Digitalizzazione nella PA: il caso della carta d’identità elettronica

I tentativi di semplificazione della burocrazia, guardando più ai processi interni che non agli effetti sui cittadini e sulle imprese, creano spesso problemi e costi, come dimostra il caso della carta d’identità elettronica.

I problemi di scarsa qualità dei servizi e d’inefficienza nei processi della Pubblica Amministrazione del nostro Paese sono alcuni dei più importanti freni allo sviluppo delle imprese in molti settori ad alta intensità di rapporto con il settore pubblico.
Tutti gli osservatori indicano nel processo d’informatizzazione e digitalizzazione una delle modalità di più importanti per risolvere alcuni dei problemi. Tuttavia la domanda è se il sistema politico e istituzionale, oltre che regolatorio, in cui si muove la PA non comporti di fatto solo un aumento della spesa pubblica in strutture informatiche, complicazioni procedurali e dilatazioni dei processi.
A questo riguardo vi è un caso molto significativo, quello della Carta d’identità elettronica (CIE) e del Documento Unificato (DU), che ben illustra i pericoli e i rischi che si corrono al riguardo.La carta d'identità elettronica è stata varata nel 2005 dopo una fase di sperimentazione. Si è trattato di un successo in termini di accettazione, con oltre 5 milioni di esemplari consegnati ai cittadini.
Tuttavia nel 2007 è iniziata una lite tra il Poligrafico dello Stato e Finmeccanica, due dei soggetti impegnati nella sua produzione e diffusione, che ne hanno bloccato la diffusione. In presenza di questa situazione, è venuta l'idea di semplificare, come spesso accade in questo paese, con troppa superficialità.
Nella fattispecie si è ricercata la semplificazione dello strumento senza chiedersi che cosa avrebbe comportato questa scelta sull’ intero processo. L'idea è stata di sostituire la CIE con il DUma anche per accedere ai servizi della pubblica amministrazione e a quelli sanitari.
Questa idea, che non può funzionare, ha di fatto bloccato la diffusione della carta d'identità elettronica, che piace ai cittadini e che funziona bene. Il DU non può funzionare per molti motivi, il più importante dei quali è che l'accesso ai servizi della pubblica amministrazione avverrebbe tramite un lettore della carta di cui ogni cittadino dovrebbe dotarsi. Questo complicherebbe non poco il processo di utilizzo dei servizi e la vita dei cittadini.
Nell'epoca del Web e dell’accesso ai servizi on-line, si è ormai affermato lo standard dello user name e della password, mezzi oggi utilizzati da tutti per servizi delicati come le transazioni finanziarie. Inoltre, mentre la carta d'identità elettronica è finanziata dal cittadino, che è disponibile a pagare per avere il tesserino, il DU dovrebbe essere reso gratuitamente, contenendo anche la tessera sanitaria e dunque comporterebbe un aggravio di costi per la PA.
Inoltre, la CIE è un documento che, dovendo garantire la sicurezza dell'identità, non può che avere caratteristiche di continuità, mentre invece i servizi e la tecnologia informatica evolvono e lo strumento per l’accesso ai servizi deve essere flessibile e deve poter cambiare in relazione all'evoluzione tecnologica e alla natura dei servizi offerti.
In sintesi, si semplifica un documento e si complica tutto il resto. La soluzione logica appare quella di lasciare l’attuale carta d'identità elettronica con la sua funzione di pubblica sicurezza e fornire un'identità digitale ai cittadini per i propri rapporti con la pubblica amministrazione, come avviene per tutte le transazioni sul Web.
Lasciando aperti ed evolutivi gli strumenti tecnologici di contatto, oggi oltre al computer lo smartphone o il tablet, domani le tecnologie che verranno.
In sintesi, quando si parla di digitalizzazione e di efficienza non si può guardare ai soli processi della PA, ma bisogna porre attenzione anche ai processi degli altri soggetti implicati, imprese e cittadini. E la digitalizzazione va fatta tenendo conto dell’evoluzione della tecnologia, mantenendo il massimo dell’apertura e della flessibilità.

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