Solo un anno fa non si faceva altro che parlare di omnicanalità, oggi sembra un termine superato. Forse perché è diventato un prerequisito per sopravvivere. Al consumatore non interessa il canale, ma un’esperienza in linea con i suoi valori e desideri. Le aspettative sono sempre più sofisticate, se l’online e i discounter di un certo livello hanno dimostrato che non necessariamente c’è da fare un trade-off tra prezzo e qualità. Proprio l’eCommerce e i discount sono gli unici canali distributivi in crescita e con le migliori prospettive per il futuro a livello globale.
Non può essere solo un caso il fatto che numerose catene abbiamo dismesso o ridimensionato la loro presenza in termini di negozi, dagli Stati Uniti all’Australia e al Regno Unito. Le realtà più in difficoltà sono quelle di tipo tradizionale, mentre emerge una tendenza inversa di aperture di nuovi store che offrono un’experience o una Usp (unique selling proposition) distintiva: nuovi brand, ma anche insegne storiche come Walmart o Ikea.
La sfida dei nativi digitali
La sfida per i brand viene soprattutto dai digital native, che sono uno stimolo enorme a muoversi dalla comfort zone di un approccio tradizionale di marketing; uno dei canali più importanti su cui si gioca questa sfida è proprio l’eCommerce. La domanda più importante è: in che misura mi devo spingere oltre la comfort zone? Il modo di fare marketing che ho sempre usato mi aiuterà per il futuro?
Il consumatore cerca l’experience e in un contesto eCommerce dominato dai marketplace (si stima che i volumi di Amazon pesino dal 35% al 50% rispettivamente in Uk e Usa) in cui il servizio crea più legame del brand, gli sforzi per lavorare sull’equity devono essere contro bilanciati da un focus importante sulla conversione, soprattutto sui canali diretti. Il consumatore utilizza i siti dei brand soprattutto nella fase di ispirazione iniziale, mentre già nella fase di search tende a spostarsi su Google, o direttamente su Amazon.
Peraltro, con il passaggio alla cosiddetta era della “Zero user interface” si apre un ulteriore spazio in cui bisognerà imparare a conoscere e usare le nuove modalità di ricerca vocale, di riconoscimento delle immagini, così come il riordino automatico, laddove i veicoli tradizionali per fare brand engagement dovranno essere completamente immaginati e realizzati. Questo potrebbe far pensare a un consumatore sempre più freddo e razionale, staccato e difficile da ingaggiare. Tutt’altro: il consumatore vuole che i brand raccontino delle storie, e sono proprio quelli in grado di raccontare le storie più intriganti, di fare community, ad avere successo.
Come si possono muovere i brand
I brand hanno quindi la possibilità di avere un impatto che va ben oltre i prodotti che vendono, agendo in diversi modi:
• attivando e stimolando le community, facendole diventare dei network di fan, a loro volta in grado di trasformarsi in una componente creativa con la possibilità di influenzare altri potenziali;
• guidando attivamente il cambiamento attraverso una svolta drastica. Per esempio, Adidas ha dichiarato che userà solo plastica riciclata entro il 2024. Il 40% degli shopper di abbigliamento è disposto a spendere di più per i brand con un profilo etico migliore;
• plasmando la realtà, anziché limitarsi a trovare un ruolo al suo interno. Consentire ai consumatori di vivere esperienze indimenticabili significa per il brand riuscire a entrare nel mondo delle nostre passioni e interessi.
Dall'eCommerce al social commerce
Un contesto appropriato per costruire brand engagement e storytelling è quello dei social network, che stanno guadagnando rilevanza anche in termini di eCommerce, o meglio social commerce. Al momento, sono ancora un canale utilizzato più nella fase di ispirazione e di ricerca, ma rappresentano un punto di partenza per guardare anche a questo canale in ottica di sales e di conversione.
Vale la pena menzionare un altro elemento strategico, ovvero il ruolo e l’importanza, confermata da numerose ricerche, delle online reviews, che insieme al passaparola di cui rappresentano di fatto la trasposizione nel contesto eCommerce, sono di gran lunga la fonte più autorevole su cui lo shopper online si basa, quella di cui ha più fiducia e che considera più utile nel finalizzare la sua decisione. Un elemento che meriterebbe più attenzione nel dibattito relativamente all’utilizzo dell’intelligenza artificiale e del programmatic commerce.