Community Shopping: retail e gdo per l’innovazione sociale

Nel decennale delle raccolte punti per le scuole da parte della gdo uno studio di Cremit e Tcc analizza il rapporto tra scuola e mercato

Il successo di un qualsiasi business è oggi influenzato dai servizi di supporto e dalle infrastrutture, sociali oltre che materiali, che lo circondano, nonché dalle interazioni con gli stakeholder e gli attori di riferimento. Ecco perché, tra le imprese che hanno già sviluppato azioni e processi maturi nel proprio percorso di responsabilità sociale (CSR) oppure, come va più di moda dire ora, che seguono i criteri ESG (Environmental, Social, e Governance), si affaccia una nuova sfida. Si tratta di ridefinire il modello di creazione di valore mediante un’applicazione efficace e sostenibile di una nuova idea di prodotto, servizio, modello, al fine di trasformarsi in promotori, attori e protagonisti di pratiche di innovazione sociale.

Un esempio interessante – se non privo di criticità e possibilità di miglioramento  – di come ciò, nella pratica, possa avvenire, arriva dal connubio mercato/istruzione. Nello specifico il ruolo del retail, e – volendo dettagliare ulteriormente – della gdo, con il mondo della scuola. È ormai passato oltre un decennio dall’avvio delle campagne rivolte alle comunità scolastiche da parte di tre importanti attori della grande distribuzione: Coop per la Scuola (Coop), Amici di Scuola (Esselunga) e Insieme per la Scuola (Conad), il tutto a partire da azioni concrete come raccolte punti e donazioni. Da queste azioni, sono stati spesi oltre 160 milioni di euro a favore di più di 40.000 scuole italiane, con un impegno che continuerà nei prossimi anni, secondo i dati riportati dallo studio congiunto del Cremit (Centro di Ricerca sull'Educazione ai Media all'Innovazione e alla Tecnologia) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e della società di loyalty marketing The Continuity Company (TCC), presentato lo scorso 31 maggio 2022 a Milano.

Tali campagne community orientate alla scuola hanno subìto un marcato cambio di percezione da parte degli attori coinvolti, sia lato store, sia scuola. Se, infatti, al debutto delle raccolte punti per la scuola da parte della gdo, più di uno tra insegnanti, dirigenti, genitori e fundraiser aveva storto il naso, i bollini sono ormai una tradizione consolidata. Questa sarebbe una dimostrazione di come “etica e impresa possono e devono essere conciliabili”, aumentando la consapevolezza “da parte della comunità scolastica, che il rapporto con l’impresa arricchisce entrambi”, come afferma Raffaele Ciambrone, della Direzione generale per lo Studente, l’Inclusione e l’Orientamento scolastico del Ministero dell’Istruzione, nella postfazione del volume dello studio dal titolo Community Shopping. Retail, responsabilità sociale e sostegno alla scuola (2022, Morcelliana Scholé).

Il libro in questione, che è stato curato da Pier Cesare Rivoltella, professore dell’Università Cattolica, muove dallo sviluppo del tema delCommunity Shopping”, partendo dal percorso dei tre sopraccitati grandi protagonisti del retail italiano (Coop, Esselunga, Conad) e si configura come una prima indagine nel campo di ricerca del rapporto tra scuola e mercato nel caso della grande distribuzione.

Le domande che hanno guidato la ricerca hanno riguardato:

  • il rapporto tra pubblico e privato, mercato e istruzione: c’è il rischio che le ragioni del consumo si confondano con quelle della scuola?
  • le consapevolezze della comunità scolastica: prima ancora di chiedersi di cosa sia necessario dotarsi, ci si pone la domanda relativa al perché?
  • la grande tradizione (ndr: si pensi ad Olivetti) educativa nei contesti aziendali: quanto sono vive consapevolezza e sensibilità pedagogiche?

