Cibi bio in vetta tra i consumi degli italiani, che restano poco preparati in materia

Cibi bio
I dati affermano che 4 italiani su 10 consumano cibi “bio”, pur essendo poco informati su uso di tecnologie e certificazione dei prodotti

I dati parlano chiaro: negli ultimi anni è aumentata la richiesta da parte dei consumatori di cibi bio. Solo nell’ultimo mese il 40% degli italiani ha consumato prodotti di questo tipo almeno tre o quattro volte a settimana; i più amanti del genere sono i giovani (62%), i laureati (47%) e le persone originarie delle regioni del Sud e Isole (48%). Gli alimenti biologici più consumati dagli italiani sono le uova fresche, gli ortaggi e la frutta, prescelti in quanto considerati salubri, naturali e rispettosi dell’ambiente. Opinione generalmente diffusa riguarda il contenuto dei cibi bio, dotati di meno pesticidi e prodotti con processi più attenti alla sicurezza. Tuttavia, il consumatore non sempre è così preparato rispetto alle certificazioni biologiche e per questo può essere indotto a errori di acquisto, quando non anche a frodi.

La ricerca è frutto di un’indagine condotta dall’Università Cattolica del Sacro Cuore, nel campus di Cremona, che ha lavorato a un progetto di ricerca intitolato “Omic technologies for consumer food engagement: innovazione nella tracciabilità degli alimenti biologici e fiducia del consumatore”, a cura di EngageMinds Hub – Consumer, Food & Health Research Center, e finanziato dall’Università Cattolica tra gli indirizzi di ricerca a interesse strategico e che ha visto la collaborazione interdisciplinare di diverse facoltà e dipartimenti dell’Ateneo. Il progetto è volto a indagare la percezione dei consumatori in merito all’idea dell’impiego delle tecnologie omiche a favore della tracciabilità e valutazione nutrizionale di frutta e verdura biologica, richiamando l'attenzione sulle principali implicazioni in termini di salute e sostenibilità di questo tipo di innovazioni. Le tecnologie omiche, infatti, sono in grado di valutare se un prodotto alimentare è realmente biologico, andando a considerare dei parametri non valutati dalle certificazioni “tradizionali”, quali la modalità di conservazione e trasporto dell’alimento. In questo contesto, la tracciabilità degli alimenti è considerata uno strumento garante della qualità e della sicurezza alimentare.

Gli italiani mostrano una buona conoscenza delle varie certificazioni biologiche presenti sul mercato, identificandole come una garanzia ulteriore degli alimenti. Tuttavia, il 48% ripone poca fiducia verso gli enti che certificano tali prodotti e verso l’industria italiana che li promuove. Dallo studio emerge inoltre che il 79% degli italiani non ha mai sentito parlare di tecnologie omiche applicate al cibo: Greta Castellini, ricercatrice di Psicologia dei Consumi presso la Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Cattolica spiega che dopo aver presentato nel dettaglio tali tecnologie, i partecipanti allo studio le hanno considerate interessanti, positive e non pericolose. Tuttavia, sembrano esserci ancora delle incertezze riguardo la necessità di introdurle come nuove tecnologie alimentari: è infatti il 43% che ritiene l’utilizzo delle tecnologie omiche evitabile in quanto non necessario ai fini della certificazione biologica di un alimento. In media, il campione dell’indagine ha affermato di essere disposto a pagare circa il 9% in più per gli ortaggi certificati con tecnologie omiche rispetto a quelli non certificati con tali tecnologie.

Luigi Lucini, docente di Chimica agraria alla Facoltà di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Cattolica, afferma che oggi le certificazioni a supporto sono principalmente cartacee, dunque “più facilmente soggette a frodi, si auspica quindi il ricorso nei prossimi anni a queste nuove tecnologie omiche, quantomeno in un’ottica di verifiche a campione”.

La direttrice di EngageMinds Hub – Consumer, Food & Health Research Center, Centro di ricerca in psicologia dei consumi e della salute dell’Università Cattolica, campus di Cremona e coordinatrice del progetto, Guendalina Graffigna, ricorda come tecnologico e biologico sia un binomio che può suonare stridente per il consumatore, che è più incline ad associare le tecnologie alimentari ad un concetto di artefazione piuttosto che un alleato per migliorare la sicurezza dell’alimento. Dallo studio condotto, “le evidenze raccolte indicano che è fondamentale implementare programmi di educazione e sensibilizzazione rivolti ai consumatori al fine di alfabetizzare sui processi di certificazione del biologico e accrescere la fiducia verso l'adozione di avanzate tecniche di analisi, quali quelle omiche, a favore della tutela dei consumatori”.

La fiducia dei consumatori nei confronti degli enti certificatori risulta avere un ruolo centrale, al fine di stimolare l’adozione delle nuove tecnologie alimentari. I consumatori attribuiscono una crescente rilevanza alla componente etica dei prodotti, che risulta un fattore determinante nella scelta dei cibi certificati tramite nuove tecnologie.

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