Il cibo italiano è il più amato al mondo, ma i brand del nostro Paese restano indietro nella classifica per valore. È un paradosso sul quale è opportuno avviare una riflessione quello che emerge dalla lettura del Brand Finance Food 100 2024, dal quale emerge un calo del valore dei 100 principali marchi alimentari del mondo nell'ordine del 4% rispetto allo scorso anno contro il +8% messo a segno dai 500 principali brand del mondo presenti nella classifica intersettoriale (non solo food) Brand Finance Global 500 2024.
La classifica globale
Al primo posto nel ranking internazionale si conferma Nestlè (che include tutte le marche alimentari del gruppo tranne le bevande), con un valore di 20,8 miliardi di dollari. Seguono il brand delle patatine Lay's e il marchio cinese dei latticini Yili.
Tra le marche italiane, solo Barilla e Ferrero generano un valore sufficientemente elevato per entrare nella classifica dei 100 trademark food di maggiore valore al mondo, cioè solo Barilla e Ferrero riescono a convertire l’attrattività della marca in elevato valore economico. La prima è 13esima, con un valore pari a 4,1 miliardi di dollari, la seconda (che comprende Kinder, Nutella e Ferrero Rocher) ha un valore complessivo pari a 6,2 miliardi di dollari, con i tre brand delle controllate posizionate rispettivamente al 28esimo, 52esimo e al 65esimo posto.
Riconoscimento tricolore
Il cibo italiano risulta il più amato al mondo in tutti i continenti e in quasi tutte le nazioni, con poche eccezioni, come in Cina (domina la cucina locale e quella tricolore si ferma all’11esimo posto) e India (l’Italia è seconda dopo la cucina locale). “La ridotta presenza italiana nella Brand Finance Food 100 dipende dalla difficoltà a competere con i grandi brand internazionali che hanno maggiore capacità di fare grandi investimenti di marketing a supporto delle vendite – commenta Massimo Pizzo, senior consultant di Brand Finance -. Viste le sproporzioni economiche, i brand italiani potrebbero cercare di rafforzarsi da un lato approfittando dell'amore per il nostro cibo, dall'altro non limitandosi a puntare sulla qualità ma aggiungendo uno scopo aziendale che vada oltre il business lanciando così un messaggio in grado di raccogliere l'attenzione dei consumatori internazionali”.