retail, in cui il rapporto tra fisico e virtuale diventa uno, non più dunque un futuro omnicanale ma un unico canale che si chiama esperienza in cui confluiscono tutti i mezzi a disposizione.
Editoriale Mark Up n. 316, febbraio 2023