Centri Commerciali il modello è la microcittà

Un cambio di ruolo in cui il retail diventa una parte dell’offerta. Che diventa sociale, di sviluppo territoriale e di servizio (da Mark Up n. 284)

L'industria dei centri commerciali in Italia sta attraversando un periodo di transizione in cui il paradigma dell’offerta cambia. Il mondo degli stakeholder si sta domandando da tempo come possa essere ridefinito un soggetto, il centro commerciale, che sta cambiando pelle molto velocemente. Basti osservare il tema degli ultimi convegni come quello del Cncc di metà settembre a Milano -Non solo shopping: un nuovo ruolo. Una nuova immagine (e un nuovo nome?) per i centri commerciali- in cui sono emerse diverse vocazioni tra le quali la collaborazione con il settore pubblico. Se all’inizio erano big box alle periferie delle città, oggi possono essere il motore di trasformazione urbanistico che gli insediamenti di grandi dimensioni cercano. La rigenerazione urbana e la trasformazione delle città “centriche” in città “policentriche”, richiede degli investimenti non solo economici ma anche sociali e culturali con un rewamping della connotazione storica del sito in cui il centro impatta. E pensare di puntare esclusivamente alla gentrificazione è un errore in quanto si rischia di cancellare il patrimonio storico-culturale.

Nel momento in cui la dimensione retail del centro commerciale si è un po’ affievolita lasciando il posto ad altri magneti, il suo ruolo entra a pieno titolo in ciò che si può definire incubatore di tessuto urbano rigenerato. Anzi, il centro commerciale può diventare uno strumento per reinventare la città, grazie a un percorso evolutivo che si è realizzato negli ultimi 10 anni. L’affermazione precedente può sembrare eccessiva e non obiettiva rispetto alla connotazione tradizionale ma, per rigenerare le città, è necessario evitare insediamenti dormitori in cui di giorno avviene una migrazione altrove. E il centro commerciale ha la capacità di diventare un social hub, catalizzatore di attività.

L’evoluzione in social hub è probabilmente avvenuta in modo naturale, non con un disegno strategico anche se oggi è divenuto un tema centrale. Per non perdere sell-out e mantenere profittevole il valore degli affitti, i gestori dei centri commerciali da ormai una decina di anni buoni, hanno spinto sull’acceleratore del marketing degli spazi comuni. L’equazione è semplice: per avere maggior possibilità di vendita diventa necessario incrementare il flusso di visitatori. Ovviamente una tale strategia non assicura come conseguenza la conversione dei visitatori, ma è un basic inevitabile. Così i centri commerciali sono diventati piazze in cui si sono sviluppati diversi eventi di vario tipo, soprattutto nelle strutture più grandi e nuove.

Una ricerca Nomisma presentata all’evento Cncc succitato, evidenzia come tre visitatori su quattro dei centri commerciali, sono abituali e hanno visitato il centro commerciale almeno due volte in un mese. La ricerca ha preso in considerazione un campione di 1.000 persone dei quali il 70% ha espresso favore per tutti i servizi disponibili in orari estesi che molti centri commerciali mettono a disposizione. Appare interessante la composizione sociale dei frequentatori composta al 66% dalle famiglie, dal 44% dalle coppie e dal 26% gruppo di amici e il 21% in solitaria. Circa un frequentatore su tre consiglia ai prossimi conoscenti il centro commerciale e solo una persona su quattro esprime un parere negativo. Ovviamente ancora oggi, la killer application nella frequentazione è il retail, fare acquisti (86%), ma l’83% dichiara di andare al centro commerciale per visitarlo senza fare acquisti. Mentre il 38% utilizza la ristorazione, il 18% vive il centro commerciale come un luogo per socializzare o per partecipare a eventi. Questo dato deve portare a una riflessione. Allo stato attuale, quasi una persona su cinque frequenta il centro commerciale per motivi che non sono afferenti allo shopping. Può apparire una frazione ridotta ma siamo solo all’inizio del processo evolutivo. Tutto quello che si vive nel centro commerciale oltre il retail è suddiviso tra servizi al cittadino (ancora in fase embrionale) e tempo libero (leasure).

Oggi il centro commerciale ha un’offerta molto diversificata oltre la parte commerciale e l’elemento più vicino al nucleo storico dell’offerta, il retail, è quello che coalizza la presenza delle persone. Un centro di socialità o, come recentemente definito, un social hub in cui le persone trascorrono il tempo libero. Il leasure in senso generale, ha visto negli ultimi anni prendere spazio al retail, occupare una parte di gla, ribilanciando l’offerta. Entrando nel merito delle dinamiche di trasformazione, recenti studi ne hanno quantificato il fenomeno. Una descrizione scientifica è data dall’ultima ricerca effettuata da Reno e presentata da Gian Enrico Buso al settimo convegno Retail Real Estate Italia, organizzato da Confimprese in collaborazione con Mark Up. Allo stato attuale, secondo i dati Reno, in Italia sono aperti 1.152 centri commerciali e retail park dove i primi sono 955 e i secondi 197. Dei 955 centri commerciali, molti sono in ricondizionamento. Il fenomeno in atto vede una trasformazione sia estetica, sia funzionale con una molteplicità di cambiamenti. Tra questi sono state registrate numerose chiusure di ancore alimentari nazionali che hanno lasciato il posto a operatori locali. Contestualmente si è registrata una conversione delle piastre alimentari in medie superfici con una ricollocazione anche degli spazi non retail. Gian Enrico Buso ha sottolineato che negli ultimi anni, il rateo di apertura dei centri commerciali si è ridotto passando da circa 10-15 aperture l’anno a 6-7 aperture ma non invertendo il trend: i centri commerciali crescono di numero, in controtendenza a tutti i macro indicatori dell’economia italiana. Il saldo tra le aperture e chiusure del 2019 rispetto al 2018 è positivo: nell’anno terminante a settembre, sono stati aperti 7 nuovi centri commerciali. Una considerazione aggiuntiva, Reno la sviluppa circa il rating dei centri commerciali in Italia. La maggior parte di essi si colloca tra B e BB, quindi nella parte bassa della classificazione. Questo per un duplice motivo: lo stock esistente mostra segni di obsolescenza e la qualità media presenta sicuramente spazi di miglioramento. Ciò che impatta sulla qualità dei centri commerciali sono i ricondizionamenti, le vacancy e la riduzione delle performance dei tenant.

Quest’anno, secondo la ricerca di Reno, due centri commerciali sono stati promossi nella posizione di rating massimo AAA e sono Milano City Life Shopping District e Porte di Catania. Inoltre, altri 4 centri commerciali sono cresciuti di categoria. L’intera dinamica evolutiva è incentrata sulla componente esperienziale, a conferma di un trend ormai consolidato, in cui il leisure è la direttrice dominante. E in questo contesto, la fa da padrone la ristorazione che prosegue la sua crescita in modo inarrestabile e un po’ parossistica, considerato che segna un turnover marcatamente elevato tra aperture e chiusure. Per quanto riguarda il valore degli affitti, questi sono cresciuti negli ultimi anni fino al 3% per i centri commerciali dal rating più alto e intorno all’1% negli altri. Gian Enrico Buso di Reno sottolinea però come questo dato, rispetto all’intervallo in cui è monitorato (ultimi 7 anni) abbia disegnato un andamento differenziato rispetto alla classificazione dei centri commerciali per cui il valore di crescita medio in realtà nasconde che nei centri commerciali dal rating più basso, i valori di affitto siano addirittura scesi. I vacancy risultano abbastanza stabili. Per il futuro, lo studio di Reno prospetta importanti sviluppi. La pipeline al 2023 prevede 52 nuovi progetti, più delle metà si realizzeranno nei prossimi cinque anni e saranno centri commerciali a cui si aggiungono 22 nuovi retail park. Ciò che appare interessante è che 11 dei centri commerciali di cui è prevista l’apertura avranno un rating superiore alla tripla B e ci saranno diversi ampliamenti che, nei fatti, che sono degli upgrade anche di rating.

La valutazione di Reno circa la componente entertainment ha considerato un panel di 39 centri commerciali con un rating compreso tra la tripla A e la B. 10 sono centri commerciali premium e 16 di rilievo locale. L’analisi messa in atto ha un obiettivo preciso: valutare se dopo la fase di riapertura a ampliamento, lo spazio dedicato al leisure sia aumentato. La ricerca Reno ha evidenziato che il leisure che ha trovato spazio, è prevalentemente quello dedicato alla ristorazione. In particolare sono quattro i cluster in cui il food gioca un ruolo preminente, partendo da una food court basata sul fast food & beverage per addensarsi una seconda aggregazione in cui è presente in modo marcato anche il casual dining. Oltre questi due cluster food-based, si sviluppano il terzo e quarto che comprendono il multiplex (sale cinematografiche) e fitness fino al family entertainment center. E su questo aspetto occorre soffermarsi. Il leasure avanzato che, come detto, comprende anche un family enternainment center, rappresenta ancora un fenomeno troppo giovane per connotare il rating dei centri commerciali, tanto che lo si trova implementato in modo eterogeneo: i cinque centri commerciali che ne sono dotati rispetto al campione individuato da Reno, hanno rating differenziati. Una prima conclusione è che l’evoluzione dei centri commerciali all’interno del suo perimetro passa sicuramente per il leisure, l’offerta esperienziale di vissuto nel tempo libero. Su questo versante il food in tutte le declinazioni è trainante ma sta crescendo anche l’entertainment in svariate forme; tuttavia occorre ancora qualche periodo per comprendere quanto, questo impatti sul valore complessivo del centro commerciale.

Le declinazioni del leasure sono molteplici e una mappatura è in continuo aggiornamento. In linea di massima si possono individuare tre macro aree di attività. La ristorazione, come già ampiamente descritto, l’entertainment in tutte le declinazioni (fino al parco giochi avanzato) e tutto ciò che attiene agli eventi. In questo ambito le esperienze sono molteplici e si parte da eventi musicali che diventano veri e propri concerti in strutture che lo consentono fino a mostre su argomenti culturali che spaziano dall’arte e che celebrano anniversari importanti. Quest’anno in particolare la ricorrenza della morte di Leonardo Da Vinci e lo sbarco dell’uomo sulla Luna. A cavallo tra il leasure e i servizi troviamo svariate attività che partono dal fitness, alla convegnistica, spazi di coworking, pet clinic e altro. Ma anche presidi sanitari distaccati. In futuro non è escluso che il centro commerciale ingloberà anche uffici pubblici e spazi per il culto. Mark Up segue da tempo tutte queste attività e nei numeri precedenti sono numerosi i casi di studio evidenziati. Tutto quanto citato avviene all’interno del perimetro del centro commerciale, nella sua gla. Ma ci sono iniziative che ne hanno allargato il raggio di azione nel territorio circostante facendolo diventare il centro commerciale un attore di rigenerazione urbana. In particolare con servizi al cittadino e alla comunità circostante ma anche al territorio. In questo caso si è andati bel oltre i soliti lavori di adeguamento delle opere pubbliche circostanti, ma si sono realizzati iniziative a favore della sostenibilità ambientale. Il tema dell’interazione tra centro commerciale e gestione pubblica è forse l’ultima tendenza che sta emergendo ed è promettente in termini di potenziale di sviluppo.

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