(*) strategy director, (**) jr strategist FutureBrand
Qualsiasi marketer di buon senso sa che un messaggio overpromising o una campagna di comunicazione poco aderente alla realtà rischiano di minare la fiducia dei consumatori e vanificare il duro lavoro di costruzione della reputazione di un brand. Eppure, negli ultimi anni sono numerosi i brand che hanno scelto, in modo più o meno consapevole e con il tacito consenso delle proprie audience, di rappresentare un mondo “altro” rispetto alla realtà quotidiana assai più difficile da maneggiare. Se questa pratica è comprensibile e addirittura necessaria per sostenere, nel breve periodo, un atteggiamento positivo da parte dei consumatori, il protrarsi delle crisi globali, la perdita del potere d’acquisto della classe media e le crescenti incertezze per il domani richiedono un altro approccio. “Tu sei futuro” dice l’ultima campagna di Fastweb. Sì, ma quale futuro? Il rapporto annuale Istat ci ricorda che la mobilità sociale è al minimo e che il futuro è sempre meno nelle nostre mani. Stiamo affrontando crisi sociali, politiche, sanitarie, climatiche e militari che hanno ridotto la nostra disponibilità a credere a promesse troppe belle per essere vere, lasciandoci in eredità una forte ansia per il domani che si traduce nel desiderio di vivere appieno il presente. Per tornare a essere credibili, i brand, specie quelli che si rivolgono al grande pubblico, devono cessare di fare promesse astratte e dimostrare invece la loro vicinanza e il loro impegno a dare valore alla nostra vita di tutti i giorni.
L’era dell’anti-artificiosità
L’esigenza di una nuova narrazione fondata sulla verità trova terreno fertile in diversi mercati, con esempi virtuosi di marchi che guidano questo nuovo corso della comunicazione, che si articola in maniera trasversale su più dimensioni, tra cui l’anti-artificiosità, la rappresentazione senza filtri, la vicinanza alle comunità, la concretezza e le nuove rappresentazioni più inclusive. Un brand emergente che incarna il concetto di anti-artificiosità è Babaco Market, il servizio di e-grocery anti-spreco nato a Milano durante la pandemia. Nel 2021, il brand ha lanciato la sua prima out of home advertising “La bellezza del mondo sta nelle imperfezioni”, per promuovere la vendita di frutta e verdura scartata dai supermercati semplicemente perché ritenuta “brutta”. Babaco Market ci ricorda che la “frutta brutta” esiste e propone una soluzione sostenibile per tutti con un occhio d’attenzione a chi cerca di risparmiare, perché il valore non è nell’estetica del cibo, ma nella sua qualità e unicità.
La realtà ha un buon sapore
La richiesta di verità e di rappresentazione senza filtri delle comunità è l’idea alla base della campagna “Non Artificial Mexico” di Burger King del 2022, nata per promuovere il passaggio dei suoi ristoranti a un menù privo di conservanti e più fresco. La campagna cattura in bianco e nero le sfumature della comunità messicana: giovani, vecchi, donne incinte o struccate, poveri, lavoratori a torso nudo e così via, partendo dall’insight che le pubblicità in Messico spesso rappresentano aspetti lontani dalla realtà, come individui dalla pelle molto chiara o situazioni socioeconomiche estremamente positive. Una vera e propria celebrazione della comunità da parte di Burger King, un brand accessibile a tutti che ha deciso di raccontare la vita spesso complessa dei suoi reali clienti. La campagna “Lo real sabe mejor” ha generato il 95% di brand awareness, il 98% di brand sentiment positivo e un aumento delle vendite del 36,7%.
Vicini in maniera concreta
Un’altra declinazione del concetto di autenticità e vicinanza alla comunità viene rappresentata da Ikea che, nel suo posizionamento popolare, promuove la vicinanza alle persone comuni a cui sta a cuore il vivere bene. Attraverso la campagna “Inflation-proof” del 2023, Ikea mette in evidenza come i suoi articoli non abbiano subito aumenti di prezzo nonostante l’aumento del costo delle materie prime. Questo tipo di comunicazione rafforza il posizionamento stesso del brand: creare una vita quotidiana migliore per il maggior numero possibile di persone.
La schiettezza vince
Anche il mondo del beauty sta compiendo una transizione orientata a maggiore verità e concretezza. Per esempio, VeraLab, il brand della “estetista cinica”, influencer e imprenditrice Cristina Fogazzi, racconta i propri prodotti attraverso il corpo reale della fondatrice, che si mette in gioco in prima persona mostrando le proprie imperfezioni e parlando con l’audience in modo chiaro e diretto. Il successo di chi “vende” promesse credibili non manca ad arrivare: VeraLab ha chiuso il 2021 con 62,7 milioni di euro di fatturato, nel 2022 ha sponsorizzato l’albero del Natale in piazza Duomo a Milano e ha aperto il 2023 con la partnership ufficiale della 73° edizione di Sanremo.
Oltre gli stereotipi
L’inclusione di nuove rappresentazioni è stato il terreno d’innovazione di Mattel con il brand Barbie. Il percorso di sfida alla bellezza stereotipata è iniziato nel 2015 con bambole dal fisico più realistico per arrivare, quattro anni dopo, a rappresentare categorie della realtà che di solito le persone non vogliono vedere, come la Barbie in sedia a rotelle, la Barbie con protesi, con l’alopecia o con l’apparecchio acustico.
No filter
Arrivati qui è necessario domandarsi se siamo davvero pronti ad accogliere la rappresentazione della verità in un mondo popolato da identità costruite e da raffigurazioni distorte che escludono ciò che non è perfetto. I segnali di un cambiamento fanno ben sperare, come testimonia il successo planetario della app BeReal, che promuove il paradigma anti-Instagram: una volta al giorno, in un orario casuale, la app invita l’utente a scattare e condividere una foto della realtà di quel momento, bella o brutta che sia, senza l’utilizzo di filtri e manipolazioni. Si sta delineando una nuova narrativa che non intende negare l’esistenza di una promessa di valore aspirazionale da parte dei brand, ma che apre nuove opportunità nel modo di raccontarla e comunicarla. Per continuare a crescere ed essere rilevanti, i brand hanno l’opportunità di adottare uno storytelling diverso che non nega i problemi della società, ma li abbraccia per diventare parte della soluzione. Una narrativa in cui le persone comuni, il “resto di noi”, può riconoscersi, passando dalle promesse che sembrano “troppo belle per essere vere” al ricordare che questi brand esistono per persone reali, con necessità, problemi, desideri e sogni concreti.