Editoriale – Crescere si può

Cristina Lazzati
Migliorare è possibile ma deve cambiare il paradigma. È necessario trovare una formula che preservi la qualità del made in Italy e faccia evolvere le imprese. Non un desiderio ma un obbligo

Potenzialità, se ne parla fin troppo, l’industria agroalimentare italiana è come gli studenti che si sentono dire “è intelligente ma ...”, l’eccesso di frammentazione del settore è una sorta di leitmotiv (negativo) al quale non sembra si riesca a porre rimedio ma se le piccole e medie imprese (Pmi) costituiscono l’ossatura dell’industria italiana, un patrimonio inestimabile di tradizioni e qualità, sono anche il limite alla nostra capacità di competere su scala nazionale e internazionale impedendo di costruire una massa critica sufficiente per influenzare le politiche di settore e per sostenere la competizione con i grandi player globali.

In Italia, la frammentazione non è solo una questione di numeri, ma di strategie e risorse. Le Pmi spesso mancano delle capacità finanziarie e organizzative per investire in innovazione, marketing e internazionalizzazione. La conseguenza è che, pur offrendo prodotti di altissima qualità, faticano a emergere nei mercati esteri dominati da colossi multinazionali. Altro aspetto critico è il passaggio generazionale: molte imprese familiari non riescono a gestire il delicato processo di trasferimento della gestione alle nuove generazioni. Questo non solo mette a rischio la continuità aziendale, ma preclude anche l’adozione di nuove visioni e competenze necessarie per affrontare le sfide contemporanee; senza un ricambio generazionale efficace, le Pmi rischiano di perdere competitività e, in ultima analisi, di scomparire.

La soluzione a questa impasse richiede un cambio di paradigma: è necessario promuovere l’aggregazione delle imprese, incoraggiando fusioni e collaborazioni che permettano di raggiungere una massa critica. Le reti d’impresa e i consorzi possono rappresentare un primo passo verso una maggiore coesione e competitività ma non basta, le istituzioni devono giocare un ruolo chiave, fornendo incentivi e supporto per favorire la crescita e l’internazionalizzazione delle Pmi.

In conclusione, l’Italia ha tutte le carte in regola per affermarsi come leader nel settore agroalimentare. Tuttavia, senza superare il problema della frammentazione, rischiamo di rimanere spettatori in un mercato globale sempre più competitivo.

È tempo di unire le forze, di guardare oltre i confini del proprio orticello e di costruire un futuro in cui le nostre eccellenze possano davvero brillare a livello internazionale. Solo così potremo trasformare la nostra ricchezza di Pmi in una potenza globale, capace di influenzare politiche di settore e di imporsi sui mercati esteri con la forza della nostra tradizione e la spinta dell’innovazione.

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