Se per alcuni è stata uno sgradevole luogo di costrizione, per la netta maggioranza in tempo di Covid-19 la casa ha ritrovato il proprio ruolo più positivo e intimo di focolaio, nonché spazio di lavoro, consumo e lifestyle dalle svariate e nuove possibilità. L’83% degli italiani oggi la descrive come vero e proprio “santuario”, un luogo dove sentirsi sicuri e protetti.
A rilevarlo è l'indagine annuale Life at Home Report, la ricerca internazionale condotta da Ikea sulla vita in casa, che ha coinvolto 37 Paesi, compreso il nostro, e oltre 38.000 persone. Data la volatilità del contesto attuale, lo studio si è svolto in tre fasi dell'anno diverse per offrire uno sguardo veritiero. Vediamo allora quanto emerso.
Nuove risposte per usuali esigenze
La tendenza globale è stata quella di crearsi nuove abitudini e routine domestiche che hanno portato anche a un conseguente cambio nei consumi. Guardando agli italiani, ad esempio, il 43% ha dedicato più tempo a sé stesso, il 43% si è dedicato maggiormente alla lettura o ai giochi, il 40% all'attività fisica, il 35% alla socializzazione virtuale e il 49% alla cucina (il 50% ha consumato più pasti in famiglia). C'è infine un 21% che ha riscoperto il giardinaggio. Da qui il relativo incremento delle categorie merceologiche associate, come nel caso dell'"introvabile lievito", dell'intrattenimento on demand e così via. Il tutto, naturalmente, con una buona quota di acquisti effettuati via eCommerce, assunto poi da molti come nuovo riferimento stabile.
Cambiano i criteri di soddisfazione
Se ante pandemia 1 italiano su 4 dichiarava di trovare il “senso di casa” fuori dalle quattro mura domestiche, attualmente, come anticipavamo sopra, il discorso è decisamente diverso e quest'ultima è diventata per l'83% un rifugio sicuro. Una tendenza confermata anche da tutte le altre nazionalità coinvolte. Quasi la metà (46%) degli italiani ritiene inoltre che la casa abbia soddisfatto le proprie esigenze emozionali durante il lockdown meglio che in passato. Curiosità: indiani, filippini e svedesi risultano i più soddisfatti, contro i giapponesi, ultimi in classifica.
Da notare che, rispetto ai 65-75enni, i giovani tra i 16 e i 24 anni si mostrano molto meno convinti che l'abitazione sia progettata in modo da soddisfare le loro esigenze (49% contro 25%). Stesso discorso, come prevedibile, per chi vive in un monolocale e per le famiglie a basso reddito rispetto a quelle con reddito medio-alto. Dati che trovano riscontro anche nelle nuove esigenze di tele-lavoro e che impattano in modo significativo sul concetto stesso di cosa sia una buona casa: circa 1 italiano su 2 prenderebbe oggi infatti in considerazione di scegliere la dimora anche lontano dal proprio luogo di lavoro, a favore di un ambiente domestico migliore con più spazio, un giardino o un luogo all’aperto. Una tendenza che in prospettiva potrebbe portare ad "alleggerire" le grandi metropoli per un ritorno in auge dei piccoli centri urbani. Ma questo è un discorso a parte.