Premesso che l'industria della gdo e dei centri commerciali oppone un deciso no a qualunque proposta di chiusura domenicale, l'esigenza più fortemente sentita è che si arrivi al più presto alla fine di un travaglio che sta creando, secondo gli operatori, più danni della legge stessa. Mi sembra questa una delle conclusioni più essenziali che traggo dall'incontro odierno a Villa Walter Fontana organizzato da Netweek.it. Dopo circa 40 audizioni e un documento che rappresenta il tentativo di armonizzare il più possibile gli orientamenti di 7-8 proposte di legge che vanno dalla chiusura totale (o quasi) a un regime più moderato di riposi domenicali e festivi (si veda la sintesi dell'Istituto Cattaneo da noi riportata nell'articolo qui linkabile), non si può dire che Andrea Dara, deputato e relatore della Commissione Attività Produttive della Camera, non abbia una bella gatta da pelare: quella di tirare le fila di un dibattito che ha suscitato mal di pancia, malumori, e soprattutto forti perplessità da parte degli investitori (stranieri in particolare) che, spaventati dallo spettro tangibile e consistente (si passi l'ossimoro) di una limitazione normativa delle aperture domenicali, hanno messo in ghiacciaia o nel cassetto progetti e transazioni da milioni di euro: Renato Isetti, general manager di Gallerie Bennet, una delle poche realtà rimaste italiane nel settore delle gallerie commerciali, ha ricordato che Gruppo Bennet ha sospeso 8 progetti di riammodernamento (ricordiamo che Bennet ha 63 punti di vendita, superficie media oggi 4.500-5.000 mq) per investimenti complessivi pari a 24 milioni di euro. È stato anche ricordato il potenziale deal che riguarda come oggetto di acquisizione la friulana Cigierre (una delle più importanti imprese della ristorazione commerciale), ma anche il caso di un grande Factory Outlet Centre, in Toscana, la cui vendita pare sia bloccata proprio per l'incertezza determinata da questo dibattito legislativo.
Perché tornare indietro?
Ma da dove nasce l'esigenza di rimettere in discussione le aperture domenicali, ora che 20 milioni di italiani (cifra ricordata da Laura Galdabini di Confimprese) sono abituati dal 2011 ad acquistare anche di domenica? In estrema sintesi, le proposte di legge nascono da due questioni, ha ricordato Andrea Dara: la prima di natura etica e "riguarda l'esigenza da parte di molti lavoratori di stare a casa con le famiglie nei giorni festivi e la domenica"; la seconda, più pertinente dal punto di vista economico-urbanistico, è quella di rispondere in qualche modo alla progressiva desertificazione dei centri storici, soprattutto di quelli piccoli e medi che sono poi la stragrande maggioranza in Italia.
"Dai dati che abbiamo raccolto in questi mesi emerge chiaramente -commenta Dara- che dal 2012 c'è stato un trasferimento di fatturato, dal commercio tradizionale alla grande distribuzione e alle grandi superfici extraurbane. Esiste tra l'altro un reale problema di sostenibilità e di sicurezza sociale insito nella, e conseguente alla, crisi del commercio nel centro storico. Quindi, l'idea di escludere dal regime di chiusure domenicali il commercio urbano e quello di prossimità sotto una certa soglia dimensionale non ha alcuna pregiudiziale verso la gdo, ma nasce dall'esigenza di salvaguardare le botteghe e i negozi dei centri storici".
Le asimmetrie di trattamento
Questa diversità/disparità di trattamento fra commercio urbano e grandi superfici extra-urbane in materia di aperture/chiusure domenicali previste dalla bozza di legge, è uno dei motivi che scatena le perplessità di tutti i rappresentanti della gdo e dei centri commerciali: Massimo Viviani, direttore generale Federdistribuzione, e Luca Lucaroni, Cfo di Eurocommercial Properties (uno dei primi player europei dei centri commerciali a investire in Italia, nel 1994, un periodo oltretutto piuttosto turbolento per il nostro paese) si chiedono perché non considerare, in un'ipotesi di generalizzato riposo domenicale, tutti i lavoratori dell'industria, della ristorazione, del turismo, dei servizi pubblici e privati (sanitari e parasanitari in primis) che lavorano da sempre la domenica e i festivi? Secondo Fabrizio Sala, vice Presidente di Regione Lombardia, i problemi di natura contrattuale, lavorativa e sindacale non dovrebbero diventare il pretesto per reintrodurre un regime restrittivo su orari e aperture festivo-domenicali. "Sono due problemi distinti: quello lavorativo dovrebbe essere affrontato a parte, dal ministero competente e soprattutto con una collaborazione intelligente tra sindacati e aziende".
No alle chiusure domenicali, ma disponibilità al dialogo
Quindi, un no chiaro alla chiusura dei centri commerciali la domenica, ma anche il desiderio di fare una sintesi tra le diverse proposte politiche presenti in Parlamento: da una parte la richiesta di un chiarimento su tutto il settore commerciale che non può aspettare e che sconta le conseguenze soprattutto dell’indeterminatezza del momento, le diseguaglianze di trattamento e l'avanzata dell’eCommerce; dall’altra la piena disponibilità ad ascoltare le esigenze degli operatori del settore. Certamente, la Lega è aperta e sensibile alle esigenze del mondo retail come ha affermato Massimiliano Capitanio, parlamentare della Lega, segretario Commissione Vigilanza Rai e membro della Commissione trasporti, poste e telecomunicazioni.
"Abbiamo cercato di fare una sintesi di sette proposte portate avanti da diversi gruppi politici dopo aver sentito tutti i portatori di interessi del settore – ha ribadito Andrea Dara–. Le motivazioni che ci hanno spinto a rivedere il tutto sono, da una parte, l’esigenza, portata avanti dal Movimento 5 Stelle, di dare la possibilità di passare la domenica in famiglia ai dipendenti dei centri commerciali, dall’altra il tentativo, spinto dalla Lega, di fermare la desertificazione dei centri storici e dei piccoli comuni". Una posizione che, se ha trovato possibilista Virginio Brivio, presidente di Anci Lombardia, che è critico sulla facoltà lasciata alle Amministrazioni locali di decidere chi e quando deve restare chiuso, non è invece molto condivisa da Fabrizio Sala, vicepresidente di Regione Lombardia: "È assurdo chiudere la domenica – ha detto Sala – Ridiscutiamone le caratteristiche, tuteliamo maggiormente chi vi lavora, ma si deve spingere sui centri commerciali che possono essere anche un grande richiamo turistico e di crescita per la nostra economia".
"Non possiamo che essere contrari", ha detto Luca Lucaroni, membro del Consiglio nazionale dei centri commerciali, fornendo una serie di dati frutto di una ricerca commissionata proprio per dimostrare quanto sarebbero deleterie le chiusure domenicali paventate dal Governo che oggi garantiscono ai centri commerciali il 18% del fatturato. Posizione condivisa da Laura Galdabini, responsabile relazioni esterne di Confimprese: "Nessuna mediazione: non siamo favorevoli nemmeno alle 12 festività di chiusura all’anno".
Quindi? Forse una via di uscita c’è. "La nostra associazione – ha sostenuto Massimo Viviani, direttore generale di Federdistribuzione – si è incontrata con Confcommercio, Confesercenti, Confcooperative, Legacoop e Conad e abbiamo pronta una soluzione, così come siamo disposti ad affrontare anche il tema del lavoro domenicale con i sindacati perché vogliamo poter operare in un quadro di certezze. Aspettiamo di essere auditi".
Quindi, la partita è ancora sospesa (e/o aperta) ancora fino ad almeno luglio-agosto...e forse oltre.