Non sono pochi i fattori/fenomeni di mercato che potrebbero indurre forte incertezza, aumentando la cautela: Brexit, crescita debole dell’Eurozona, i già noti fenomeni migratori, i problemi del sistema bancario. Il nostro settore vive dell’interazione con player internazionali: il 70% delle proprietà dei centri commerciali sono in mano a soggetti stranieri. Ma al netto di queste preoccupazioni, sul mercato italiano abbiamo diversi segnali positivi. Partiamo dal dato per me più importante, segno forte di discontinuità rispetto al periodo di crisi: finalmente siamo ripartiti alla grande con gli sviluppi. Se l’anno scorso parlavo di cantieri aperti, nel 2016 abbiamo celebrato i tagli dei nastri: poco più di 400.000 mq di nuova Gla: ilCentro ad Arese (Finiper), Elnòs Shopping di Roncadelle (Ikea Centers), Bussolengo (Auchan), Scalo Milano (Promos), Maremà a Grosseto (Igd), Grand’Apulia (Svicom). Prodotti di ultima generazione europea per concezione, architettura, scelta degli operatori commerciali. Altrettanti mq di Gla si aspettano per il 2017: è una chiara inversione di tendenza che ci riporta a valori precedenti al 2002, seppur distanti dai numeri entusiasmanti del periodo 2003-2009. La ripresa dello sviluppo immobiliare è importante per tutta l’economia del paese: ne beneficiano l’edilizia (l’investimento medio per ognuno dei centri commerciali aperti nel 2016 oscilla tra 150 e 300 milioni di euro), il territorio e l’urbanistica con il recupero di aree dismesse, le casse dei Comuni, il lavoro e l’occupazione diretta e indiretta (tra 1.000 e 2.000 persone per ogni centro commerciale). I dati della Commissione studi Cncc sui fatturati dei nostri 35.000 negozi, riflettono una realtà chiaroscurale: situazione positiva fino a primavera inoltrata, e poi rallentamento fino a tutta l’estate. Rimaniamo fiduciosi, dopo 8 trimestri consecutivi con segno positivo, anche perché (in prospettiva 2017) siamo fra i pochi paesi europei che devono ancora colmare il gap rispetto al dato dei consumi pre-crisi 2008. Sul lato transazioni, i dati rimangono incoraggianti. Con circa 1,7 miliardi di euro (cifra già superata a settembre 2016), le compravendite di immobili del settore retail si posizionano nel 2016 ben al di sopra della media degli ultimi 10 anni. Il mio personale benchmark per il settore rimane un valore tra 2 e 2,5 miliardi di euro, pari al 30-40% di tutto il settore immobiliare. Sul tema dei rendimenti possiamo parlare di 5,25/5,50 bps per i “prime asset” (ma non esultiamo, perché gli altri paesi europei “core” sono ampiamente sotto il 5%), mentre per i secondari l’asticella si alza di 75-125 bps. Ricordo che i “secondary asset” sono una specificità storica del mercato italiano (visto il nostro sviluppo geografico) e sono spesso un prodotto di successo per i bacini d’attrazione più ridotti. Dobbiamo però concedere loro lo spazio di rinnovarsi (con ristrutturazioni e ammodernamenti) e completarsi, magari con piccoli ampliamenti. Il dialogo tra Cncc e istituzioni italiane nel 2017 mira a semplificare i processi amministrativi, oggi troppo complessi e spesso comparabili agli iter delle nuove aperture. I nuovi sviluppi e i refurbishment, insieme al mercato Centro e nord europeo già effervescente, dovrebbero alimentare le transazioni per numero di compravendite (ricordiamoci che siamo sotto la Spagna, che ha un pil inferiore del 30% rispetto all’Italia!) e per rendimenti. Infine, last but not least, il rilancio del sud, come mercato per lo sviluppo di retailer e nuovi centri commerciali, e gli investimenti immobiliari. Dobbiamo liberare il sud Italia dalla negatività e dai luoghi comuni. Torniamo a soffermarci asetticamente sui numeri, sulle performance che in tanti centri commerciali al sud sono spesso positive.
Centri commerciali: 2017 nel segno della crescita
Per il nostro settore è strategico il rapporto con i soggetti internazionali: il 70% delle gallerie è di proprietà straniera (da Mark Up n. 255)