L’emergenza sanitaria del Coronavirus sta impattando drammaticamente sulla vita di milioni di persone, avendo, oltretutto, già dimostrato tutte le sue potenzialità per far deragliare l’economia mondiale. Se non gestite in maniera illuminata, le ripercussioni sociali, politiche ed economiche del contagio non risparmieranno nessuno; pur non essendo il primo caso di crisi sanitaria nella storia. L'influenza spagnola o la peste, ad esempio, sono state sì pandemie terribili, ma conferiscono, comunque, al Coronavirus lo status di prima pandemia dell’era della globalizzazione, agevolando le sue nefaste sintomatologie grazie ai facili movimenti internazionali, alla rapida diffusione sui media di fake news e all’interconnessione di tutti i sistemi economico-produttivi.
Ci si trova, infatti, in quella che molti esperti definiscono la “terza ondata” della globalizzazione, caratterizzata dalla riduzione dei costi di trasporto delle merci su scala mondiale; dalle innovazioni nel campo delle tecnologie dell’ICT da cui è dipesa una riduzione dei costi di trasmissione delle conoscenze e di monitoraggio della loro produzione, creando sacche di tossiche di disinformazione; e dall’ingresso dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina, e Sudafrica) e di altri paesi emergenti nel mercato capitalistico globale, con il loro grande bacino di manodopera a basso costo, e i loro ampi margini di manovra su adempimenti fiscali ed ambientali.
In questo particolare scenario, la geografia del virus sta facendo sì che Stati Uniti, Cina, Giappone, Germania, Regno Unito, Francia e Italia rientrino tutti, seppur con tempistiche di contagio e diverse reazioni nel breve termine, nella classifica dei paesi più colpiti a livello sanitario e conseguentemente economico. Secondo i dati del Centre for Economic Policy Research (CEPR) di Londra, a livello mondiale, le economie dei suddetti Stati rappresentando da sole oltre il 60% del PIL globale, il 65% della produzione manifatturiera e il 41% delle esportazioni manifatturiere mondiali. Come sostiene il CEPR, parafrasando il noto aforisma di Nouriel Roubini – “Mr. Doom” ("il Signor Apocalisse") –, l’economista statunitense che tra i primi riuscì a prevedere nel 2006 l’imminente scoppio della bolla immobiliare che portò alla crisi finanziaria globale, sulla base di queste premesse, “Quando queste economie starnutiscono (e non solo gli Stati Uniti come nel 2006), il resto del mondo prenderà un raffreddore”.
Per cercare di correre ai ripari dal raffreddore, in attesa di sviluppi sanitari in merito ad una cura efficace, un antidolorifico che sta attenuando molti dolori è rappresentato dalla tecnologia. Tra le problematicità della popolazione in quarantena alle prese con tutti i disagi derivanti, per l’Italia, dalle misure draconiane dettate dalla somma dei provvedimenti dell’8, del 12 e del 21 marzo 2020, i quali sicuramente avranno ripercussioni per le tasche degli italiani, il contatto umano è sicuramente la cosa che manca di più in questi giorni di Social Distancing.
Al di là dei canti sui balconi che stanno allietando le serate di isolamento di molti italiani, internet si sta rivelando il posto dove esplorare forme creative per rispondere alle esigenze delle persone. Le stesse istituzioni si stanno adattando all’uso delle piattaforme digitali predilette dai più giovani (ne è un esempio il profilo TikTok dell’Organizzazione Mondiale della Sanità), oltre che di esperimenti di solidarietà verso attività commerciali (uno dei tantissimi esempi possibili è l’iniziativa promettoditornare.it, che supporta locali e negozi preferiti dall’utente acquistando un coupon o uno sconto da utilizzare ad emergenza finita) e la diffusione di buone pratiche come nel caso di "Wash your lyrics", un sito che crea infografiche su come e per quanto tempo lavarsi le mani con il testo della canzone preferita segnalata dall’utente, capace di creare immagini virali da diffondere sui social.
