Conserve ittiche italiane: siamo i più sostenibili d’Europa

Una tradizione secolare, un mercato da 2 miliardi di euro e 1500 addetti. Un settore che continua a innovare, nonostante inflazione e climate change

È il tonno in scatola il re delle conserve ittiche in Italia, con un valore  di mercato di circa 1,6 miliardi di euro nel 2023, cui si aggiungono altri prodotti, quali acciughe sotto sale e sott'olio, sgombri, sardine, salmone, vongole e antipasti di mare, per un fatturato totale di circa 2 miliardi di euro.

Negli ultimi anni vi sono tuttavia nuove incertezze con la crisi energetica e inflattiva, incisive sui costi di produzione, che hanno generato una flessione dei volumi del 5,2% nel 2023 e un calo delle esportazioni del 12,8% rispetto al 2022.

Tonno re delle conserve

Il tonno in scatola gioca un ruolo fondamentale nel comparto, accennavamo. Acquistato dal 96% delle famiglie italiane che ne apprezzano praticità e comodità (58,6%), è consumato almeno una volta a settimana dal 60,6% degli italiani che praticano sport. Il 39,4%degli italiani lo sceglie come valida alternativa alla carne o al pesce fresco secondo l’indagine AstraRicerche 2024 per Ancit, Associazione Nazionale Conserve Ittiche e delle Tonnare.

L'Italia è il secondo produttore europeo di tonno in scatola dopo la Spagna, nonché uno dei più importanti mercati per il consumo di questo alimento a livello globale. Il settore delle conserve ittiche fa scuola nel mondo, rappresentando un valore per il territorio e per l’Italia.

Sebbene i dati del 2023 parlino ancora di contrazione dei volumi (complice anche la riduzione del potere di acquisto degli italiani), i numeri si stanno riallineando con i livelli del 2019, a conferma della tenuta dei consumi. I dati attuali sono, infatti, comparabili e in linea con lo scenario pre-Covid, facendo emergere una sostanziale stabilità (dopo i picchi del biennio 2020-2021), confermando un’onda lunga di assestamento, che si auspica possa avere termine nel 2024 per una nuova ripartenza del settore. Nel 2023, la produzione nazionale di tonno in scatola si è attestata su 73.581 tonnellate (-0,91% sul 2019 contro -4,95% sul 2022), con un volume del prodotto totale disponibile per il mercato italiano di 143.250 tonnellate (-4,9% sul 2022), che ha alimentato circa 2,42 kg di consumo pro capite, a conferma dell’importanza del prodotto nella dieta degli italiani. A valore, il mercato è stato di 1.674 milioni di euro (+8% sul 2022 e +26,34% sul 2019, causa lo choc inflazionistico) per un settore che conta più di 1.500 addetti. Nello stesso arco di tempo, le esportazioni hanno raggiunto quota 27.926 tonnellate (+8,65% dal 2019).

Conserve ittiche sotto la lente

L’andamento del settore conserviero ittico, che comprende anche sgombri, acciughe sott’olio e sotto sale, sardine, salmone in scatola, rispecchia quello delle conserve di tonno, con consumi a volume in calo sul 2022 (-5,93% con 18,3 mila tonnellate tra alici, sgombro, salmone, sardine, vongole e altre conserve), ma in sostanziale tenuta nel 2019 (-3,8%). Il fatturato del settore conserviero ittico nel 2023 è stimato in circa 2 miliardi di euro. I consumi sul canale retail  parlano di vendite a volume per il tonno sott’olio e al naturale di quasi 111.000 tonnellate (praticamente in linea con le 111.425 tonnellate del 2019, segnando un -4,59% sul 2022).

A fronte di una stabilità del tonno all’olio, si registra un leggero incremento di quello al naturale. Nel dettaglio, il tonno sott’olio si attesta oggi a 96.238 tonnellate, quasi in linea con le 97.395 tonnellate del 2019 (-1,19%) mentre il tonno al naturale, pur rappresentando una quota inferiore, è passato da una vendita a volume di 14.030 tonnellate del 2019 a 14.736 nel 2023(+5,03%), incontrando un po’ di più le preferenze dei consumatori. Anche il tonno ricettato passa dalle 7.044 tonnellate del 2019 alle 7.368 del 2023 (+4,60%). Stessa tendenza anche per le acciughe (con 4.952 tonnellate, +1,4% sul 2019) e le sardine (1.677 tonnellate, +2,32%), a fronte di una leggera flessione per lo sgombro (9.108 tonnellate, -4,15%) e il salmone in scatola (con 1.667 tonnellate, -7,23%).

In un mare di inflazione

Il mercato si sta riposizionando rispetto al pre-Covid -afferma Giovanni Battista Valsecchi, presidente di Ancit- il 2023 non è stato un anno facile per il comparto delle conserve ittiche, con uno shock inflazionistico che ha generato una perdita dei volumi sui mercati. Siamo di fronte ad una fase di assestamento che non ha ancora trovato un suo punto di caduta definitivo per un auspicato rilancio del comparto l’andatura del mercato nazionale si conferma anche nell’export, in corso di assestamento con valori comunque superiori al 2019, quindi punto di caduta rispetto al 2019 è comunque positivo”.

