Il focus si sposta sul consumatore, sostantivo obbligatoriamente al singolare, perché la prima tendenza in ambito digitale che le aziende non possono ignorare è la crescente richiesta di un'esperienza fruitiva personalizzata, che passa in primo luogo dalla scelta autonoma dei contenuti. Questo il trend mainstream che attraverserà tutto il 2015 secondo quanto individuato da Hotwire nel suo sesto report annuale, che sarà l’ultimo a trattare il digitale separatamente, preparandosi a una nuova edizione integrata.
Il cambio di rotta dell’agenzia di comunicazione, votata da The Holmes Report come “Best Technology PR Agency Worldwide” 2014, va di pari passo con un’altra tendenza dettata dal 2.0, che richiede ai brand di attuare strategie di marketing unificate. Con il 60% di utenti che navigano da dispositivi diversi, una percentuale indubbiamente in crescita, il marchio deve infatti da un lato rendersi ugualmente accessibile dai vari device, dall’altro veicolare identità e immaginario coerenti attraverso tutti i canali, partendo dagli aspetti di visual e design.
Un trend 2015 che si incentra a sua volta sul binomio individuo-nuove tecnologie è quello che determina il successo dei dispositivi indossabili come Google Fit o Sony SmartWatch 3, che si legano in particolare al tema della salute e del benessere, consentendo parallelamente la raccolta di grandi quantità di dati che gli esperti del settore devono intercettare e saper sfruttare, sempre in un’ottica di efficienza comunicativa. Ricostruire un quadro accurato del consumatore è ormai fondamentale per l’advertising, che meglio funziona tanto più si inserisce in una routine su misura, all’interno della quale il consumatore si mostra sempre più disponibile a contraccambiare la gratuità dei servizi digitali fornendo informazioni personali.
In un mondo che implementa di continuo le esperienze reali grazie a meccanismi virtuali, a partire da un'estensione smart dello shopping in-store, si segnala infine un segmento di utenti in controtendenza, che prende le distanze soprattutto da un eccesso di visibilità social e che rappresenta quelli che potremmo definire i “no-tech”.