Che alcune materie prime siano aumentate è un fatto, così come è un fatto il ritorno dell’inflazione, passata in Italia dal +0,4% di gennaio al 2% di agosto, 3% se guardiamo all’eurozona, principale causa: il rincaro dell’energia che ha segnato +19,8% ad agosto, salgono dunque anche le bollette di gas ed elettricità. Il petrolio, dopo il tracollo dello scorso anno, è tornato ai livelli usuali. E fin qui tutti sono coinvolti, cittadini, produzione e distribuzione, ma gli aumenti non finiscono qui: secondo le stime Federacciai, l’associazione delle imprese siderurgiche, da inizio anno i prezzi sono raddoppiati, qui a pagare sono i settori dell’edilizia, della meccanica, dell’automotive e degli elettrodomestici, l’aumento della domanda è un fattore ma concorrono anche gli aumenti di cui sopra, energia soprattutto. Dall’acciaio passiamo all’alluminio, salito di circa il 40% da gennaio, arrivando a 2.782 dollari per tonnellata e sfiorando i 3mila euro e registrandosi come il prezzo più alto degli ultimi 10 anni. Anche la carta sale. Secondo Assocarta, da fine 2020 a giugno 2021, le cellulose per produrre carta e cartone hanno subito rincari dal 60% al 70%. Sale la domanda di sostenibilità e con essa anche quella di carta e cartone riciclati, che da ottobre 2020 a maggio 2021 sono saliti rispettivamente del 138% e 143%. Tutti costi che in un modo o nell’altro entrano nei bilanci della produzione. Passando al food, aumenta il prezzo del grano che rincara del 60%, ovvio che a risentirne in primis sarà il mondo della pasta e quello del pane, aumenti anche per olio e zucchero: l’indice Fao dei prezzi dello zucchero sul mercato mondiale è aumentato del 9,6% su anno ad agosto rispetto a luglio, così anche per l’olio vegetale aumentato del 6,7% ad agosto, con i prezzi internazionali dell’olio di palma tornati ai massimi storici.
In sintesi, di tutti questi aumenti quanto sarà assorbito in termini di mancati guadagni dall’industria, quanto dalla distribuzione e quanto dal cliente finale? Si corre su un filo, un po’ di inflazione male non fa, se è figlia di un aumento della domanda, se invece è figlia di un aumento dei costi, allora non funziona. Come hanno ricordato alcuni retailer presenti al Marketing & Retail Summit, bisogna fare dei distinguo, tra aumenti per mancanza di scorte e aumenti per innalzamento dei costi delle materie prime. Non corriamo il rischio di penalizzare le industries più deboli per far quadrare i bilanci. Bisogna che industria e distribuzione pesino bene quello che faranno nel prossimo futuro, come ha ricordato l’Ad di Conad, Francesco Pugliese: “Questa è una partita importante e dobbiamo giocarla tutti insieme”, e soprattutto senza mettere le mani nelle tasche dei clienti.
Editoriale Mark Up n. 303, ottobre 2021