Queste domande stimolano una riflessione che mette in luce ulteriori tre linee d’azione da perseguire, in primis in termini di consapevolezza, come timone di rotta nel definire azioni concrete. Sempre riassumendo il contributo di Raffaele Ciambrone come segue:

  • etica e impresa possono e devono essere conciliabili, perché le decisioni economiche hanno conseguenze sul piano morale;
  • la consapevolezza, da parte della comunità scolastica, che il rapporto con l’impresa arricchisce entrambi, è più matura;
  • entrambi le parti intendono accompagnare le nuove generazioni nel processo di costruzione del loro futuro; “il denominatore comune è l’aspirazione morale”.

Tutto questo processo deve avere ben chiara quella che il Prof. Rivoltella, relativamente al ricorso ai bollini, per esempio, definisce “fallacia omeopatica” per cuise introduco tecnologia a scuola, automaticamente innalzo la qualità del servizio, cosa che non necessariamente succede”.

Tuttavia, quello che emerge, lato clienti della GDO, è comunque un purpose, dato dalla partecipazione a qualcosa di positivo per la comunità. A tal proposito, per valutare la notorietà, il gradimento e l’efficacia delle iniziative a sostegno della scuola, GfK Italia ha condotto un’indagine di mercato con 2.556 interviste a chi, nelle famiglie italiane, si occupa degli acquisti. Tra gli intervistati, il 62% conosce l’iniziativa della raccolta punti per la scuola e il 43% partecipa attivamente, destinando i buoni alla scuola prescelta. Per quattro famiglie su 10 la possibilità di partecipare a questa raccolta punti diventa determinante per scegliere il punto vendita in cui fare la spesa. La sensibilità sale tra le famiglie più giovani, generando un fortissimo meccanismo comunitario: il 17% partecipa alla raccolta perché glielo ha chiesto un amico o parente e il 43% di chi ha partecipato ha dato i buoni ad altre persone. Si mette in moto, quindi, una rete di soggetti che riconoscono il valore positivo che queste azioni portano alla comunità. In particolare suscita interesse la possibilità di contribuire alla innovazione della didattica, con l’allocazione di nuove risorse tecnologiche«Mi piace l’idea di aiutare la scuola», dice il 55% di chi partecipa.

Da quanto esposto emerge come può un’impresa (in questo caso del retail) dare risposta a bisogni sociali emergenti in modo innovativo, creando al contempo valore anche per se stessa. Si crea infatti una dialettica di “shared value”, per cui un cliente è più portato a fare shopping in un posto in cui sa che parte dei suoi soldi saranno investiti per una buona causa. Le domanda di fondo che  potrebbe spingere un azienda ad intraprendere una tale strategia, sta nel come possa quest’ultima collocarsi nel contesto sociale ed economico attuale, segnato dalla ridefinizione dei bisogni e delle aspettative e dalla crisi di un modello, trasformandosi in leva per la creazione di nuove relazioni e partnership, sottoponendo una risposta efficace a istanze della collettività.  In altre parole, come può un’impresa divenire attore del cambiamento, attivando ingredienti di collaborazione nel contesto competitivo in cui è inserita.

Prendendo spunto dalla collaborazione retail/GDO – scuola, delle possibili risposte si possono intravedere nelle progettualità potenziali che si potrebbero sviluppare con nuove campagne. Durante l’evento di presentazione del suddetto studio, ne sono, ad esempio, emersi alcuni:

  • stimolare il protagonismo dei bambini come consumatori critici e responsabili;
  • sperimentare forme di laboratori didattici in alcuni punti vendita e attivarli come hotspot per la creazione di reti nel territorio;
  • incrementare tutte quelle iniziative che vanno nella direzione delle “scuole di prossimità” sui territori, anche usando i dispositivi come “tecnologie di comunità”.
© CREMIT (2022)
https://www.cremit.it/libro-community-shopping-retail-responsabilita-sociale-e-sostegno-alla-scuola/

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome