Verrebbe da rispolverare un linguaggio da Prima Repubblica: convergenze parallele. Su temi precompetitivi come sviluppo sostenibile, efficienza logistica, digitalizzazione l’industria di marca invita la gdo a rafforzare la collaborazione. E chiede di muoversi insieme anche ai tavoli governativi, nell’interesse complessivo della filiera Lcc. Ci saranno tante questioni rilevanti al centro della 33esima edizione degli incontri tra industria di marca e distribuzione moderna in programma mercoledì 13 e giovedì 14 novembre presso il Centro Congressi NH Milanofiori di Assago. Al centro, come di consueto, la dinamica della relazione commerciale.
Programma e protagonisti
Attesi oltre 500 manager all’appuntamento, in programma il 13 e 14 novembre al Centro congressi di Milanofiori
L’appuntamento, promosso da Centromarca, ha un titolo di particolare attualità: Competere e creare valore nell’era dell’instabilità. Pur essendo a porte chiuse, per rispondere alle numerose richieste pervenute negli anni scorsi, sarà aperto anche alle adesioni delle industrie food e non food del largo consumo. Sul fronte retail, il programma prevede interventi di Acqua&Sapone, Agorà Network, Conad, Coop Italia, Gruppo Végé, Lidl e Selex. Esselunga e Crai saranno coinvolti nel dibattito in programma nella mattinata della prima giornata.
Come di consueto l’agenda prevede contributi scientifici, quest’anno a cura di Circana, Deloitte, Consumer Panel-YouGov, Ipsos e Prometeia. Dunque un’opportunità di approfondimento, scambio di idee e networking unica nel suo genere nella filiera Lcc. “Industria di marca e distribuzione si incontrano, a livello di vertici, per due giorni, e parlano di tematiche fondamentali per il largo consumo -sottolinea Vittorio Cino, direttore generale Centromarca-. Durante la sessione plenaria, nella mattinata del primo giorno, affronteremo temi più ‘politici’, come il contesto economico, l’inflazione, i problemi e le opportunità da cogliere come filiera. Poi ci saranno gli incontri dedicati alle strategie delle aziende distributive. Ogni retailer illustrerà i piani di sviluppo per il prossimo anno”.
Ma in che scenario si svolgeranno i lavori? “Veniamo da una rivoluzione epocale. Il consumatore sta cambiando la logica dei suoi acquisti e la fedeltà all’insegna e alle marche sullo scaffale non è più la stessa. Per questo l’industria e la distribuzione devono comprendere a fondo il contesto e sviluppare insieme nuovi piani per intercettare la domanda. Sarà importante, per esempio, la condivisione dei dati sugli shopper e sulle categorie. In parallelo, in un mercato che fatica a generare extra volumi, anche l’efficienza della filiera è fondamentale. In particolare, in ambiti come la gestione degli ordini o la corretta gestione degli investimenti sul consumatore”.
Il nodo della supply chain
L’industria di marca guarda con estrema attenzione all’evoluzione dello scenario internazionale e al suo impatto sulla supply chain. “È un ambito di tipo precompetitivo che industria e distribuzione dovrebbero presidiare congiuntamente ai tavoli governativi, perché i cambiamenti hanno ripercussioni trasversali. Penso alla volatilità dei prezzi delle materie prime o ai noleggi marittimi. Qualche esempio. I prezzi del caffè e del cacao hanno registrato un’impennata. Fino al 2022 c’è stata carenza di vetro e sulla plastica i costi stanno diventando proibitivi. Aumentano i costi dei trasporti, dei container, delle assicurazioni. Durante il Covid ci fu un innalzamento del costo dei noli marittimi perché la Cina prenotò in anticipo centinaia di cargo porta-container causando una penuria incredibile nei traffici tra Europa e Nord America”.
Un altro fronte critico è il capitolo Green Deal: “Ovviamente non si contesta l’obiettivo: il tema è come arrivarci, a quali costi. Un esempio è il recepimento del regolamento deforestazione (rimandato di un anno). Se n’è parlato pochissimo in Italia ma ha un enorme impatto: ogni azienda deve andare a certificare che la materia prima arriva da territori non deforestati. Questo significa mettere in piedi processi che avranno un impatto sui prezzi”.
Rilanciare i consumi interni
Sul fronte interno, rispetto agli ultimi due anni i rapporti tra industria di marca e distribuzione moderna appaiono più orientati alla collaborazione. “Dialogare è fondamentale. E il tema della generazione congiunta di valore è più che mai centrale, perché senza marginalità non ci sono investimenti. Inoltre, insieme, dovremmo lavorare meglio sull’educazione dei consumatori, riflettere sugli effetti del cambiamento demografico e delle scelte di politica economica su struttura e dinamica della domanda. Infine ragionare sulle dimensioni delle imprese industriali e distributive nazionali, che sono lontane dagli standard europei e statunitensi”. Che dire poi della crescita della private label? “È un fenomeno fisiologico, considerando la quota di partenza molto più bassa rispetto ad altre nazioni europee. In ogni caso l’industria di marca avrà sempre un ruolo importante negli assortimenti della moderna distribuzione. Anche in termini di generazione di marginalità”.