Il Coronavirus ha, d’altro canto, imposto il digitale come essenziale per qualsiasi tipo di relazione, facendo emergere nuovi formati dall'aperitivo e cena su Google Hangouts ai concerti nelle dirette Instagram, alle lezioni in live streaming di fitness; per non parlare della rivoluzione nella scuola ed università con le lezioni Distance Learning, e allo Smart Working che si sta imponendo nel mondo del lavoro. Questi nuovi formati virtuali e relazionali, che stanno caratterizzando l’attuale periodo di isolamento, hanno addirittura fatto emergere l’importanza di quello che in inglese viene definito “Set Dressing”, ovvero l’attenzione maniacale da riporre nella cura del background della stanza in cui si è in video call con colleghi, capi, amici e parenti, al punto da essere notata e destinata ad essere ricordata anche oltre il periodo della quarantena.
La tecnologia, inoltre, nel frattempo si è sempre più appropriata delle caratteristiche umane – volto, voce, ecc. - tanto che ormai, nella categoria dei cosiddetti “Generated Media”, sono addirittura reperibili sul web immagini di persone libere da copyright perché generate completamente dall'intelligenza artificiale (è il caso di generated.photos).
Usi interessanti riguardano anche la voce, tanto da fare degli assistenti vocali gli assistenti vocali strumenti sempre più familiari in ambiti sia personali che professionali, per semplificare e rendere più immediati task come informarsi e documentarsi – sulle previsioni del tempo, sui risultati sportivi ad esempio – o per efficientare sistemi intelligenti nell’ambito dell’automation e della digitalizzazione.
La Voice Technology ha la capacità, quindi, di accorciare, in maniera più diretta ed empatica, il divario che può intercorrere tra l’azienda e l’utente, regalando una migliore custode experience. In questo contesto e prendendo spunto dall’attuale pandemia, Alessio Pomaro, Head of Voice Technology di Site by Site, arriva ad immaginare la possibilità di introdurre un Vocal Assistant per ogni Comune d’Italia che informi i cittadini con aggiornamenti verificati e in tempo reale, consentendo di ottenere immediatamente risposte e aggiornamenti circa l’emergenza sanitaria in corso.
Arrivano, inoltre, anche dall’estero ulteriori esempi virtuosi su come sfruttare al meglio tale tecnologia. Sul versante informazione pubblica, nel West Virginia (USA), Alexa è stata programmata con nuove funzionalità per essere in grado di risponde a domande sui servizi governativi. In Estonia poi, a livello ministeriale, è già in corso di progettazione un assistente vocale per i servizi pubblici, KrattAI, che consentirà all’utente di ricevere informazioni dall’assistente virtuale attraverso la voce e chiedere di compiere delle operazioni, ad esempio rinnovare il passaporto: in questo particolare caso l’utente viene messo in contatto con un assistente specializzato che organizzerà le pratiche per il nuovo documento e lo invierà al suo domicilio.
Volendo applicare, invece, la tecnologia vocale al contesto sanitario attuale, in Cina sono già in sperimentazione gli ascensori funzionanti con i comandi vocali anti-contagio, che consentiranno agli utenti di entrare nell’abitacolo senza toccare i pulsanti, potendo così usufruire di un assistente vocale per comunicare a quale piano si desideri andare.
Molto utile sarebbe pure il contributo di un assistente vocale o di una voce che ci guidi nell’acquisto di prodotti online, facendo risparmiare tempo all’utente risparmia tempo ed evitando sensazioni di abbandono nel processo d’acquisto, traendo beneficio dall’umanizzazione di una macchina.
In termini generali, una volta rientrata l’emergenza, sarà strategico saper fare tesoro dell’eredità digitale che sta emergendo dalla crisi Coronavirus, sapendo mantenere e approfondire gli aspetti migliori, per valorizzare sempre più il contatto umano, e attenuare gli impatti più perversi della globalizzazione economica.