In particolare -continua il presidente- il costo dell’olio d’oliva, ingrediente alla base della ricetta della tradizione, desta preoccupazione: le avversità del cambiamento climatico, dalla siccità agli agenti patogeni, si riflettono sul calo delle produzioni con conseguente incremento del suo prezzo, ma al di là delle difficoltà che il mercato sta vivendo (e che riguardano più in generale l’ambito dell’andamento del mercato del food e dell’alimentare preconfezionato), ci conforta sapere che, rispetto al 2019, i consumi a volume sono rimasti sostanzialmente stabili e che, nel frattempo, l’industria è andata avanti nella direzione di nuovi prodotti e dell’innovazione.

Innovazione e sostenibilità in scatola

Un’innovazione che si fonda  sulla sostenibilità e che vede l’industria delle conserve ittiche costantemente impegnata a razionalizzare i processi produttivi e rendere sempre più efficiente l’impiego delle risorse, dei residui di lavorazione e dell’energia. Il tonno in scatola possiede diverse prerogative di sostenibilità, con un ciclo produttivo a basso impatto ambientale, un limitato impiego di acqua ed energia e il riutilizzo dei residui di lavorazione in importanti settori produttivi, diventando un esempio virtuoso di economia circolare. Nell’industria delle conserve ittiche, del pesce non si butta via niente. Grazie all’upcycling e ai processi innovativi, una volta selezionata la porzione di pesce da destinare all’inscatolamento (43-45% del totale), il resto del tonno pescato (pari a oltre il 50% - carne rossa, pelle, scheletro, testa, ecc.), può essere trasformato in numerosi co-prodotti destinati all’alimentazione e/o utilizzati nella farmaceutica, nutraceutica e nella cosmesi. Inoltre, sempre nel segno dell’innovazione e della sostenibilità, il settore ha compiuto un ulteriore passo avanti con lo sviluppo di nuovi prodotti che prevedono un minor contenuto di olio nelle confezioni, a fronte dello stesso quantitativo di tonno, rispondendo alle esigenze del consumatore in termini di sostenibilità, lotta allo spreco alimentare, alimentazione sana ed equilibrata.

Le scatolette di tonno sono fatte di materiali - alluminio e acciaio - riciclabili al 100% all’infinito senza perdere le proprie intrinseche qualità. Gli imballaggi sono una delle voci più impattanti sulla sostenibilità dei prodotti alimentari preconfezionati, ma l’Italia è il Paese che più di ogni altro in Europa ricicla, arrivando al 71,5% effettivo. Nel 2023 l’Italia ha ottenuto risultati straordinari, con un nuovo record: sono state avviate a riciclo 428.043 tonnellate di imballaggi in acciaio (+2% rispetto all’anno precedente), permettendo di risparmiare 6.625 TJ di energia primaria e di evitare l’emissione di 539.000 tonnellate di CO2. Sono stati raccolti in media 4,8 kg di imballaggi in acciaio per abitante, attestandosi su un tasso di avvio a riciclo degli imballaggi in acciaio pari all'87,8%, superando ampiamente già oggi l’obiettivo europeo dell’80% fissato per il 2030 (dati RICREA - Consorzio nazionale per il riciclo e il recupero degli imballaggi in acciaio). E anche per il vetro, per il quarto anno di fila, l’Italia ottiene risultati sopra il target Ue fissato al 2030 (75%). Il riciclo del vetro registra infattinel 2022 un tasso di riciclo record superiore all’80% (Fonte: Co.Re.Ve.), con una raccolta di 2,5 milioni di tonnellate di vetro in un anno. Ogni italiano mediamente ha riciclato 1,6 kg di vetro in più nello scorso anno, arrivando a una media di 42,6 kg. Il materiale che arriva in discarica è ridotto così di 100.000 tonnellate, con risparmi pari a 18 milioni di euro sui costi di smaltimento. 

Un altro aspetto che contraddistingue l’Italia è quello dell’impegno delle risorse umane nella lavorazione delle conserve ittiche è frutto di secoli di memoria e cultura di un Paese, tramandati di generazione in generazione: un saper fare antico che risponde a regole precise, ancora valide che si sono integrate con l’odierna tecnologia e che ha permesso di innalzare ai massimi livelli gli standard qualitativi e igienico-sanitari, pur restando fedele alla tradizione. Macchine di ultima generazione a raggi infrarossi, impianti automatizzati, barriere tecnologiche alle contaminazioni, certificazioni di qualità, protocolli sanitari per l’alimentazione si integrano in un sistema di produzione cui contribuiscono i lavoratori dei pescherecci, i veterinari che controllano il pesce in tutte le fasi di lavorazione, i tecnici della cottura, gli esperti della ricetta, i pulitori, i selezionatori, i meccanici dell’inscatolamento, i controllori della qualità, i responsabili della logistica e i trasportatori.

Come evolve il prodotto

Tradizione e tecnologia sono essenziali dunque per rispondere a un consumo completamente diverso a quello di qualche decennio fa come ci fa notare Luca Piretta, nutrizionista all’Università campus biomedico di Roma: “Le esigenze nutrizionali alimentari degli ultimi 50/60 anni sono cambiate enormemente, così come le stesse conserve ittiche, pur restando fedeli alla loro essenza e in grado di rispecchiare lo spirito dei tempi e le esigenze del consumatore. Le conoscenze attuali permettono di considerare il prodotto ittico conservato come un alimento più ricco di nutrienti rispetto a qualche decennio fa. C’è una consapevolezza maggiore grazie a tutte le conoscenze scientifiche che hanno reso note le proprietà nutrizionali di questi prodotti”.

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