Mario Resca, presidente di Confimprese, fa un quadro molto chiaro ed eloquente della situazione: "La crisi pandemica si è portata via il 50% delle aperture. Le misure restrittive adottate sinora nel corso dell’emergenza significano 117 giornate di chiusura e si sono tradotte in una contrazione del fatturato per ciascuna azienda nell’ordine del -40% rispetto al 2019, con una conseguente diminuzione del fatturato annuo complessivo pari a 55,64 miliardi e una perdita proporzionale del gettito tributario stimabile in 11-12 miliardi di euro. Tuttavia, la buona notizia c’è ed è confermata dall’arrivo di 882 nuovi punti di vendita, segno che il retail ha voglia di ripartire e di intercettare il desiderio di ritorno alla normalità degli italiani".
Nel 2021 le imprese associate a Confimprese prevedono di chiudere 496 punti di vendita, -3,8% vs 2020, ma stimano 882 aperture di nuovi esercizi commerciali (+6,7% vs 2020), di cui 320 diretti e 562 in franchising, che si conferma per Confimprese la formula distributiva maggiormente apprezzata dagli operatori retail. Considerando le previsioni relative al numero di punti di vendita in chiusura emerge uno scenario cautamente ottimistico, in cui il saldo netto dei punti di vendita Italia (882 aperture vs 496 chiusure) è positivo, pari a 386. Una percentuale molto alta di imprese, pari a oltre l’85%, conferma l’apertura di nuovi punti di vendita.
Benchmark con i 5 anni precedenti
Il Rapporto 2021 di Confimprese fa il punto non solo sul 2020, che ha influenzato pesantemente i consumi, ma traccia il benchmark sugli ultimi 5 anni. La curva delle aperture dal 2015 al 2019 è sempre stata incrementale (735 nel 2015, 928 nel 2016, 1100 nel 2017, 1000 nel 2018) e ha guadagnato su base annua sempre qualche punto percentuale per subire una battuta d’arresto nel 2019 (822 aperture) quando, con la flessione dei consumi già in atto soprattutto nel secondo semestre, si è registrata una flessione del -20% vs 2018.
Chiusure: il Covid non è la sola causa
Un’azienda su 2 dichiara di chiudere negozi nel 2021. La pandemia non è però la sola causa che ha costretto i retailer a chiudere 496 esercizi commerciali. Il 34% punta il dito contro l’emergenza Covid e i mancati ricavi, ma il 26,8% lamenta l’eccessiva onerosità delle location: A thorn in the ass (spina nel fianco, ma come sempre gli italiani odorano troppo di sacrestia o borotalco nelle traduzioni...) come direbbero schiettamente gli inglesi. E sul costo delle location, Confimprese si è battuta nell’anno della pandemia siglando due accordi consecutivi con gruppo Finiper, che ha garantito alle imprese associate sia la sospensione dei canoni d’affitto per due mesi nel 2020 e altrettanti nel 2021, sia un significativo contenimento delle spese di gestione nei centri commerciali di sua proprietà.
L’analisi Confimprese evidenzia, inoltre, che il 24,4% chiude in seguito un processo di razionalizzazione della rete già in corso da anni, il 7,3% perché è scaduto il contratto con il franchisee, e il 2,4% per la scadenza del contratto dell’immobile commerciale.
Aperture: i leader sono abbigliamento e ristorazione
Nell’analisi per settori merceologici l’abbigliamento spicca al primo posto con 238 nuove aperture. Segue la ristorazione con una stima prevista di 191 nuovi locali. Il comparto casa e complementi d’arredo (133 aperture) ha buone prospettive di crescita, dovute anche alla necessità imposta da un anno di pandemia di lavorare in smart working e alla ritrovata voglia di abbellire gli ambienti domestici.
Nel comparto salute e benessere apriranno 38 punti di vendita, i nuovi store nell’elettronica di consumo sono 37, nei servizi 33, nell’intrattenimento/tempo libero 29, altro non food (immobiliare e bricolage) 183.
Quanto alla divisione tra aperture dirette e in franchising, il quadro è netto: nei settori abbigliamento e accessori, casa e complementi di arredo e immobiliare prevale il franchising, mentre nella ristorazione si aprono punti di vendita diretti.
Aperture: analisi per aree geografiche
Il Nord Italia è primatista nel bene e nel male, cioè nelle aperture e nelle chiusure. L'analisi Confimprese evidenzia infatti il sensibile divario tra regioni settentrionali e resto dell’Italia. Il 46,4% dei nuovi negozi in apertura è concentrato al Nord, il 27,2% al Centro e il 26,3% al Sud e Isole. Metà delle chiusure (51,1%) si sono registrate al Nord, il 27,4% al Sud e Isole e il 21,5% al Centro.
Impatti sulle famiglie
Le rilevazioni sul fronte consumatori del Termometro Innovation Team-Cerved per Confimprese segnalano persistenti conseguenze dell’emergenza sanitaria sull’economia familiare: per 2 famiglie su 3 l’impatto della crisi sul reddito si conferma negativo o drammatico, dato che si è mantenuto pressoché stabile negli ultimi mesi.
Rimane elevato anche il pessimismo sui prossimi mesi: il 38,7% si dichiara più sfiduciato rispetto a un mese fa mentre si allontana sempre di più la prospettiva di un ritorno alla normalità in tempi brevi. Solo il 18,9% si aspetta che questo accada entro la fine dell’anno mentre per 6 su 10 una vita simile a quella pre pandemica ci sarà non prima del 2022.
Gli acquisti prima e dopo il Covid19
Prima del Covid19 gli acquisti si polarizzavano nel centro città come luogo elettivo per ristoranti e centri di bellezza, frequentati sempre o abbastanza spesso rispettivamente dal 55,3% e dal 47,1% delle famiglie. I centri commerciali erano invece scelti per lo shopping sia per beni non durevoli come abbigliamento, accessori, oggettistica per la casa sia per quelli durevoli. Dall’inizio della pandemia è calata in maniera importante la frequentazione dei punti di vendita fisici: 1 su 3 non è mai andato al ristorante e non ha fatto acquisti di beni durevoli, mentre circa il 20% non ha mai fatto acquisti di abbigliamento o altri beni non durevoli in negozio. Il calo dei consumi è in parte attutito dal ricorso all’online, soprattutto per abbigliamento e accessori, ristoranti ma anche mobili ed elettronica.
Cambiano anche le abitudini legate alla permanenza nei negozi: il 72,9% si ferma per meno tempo di prima e solo il 18,5% ha mantenuto le abitudini precedenti. La sensazione di sicurezza e il rispetto delle norme anti Covid emergono come driver importanti nella scelta di dove fare gli acquisti, affiancandosi al più tradizionale rapporto qualità prezzo.